I Titoli attribuiti a Gesù - Messia |
Pagina 7 di 9 Gesù è chiamato: Il Messia (Il Cristo) E’ divenuto il titolo più attribuito a Gesù, ed in effetti è il riassunto di tutti gli altri. Esso è in stretto riferimento alla stirpe regale di Gesù. Il titolo vuol dire “Unto”, che in ebraico si dice Messia (Mashiah) e in greco Cristo. Con l’olio (unzione) Israele consacrava i suoi re, e tutto ciò che Dio si era riservato per lui, veniva, appunto, unto. Il termine unto designava chiunque fosse incaricato da Dio di una particolare missione presso il suo popolo e l’incaricato di Dio per antonomasia è il re d’Israele l’unto di Jahvé. Tuttavia a tale titolo nel tempo e soprattutto durante la dominazione romana, si dava una connotazione di liberazione politica dal giogo straniero. Forse anche per questo Gesù non si attribuisce mai questo titolo. E anche nell’accettarlo precisa sempre, soprattutto davanti a Caifa ( Mc 14, 61), Pilato (Mc 15,2) e Pietro (Mc 8,27). Gesù specifica che il suo messianismo è quello del Servo, e non si realizzerà instaurando un regno terreno, ma soffrendo e morendo per la liberazione di tutto il popolo. Il titolo di Messia verrà invece usato nella primissima comunità cristiana nella quale dopo l’esperienza della morte e risurrezione di Gesù ormai era esclusa ogni interpretazione in senso nazionalistico, trionfalistico del termine. Il termine è strettamente collegato a quello di Re, come abbiamo già accennato, ma questa regalità non riguarderà l’ambito temporale, il Regno di Dio resosi presente in Cristo non è di questo mondo, anche se in questo mondo si sviluppa , si incarna, e si rivela. Con questo tipo particolare di Messia che è Gesù non si può più confondere trono e altare, chiesa e stato, vangelo e potere politico. Il Regno è l’unico luogo di salvezza, ma per tutti, e per chiunque voglia entrarci. Ma non sarà instaurato con una riforma o rivoluzione sociale. E la vittoria di questo re, non avverrà con gli eserciti, sembra proprio manifestarci San Paolo, ma con la mansuetudine e l’umiltà, “quando sono debole è allora che sono forte”, Gesù vince con la debolezza della umiliazione della Croce, manifestazione di un grande amore, di una grande passione per il Padre e per la sua creatura umana che non viene abbandonata, ma gli viene data la possibilità del ritorno a Dio per la giusta strada, quella di Gesù crocifisso e risorto, e della fede in Lui.
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