1° Venerdì - Dicembre
Tema delle riflessioni: L’Oggetto del Culto al Sacro Cuore
(Meditazioni dalla lettura della enciclica sul S.C.: Haurietis aquas)
Prestare culto e adorazione al Cuore di Gesù è professare pubblicamente i 2 misteri principali della nostra fede: l’Incarnazione e la passione, morte, risurrezione di Gesù, che sintetizzano il piano di salvezza di Dio in favore dell’umanità peccatrice. Questi misteri della nostra fede evidenziano gli attributi di Dio, primo fra tutti quello della misericordia verso i peccatori e, al tempo stesso esaltano Gesù non solo come Figlio Naturale di Dio ma anche come Vittima che ha preso su di se i peccati del mondo per la gloria del Padre, mediante la realizzazione del più sublime atto d’amore. San Paolo ci sa parlare molto bene dell’amore di Gesù quando dice: “Cristo morì per gli empi. In realtà a fatica uno è disposto a morire per un giusto e per una persona dabbene… ma Dio ci da prova del suo amore per noi nel fatto che mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morì per noi” (Rm 5,6 ss).
E’ l’Amore, la causa prima dell’economia della salvezza, per la precisione: è l’Amore divino-umano del Cristo, che ci ha salvato, amore di cui il suo cuore di carne è simbolo. “Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la sua vita, la sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto. Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20) . Ci ha amati tutti con un cuore umano. Per questo motivo il Sacro Cuore di Gesù, trafitto a causa dei nostri peccati e per la nostra salvezza, è considerato il segno e simbolo principale di quell’infinito amore col quale il redentore divino incessantemente ama l’eterno Padre di tutti gli uomini” (cat. N. 478) – Sulla croce le ferite furono l’espressione visibile dell’amore del cuore di Dio che nella sua misericordia non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. Sulla croce è dall’amore che siamo stati salvati. E a quell’immenso amore non si può che rispondere con altrettanto immenso e profondo amore. Nel suo piano salvifico: “Dio Padre ha voluto fare del Cristo il cuore del mondo”.
Il cuore dell’uomo-Gesù è degno di adorazione perché è il cuore del Verbo, Unigenito del Padre, che è della stessa sostanza del Padre. Il Sacro Cuore di Gesù diventa , allora, il simbolo dell’amore-increato del Cristo-Dio e dell’amore creato del Cristo-uomo. Il fedele adora il Cuore-fisico di Gesù in quanto è il cuore di Dio fatto uomo, espressione, sensibile, di tutto l’amore col quale il Verbo Incarnato ha amato e ama Dio e l’uomo fino al sacrificio di sé, come indicano le fiamme, la croce, le spine, la ferita sanguinante, con cui si raffigura graficamente il Sacro Cuore.
La nostra devozione al Cuore di Gesù, non si riduce soltanto al sentimento, ai sospiri, ai canti o rosari, ma si spinge fino a contemplare, ammirare, lodare e ringraziare l’amore umano-divino di Gesù facendone il motivo ispiratore della nostra coscienza ed apostolato, ci impegniamo ad aderire alla sua volontà in un costante lavoro di purificazione, cercando di rendere sempre più intima e operosa la nostra unione con lui e nell’amore del prossimo. L’amore del fedele si accende così dal desiderio di riparazione per le dimenticanze, i rifiuti e i sacrilegi cui il cuore di Gesù viene oltraggiato. L’amore adorante verso questo Cuore diventa allora un atto della virtù di religione e allo stesso tempo una intercessione in favore dei peccatori.
Il nostro culto al Cuore di Gesù non è fatto di un amore astratto o romantico, non è cardiolatria, ma è l’amore rivolto alla Persona-amante di Gesù, capace di renderci amanti, cioè di insegnarci ad amare Dio Padre e i fratelli come ha fatto lui stesso. Infatti Gesù prima di morire, ci ha lasciato il comandamento nuovo nel quale ci dice: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. Facendosi Egli stesso la misura dell’amore, cioè di come si deve amare!
1° Venerdì - Gennaio
La riparazione – elemento del culto al Sacro Cuore
Molti oggi, vivono come se Dio non esistesse. Non credono in Dio. Non accettano Gesù e non lo amano, però lo bestemmiano. La maggior parte della gente vive nell’indifferenza verso Dio e verso la religione. Tra i cristiani si è diffusa una forma di irriverenza verso l’Eucaristia. Molti cristiani entrano in chiesa e non lo salutano, neppure sanno che in Chiesa abita un Dio che è vivo e presente e guarda i nostri comportamenti. Molti salutano una statua e le accendono candele ma a Gesù eucaristico non riservano neppure un saluto. Si parla, nell’aula della Chiesa, le persone parlano tra loro e si raccontano della loro vita, potrebbero invece andare a parlare fuori, perché gli spazi interni delle Chiese sono riservati alla preghiera e all’adorazione, che sono fatte di silenzio e raccoglimento.
Ci sono poi i governi e le leggi contro Gesù e la religione cattolica. Si cerca di cancellare la figura di Gesù anche dalla storia dei popoli e dell’Europa. Questo è il quadro, neppure completo, delle tante offese che vengono fatte a Gesù. Egli ci ama. Ha offerto se stesso per salvarci e noi, creature umane, lo ricambiamo offendendolo. Questo richiede riparazione. Gesù nelle apparizioni del sacro cuore dice: i"l mio cuore chiede l’amore come un povero chiede del pane." Proprio il suo amore, l’amore di Gesù che ci ha tanto amati, proprio il suo amore non è amato sulla terra. E noi da quale parte stiamo? Anche noi vogliamo essere indifferenti all’amore del cuore di Gesù? Noi siamo dalla parte di coloro che offendono o che riparano? Gesù dice riferito a molti cristiani e religiosi: “mi circondano ma non mi amano né mi consolano”.
Come riparare le offese fatte al Cuore di Gesù? Con la fede e la carità. Gesù vuole vedere la qualità della nostra fede e della nostra carità.
Dalla Scrittura leggiamo che:
“ chi crede in Gesù ha la vita eterna (Gv 3,36)
“se tu professerai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato da morte,sarai salvato. Col cuore, infatti, si crede per ottenere la giustificazione, con la bocca si fa la professione per ottenere la salvezza (Rm 10,9)
“il giusto vivrà della sua fede (Ab 2,4)
“dobbiamo credere nel nome di Gesù Cristo e dobbiamo amarci gli uni gli altri ( 1 Gv 3,23)
“chi non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede. Chi ama Dio ami anche il proprio fratello (1 Gv 4,20).
Come Dio, Gesù non ha bisogno del nostro amore, Egli è felice e sufficiente in se stesso. Ma come uomo-Dio, Egli fu toccato dal dolore, dall’offesa, dalla gioia, dall’amicizia, dal conforto, dalla stima, dal decoro, dall’amore. Corrispondere a questi bisogni del cuore divino umano di Gesù, vuol dire realizzare anche la nostra vocazione cristiana, vuol dire esercitare la nostra fede e praticare una tenera carità verso tutti, anche verso Dio. Ecco allora che riparare le offese del Cuore di Gesù serve soprattutto a noi, perché in questo modo esercitiamo le virtù cristiane fondamentali: la fede e la carità.
La riparazione serve a noi, a manifestare la nostra fede e la nostra carità, in questo modo collaboriamo alla salvezza : la nostra e l’altrui. Siamo chiamati a collaborare con l’unico sacrificio mediatore del Cristo, crocifisso per amore, al cui sacrificio, per essere completo manca la nostra partecipazione, come dice san Paolo: “Completo nella mia carne, le sofferenze che mancano alla croce di Cristo”
Che cosa la creatura umana, cioè ciascuno di noi, può offrire al Cristo per completare il suo sacrificio, già perfetto in se? Che cosa può offrire la creatura che non poteva offrire Gesù? : “è la lotta contro la caduta, contro l’attrattiva di questo mondo, contro la seduzione di tanti peccati che rappresentano la felicità umana. Questo dono Gesù non lo poteva fare al Padre, noi soli lo possiamo. C’è un modo di riscattare il mondo (riparando) il quale non è accessibile che ai peccatori. Rinunziando ai beni di questo mondo che il peccato ci avrebbe procurato , offriamo a Dio la nostra beatitudine umana, il nostro tutto, come l’obolo della povera vedova del vangelo” (Raissa Maritain – Diario - § 53).
La funzione mediatrice di Gesù Cristo è perenne ed universale e per questo trascende tempo e luogo, è contemporanea ai peccatori di ogni epoca, anche a noi oggi! Ciascuno di tali peccatori è responsabile di epoca in epoca della passione e morte di Gesù. In questo senso Gesù non cesserà di agonizzare finché ci saranno peccatori. La nostra riparazione, dunque, è partecipazione nel tempo al sacrificio di Cristo, ma partecipazione perenne, perché riguarda ogni fedele che si affaccia di tempo in tempo sulla terra. Così per la contemporaneità di ciascuno di noi con il suo sacrificio, il nostro peccato lo ferisce ancora oggi, però, allo stesso modo, anche ogni atto d’amore lo raggiunge per consolare quel cuore, ancora oggi. E lui cerca tali adoratori nel mondo e in ogni tempo, adoratori in spirito e verità.
Il modo con cui posso esercitare oggi l’amore riparatore verso il Cuore di Gesù, è dire sì all’amore di Dio, un sì detto non solo a parole ma con la vita, nell’accettazione delle proprie croci, nell’umile quotidianità. Non è né più né meno che vivere concretamente il proprio battesimo. La migliore riparazione del peccato consiste nel lasciarsi amare da Gesù e ricambiarlo tramite lo Spirito, nella vita. Vita vissuta non solo in modo ascetico, come sforzo morale, ma anche e soprattutto vita vissuta in modo teologale, come incontro personale col Dio-Gesù che è amore, che mi ha salvato perché mi ama e che voglio ricambiare con amore, instaurando con Lui un’amicizia vera e continuata. Vita teologale è mettere Dio al centro della mia vita, è dare a Dio il primo posto in tutto. La riparazione è lasciarsi amare da Dio e ricambiare il suo amore e tutto questo è la giustizia più grande.
1° Venerdì - Febbraio
Contemplare il cuore di Cristo
"Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Prendete il mio gioco sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. il mio gioco, infatti, è dolce e il mio carico leggero" (Mt. 11, 28)
Gesù esprime la sua compassione a coloro che soffrono sotto i pesi della vita. Chi di noi non ha un peso da sopportare?
Rivolgiamo il nostro cuore verso il Signore e ascoltiamo la sua promessa: “io vi ristorerò…. Troverete ristoro” Egli si prende cura dell’uomo, in modo pieno, è medico dei corpi e delle anime.
Amare vuol dire: prendersi cura di…
Gesù si prende cura di tutti gli uomini e di tutto l’uomo: il corpo e l’anima.
La frase di Gesù: scarna, essenziale, piena di significato indica 3 punti importanti:
venite a me
tutti
s.t. coloro che si sentono affaticati e oppressi
Il “tutti” non è un invito generale. Tutti indica veramente tutti, senza distinzione tra poveri e ricchi, tra giovani e vecchi, tra colti e ignoranti, tra giusti e peccatori. Una sola categoria è esclusa : coloro che non sono affaticati e oppressi! Costoro credono di essere sufficienti a se stessi, di bastare a se stessi e non hanno bisogno di Gesù e della salvezza che lui ci ha portato. E dunque anche se invitati, perché sono invitati anche loro, però non vengono….
Venite a me: Gesù ci invita ad andare da Lui, ci invita a dirigere le nostre strade verso di lui. Ci invita all’amore. Amare è sempre un uscire da se stessi per andare verso qualcuno che ci ama e che noi amiamo. L’andare a Lui è il movimento dell’amore: uscire dal nostro egoismo, dall’isolamento del nostro io, per andare verso Gesù.
Come due sposi , andando uno verso l’altro, si promettono amore scambiandosi la fede, anche nel rapporto tra l’anima e Gesù avviene la stessa cosa. Il cammino che ci porta a Gesù incomincia con un : Sì, come per gli sposi, ed incomincia così un cammino di conoscenza, relazione, intimità reciproca, basata sulla fiducia. Anche nel cammino con Gesù ci si scambia la fede, come per gli sposi. La fede che Gesù desidera è l’adesione del cuore, Egli ci dà il suo cuore e richiede il nostro. Ci dona il suo amore e richiede il nostro amore.
Credi tu che io sono il Figlio del Dio vivente, che ti ho salvato perché amo il Padre e amo te ? Credi nella mia amicizia ? Credi nel mio amore?, dice Gesù!
Questo è il cammino di fede verso Gesù. Un incontro sponsale…. Egli è l’amante che vuole renderci amati e capaci di amare, noi dobbiamo solo consentire, cioè dire: Sì !
C’è poi l’altra condizione: prendere il suo giogo sopra di noi. Anche il “giogo” è un peso, ma il peso di Gesù non è come quello del mondo, che è sempre pesantissimo e difficile da portare. Gesù dice che il suo peso, quello che deriva dall’intimità con Lui: è sempre leggero...Che belle promesse ci fa Gesù !
Prendere il suo giogo, vuol dire lasciarsi condurre da Lui, vivere in obbedienza a Lui. Obbedire prima di tutto vuol dire: ascoltare ciò che l’altro dice e poi farlo con amore, perché le sue richieste, le sue leggi, il suo giogo: sono carichi leggeri. L’obbedienza che Lui ci chiede è leggera ed è sempre per il nostro bene, non per il Suo. L’amore di Gesù è unico, solo lui ama così. Infatti tutti amano: per se, solo Gesù ama: me per me, non per se. Se lui mi ama è per fare felice me, perché lui con o senza di me, è già felice dall’eternità !
Questa è la conversione che ci è richiesta, conversione continua all’amore di Gesù, invito ad andare e a ritornare verso qualcuno che ci ama e che si aspetta per donarci nuovamente il suo amore fatto di misericordia e perdono.
Se rispondiamo all’invito di andare da Lui, da Gesù, diventiamo suoi discepoli, suoi amici e faremo la scoperta che Egli, il nostro Maestro: è dolce e umile di cuore. Vedete anche nella Sacra Scrittura si nomina il Cuore di Gesù, e la caratteristica di questo cuore: dolcezza e umiltà!
Queste due virtù egli indica anche al nostro cuore e al nostro amore. Il nostro cuore deve essere rivolto in modo speciale al suo servizio e rivolto alla sua imitazione. L’umiltà ci perfeziona nei riguardi di Dio e la mitezza ci perfeziona nei riguardi del prossimo. San Francesco di Sales diceva che dovremmo ripetere almeno 100 volte al giorno la frase di Gesù: “imparate da me che sono dolce e umile di cuore”.
1° Venerdì - Marzo
Gesù il Buon Pastore
Gesù nel suo amore è il pastore buono. Proprio l’immagine del Buon Pastore ci fa capire l’amore di Dio, ci apre uno spiraglio per vedere come ama Dio. Nel Vangelo leggiamo: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una non va a cercarla, anche, nel deserto, finché non la ritrova? E ritrovatala se la mette in spalla tutto contento…” Questo è il racconto di Luca (15) ma il profeta Ezechiele già nell’antichità aveva lasciato scritto (34): “dice il Signore Dio, ecco io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Come un pastore, io radunerò tutte le mie pecore dai luoghi dove sono state disperse… andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata…” Tutto questo perché il nostro Dio è un Dio d’amore e di misericordia. Gesù, il volto visibile dell’amore di Dio, ha cura di noi, di ciascuno di noi e va in cerca anche di quelli che si sono smarriti. Ascoltiamo questo racconto e meditiamo:
La centesima pecora, Signore, non è l’anima che cade spossata, non è la pecora capricciosa che se ne va al soffio dell’indipendenza. Non è questo che ubriaca la centesima pecora: la più triste dell’ovile, la meno bella, la disperata.
Essa cominciò col trascinarsi dietro al gregge, già estranea al rumore dei piccoli passi fraterni . Il cane , obbediente al suo padrone, qualche volta l’aveva morsa senza capirla e lo stesso padrone l’aveva colpita col suo bastone, e quel colpo dolcissimo le aveva fatto molto male.
Un giorno preparò la fuga e ad una curva della strada di campagna, cinta di siepi, se ne andò via tutta sola per la sua strada di morte.
Per un momento sognò un ovile ben custodito, la sera nel recinto, accanto al calore reciproco delle lane delle altre pecore addossate le une alle altre.
Si allontanò
Sentì il suo nome sulle labbra del pastore la cui voce per lei era diventata ultimamente più severa. Ne soffocò l’eco
Ora era veramente sola, senza sofferenza, senza gelosia, semplicemente abbandonata a se stessa.
Scese la sera, si addormentò di malinconia e di tristezza del sonno agitato del giardino dell’agonia, in mezzo a un cespuglio, tra le pietre.
Un rumore di fronde smosse, la sveglia, si sente sollevare e senza aprire gli occhi, riconosce il buon odore consueto delle mani del suo padrone, venuto per lei, per lei sola, riconosce il calore del suo collo.
La centesima pecora, Signore, è l’anima che dispera….
(Poesia di p. Joseph Doucet s.j. 1912-1992).
Aiutiamo la nostra meditazione, riflettendo su che cosa significa adorare:
ADORARE E’…
E' stare davanti all’eucaristia, che è mistero d’amore; non c’è nulla e nessuno all’infuori di Dio che sia : tutto per me, per me solo!, e che mi ama con tutto se stesso. Adorare è scoprire che Dio è presente nella mia vita, che mi guida, mi cerca, mi cura, e l’unica cosa che posso fare è quella di abbandonarmi a lui, non a me stessa! È abbandonarsi a lui fra le sue braccia, come la pecorella
È accogliere ciò che lui mi vuole donare: il suo ovile (la Chiesa), la sua presenza, la sua parola, il suo cuore,
È fare la sconvolgente scoperta che Dio mi ama
È scoprire di amare la mia vita perché Dio la ama
È imparare a guardare con gli occhi di Dio: la mia vita, il mondo, la storia
È affidarsi l’uno nelle mani dell’altro, diventando l’amore per l’Altro,
È ascoltare la voce di Gesù che chiama: “Tu sei importante per me, e io ti amo, ti ho chiamata per nome, tu sei mia” (Is 43,4)
È fermarsi a guardare Dio perché da soli non ce la facciamo, sentiamo la nostra debolezza del vivere, e chiediamo il suo aiuto. Riscopriamo qui davanti a Dio il bisogno della reciprocità. Gesù ci dice: Senza di me non potete far nulla. – abbiamo bisogno di riscoprire il rapporto e lo stile di Dio
Dio si è legato alle creature per renderci liberi
Dio si è legato agli uomini per farsi uomo
Dio si è legato al pane per rimanere con noi
Dio si è legato alla nostra debolezza per farci capire che nella fede in Lui divento forte proprio quando sono debole, e accetto la mia situazione senza fuggire. Dio vince con la debolezza del suo Amore. – "il mondo è salvato dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini" (Benedetto XVI)
Adorare è accettare Gesù nella sua presenza povera ed eucaristica
Adorare è sentirmi amato da Dio per la mia povertà, e rileggere, così, tutta la mia vita davanti a Lui per rendermi conto che l’unica cosa che posso fare è abbandonarmi a Dio, fra le sue tenere braccia, che hanno preso la pecorella in mezzo alle spine dell’arido deserto del mondo, e tutto contento se l’è messa sulle sue spalle, proprio come la croce !
Adorare è imparare a non ricevere invano la grazia di Dio
Adorare è lasciarci riportare a Dio, da Dio, il Buon Pastore:
1° venerdì – Aprile
Nel tempo di quaresima
Dalla lettera agli Ebrei (cap. 4 e 3)
L'Eucaristia è l'Oggi di Dio!
“Dio fissa di nuovo un giorno: l’oggi. Se oggi udite la sua voce non indurite i vostri cuori … Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede. Esortatevi a vicenda, ogni giorno, finché dura quest’oggi”
Occorre fissare con gli occhi della Vergine Madre di Dio, Maria di Nazareth, la luce del mistero del Cuore di Gesù. Sotto il cuore di tale Madre, ha cominciato a battere il Cuore del Verbo, del Figlio di Dio fatto uomo, per opera dello Spirito Santo. Il Verbo di Dio si fa uomo, si fa carne per rivelarci il mistero di Dio: la sua giustizia, che salva, e che si rivela come amore (cfr. Giovanni Paolo II- 14.7.1985)
Oggi Gesù è ancora in mezzo a noi e grida, come nei giorni di Galilea: “chi ha sete venga a me” (Gv 7,37). Ma quale sete ha il cuore umano?
Sete d’amore, sete di verità, sete di perdono, sete di pace.
La mia sete, la sete di ciascuno, però, è contaminata. E cos’è che contamina il pozzo del mio cuore? Sono le mormorazioni, le rivolte più o meno palesi contro Dio, sono gli egoismi, gli irrigidimenti irriducibili della nostra volontà, la mancanza di carità, il rimanere ostinatamente rivolti solo verso i propri bisogni, la noia nell’ascoltare l’altro…. e molto altro ancora. Fuori dalla porta dei nostri cuori c’è una umanità che sta morendo di sete nei deserti di questo mondo. Nel deserto dell’indifferenza delle nostre città, nel deserto dell’efficientismo, del fare che lascia indietro molti, e molto..
C’è una roccia dalla quale sgorga un’acqua che potrebbe dissetare tutti, sarebbe la vera, l’unica soluzione, ma il sentiero verso quella roccia viene oggi subdolamente nascosto dai servitori occulti del grande bugiardo, così abili a sostituire quel sentiero con altri itinerari apparentemente più interessanti. Alcuni santi ci dicono che molti sono coloro che si avventurano nella strada larga dei piaceri e del vizio, pochi quelli che si avviano per la strada stretta della fede.
Oggi Gesù è in mezzo a noi e continua a gridare: "chi ha sete venga a me e beva, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno"
Bevi Cristo che è la vita
Bevi Cristo che è la pietra da cui sgorga l’acqua viva
Bevi Cristo Che è la fonte zampillante
Bevi Cristo che è la radice della Pace
Bevi Cristo ed estingui le tue seti!
Guardalo con gli occhi di Maria
Accordagli l’assenso della tua fede
Lasciati lavare dall’acqua purificante che sgorga dal suo cuore
Rispondi all’amore di quel Cuore, amando e servendo il tuo prossimo che è accanto a te, coloro che sono alla portata della tua mano.
Dal Cuore di Gesù, trafitto in Croce, sgorga l’acqua della salvezza, l’acqua che ci lava e ci disseta. Segno del suo amore grande. Per mezzo dell’apertura del cuore di Gesù, la vera roccia che zampilla l’acqua della salvezza, Egli chiama tutti a sé. Invita: Venite a me e bevete dal mio Cuore l’acqua della salvezza che vi ristora e fa ritrovare la strada giusta. Gesù chiama tutti per quanto infangati siano. Anche per i più indegni il Suo Cuore si è aperto e rimane aperto. Gesù offre a tutti la salvezza fino alla loro ultima ora, fino all’ultimo istante.
Il Cuore di Gesù, presente nell’Eucaristia, è l’Oggi di Dio. E’ il nuovo Oggi fissato per l’uomo di ogni tempo. Quel Cuore aperto, sorgente zampillante di acqua viva, apre un tempo nuovo, ci offre di nuovo ed ancora la possibilità di ristabilire in noi stessi, ma insieme con Lui, la genuina vita cristiana, la vita buona della fede.
Tutti hanno bisogno di vita ma nessuno si appella al vivente. E Gesù continua a gridare dall’alto del Suo Cuore trafitto: Venite voi tutti uomini inghiottiti dal male, a ricevere il perdono dei vostri peccati. Perché io sono il Vostro perdono, io sono la Pasqua della vostra salvezza, io l’Agnello sgozzato per voi; io sono la vostra acqua lustrale, io la vostra luce, io il Vostro Salvatore, io la Risurrezione e la vita. Io vi risusciterò e vi farò conoscere il Padre, vi risolleverò alla vita con le mie mani.
Dal Cuore di Gesù sgorga l’invito a tutto il suo popolo e ad ogni uomo anche il più lontano:
“Torna… torna e riconosci il tuo Dio, guarda dove è arrivato il suo amore per te…!”
Preghiamo con Santa Geltrude:
“Io ti saluto o Sacro Cuore di Gesù, sorgente viva e vivificante di vita eterna, tesoro infinito della divinità, fornace ardente dell’Amore divino. Tu sei il luogo del mio riposo e il mio asilo, o amabile mio Salvatore. Accendi il mio cuore di quell’Amore ardente di cui è acceso il tuo: diffondi nel mio cuore le grandi grazie di cui il tuo è sorgente e fa che il mio cuore sia così unito al tuo, che la tua volontà sia la mia e la mia sia eternamente conforme alla tua, poiché io desidero che ormai la tua santa volontà sia la norma di tutti i miei desideri e di tutte le mie azioni. Amen”
“La preghiera è la prima forma di azione … (E. Leseur)
“L’Adorazione è la prima condizione per l’Evangelizzazione (Convegno Eucaristico in Francia 2011)
1° venerdì – Maggio
Nel tempo di pasqua
Il Costato trafitto e la riparazione
« Il cuore trafitto di Cristo è il focolare dove l’amore divino si spande come fuoco nell’intero universo. La sua contemplazione, lungi dal far ripiegare il credente su se stesso, diventa luogo di incontro personale con Cristo, un Cristo esteso alle dimensioni del mondo »
Dal Vangelo di Matteo : « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso »
Gesù parlava certamente del fuoco del suo amore, amore crocifisso e risorto. Amore redentivo .
« Il costato trafitto di Gesù, da cui colarono sangue e acqua, è un segno per la nostra fede. Dove ha abbondato il nostro rifiuto di amare, ha sovrabbondato l’amore di Cristo. Il Sangue del suo cuore si sparge perché Gesù ha dato la sua vita : « Mi ha amato e ha dato se stesso per me » (Gal 2,20). L’acqua sgorga dal cuore di Gesù come da una sorgente, perché , morendo, Gesù ha effuso il suo Spirito. Ai piedi della croce si realizza la promessa : « Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno » (Gv 7, 38).
« Per mezzo di questa beata apertura, chiami eternamente tutti gli uomini a credere al tuo amore, a confidare in esso, a venire vicino a te, per quanto infangati siano » (Charles de Foucauld).
Il costato trafitto è la porta per gettare uno sguardo sull’amore del Cuore di Dio. Non solo sul cuore di Gesù, ma sul cuore dell’intera Trinità : Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il costato trafitto ci insegna ad amare. L’insegnamento ce lo facciamo spiegare dall’apostolo Giovanni e da una mistica del XX secolo, la dottoressa Adrienne von Speyer, che descrive l’esperienza mistica di Giovanni durante l’ultima cena :
così scrive : « Appoggiando il capo sul petto di Gesù, senza dire nulla », è come se dicesse che « vuole aiutarlo ad elevare dall’amore umano all’amore divino tutti gli uomini, anche i più tiepidi , anche i più lontani. Questa è la forma giovannea dell’amore. Nel momento in cui Giovanni stesso non dubita più di essere amato come un amico, di avere vicino a Gesù un posto, sa bene che anche gli altri sono compresi in questo amore »e che lui in quel momento li rappresenta. « Aiutare così a portare gli altri e le loro colpe, è in lui un atto umilissimo, ma anche spontaneo. E’ un atto che tocca il Signore e lo stesso Giovanni è stupito dell’amore del Signore che gli concede di poter portare così gli altri. Perché comprende che deve portarne tanti, e vede questa sua missione con gli occhi del Signore, il quale se ne rallegra e, sulla croce, non dimenticherà che nell’amore di Giovanni sono già inclusi tutti coloro che deve redimere »
L’amore e lo stile di Gesù e di Giovanni, insegnano a farci carico del male degli altri. E’ la riparazione, che è cooperazione alla Redenzione del Crocifisso, è cooperare al mistero pasquale. E’ imparare ad avere compassione dell’uomo sull’esempio di Gesù e del suo comandamento : Amatevi come io ho amato voi !
E’ dunque l’ora nostra, oggi tocca a noi farci carico del male altrui, insieme a Gesù, alla sua Croce e al suo Cuore. In questo ci è di grande esempio e conforto Maria, la Madre di Gesù, colei che soffrì nel suo cuore tutta la passione e lo strazio del figlio, vivendoli come propri. Ella divenne, col suo Divin Figlio, corredentrice del genere umano.
1° venerdì, Giugno
Meditazioni sulla preghiera: Anima Christi
Si sa che questa preghiera esisteva prima di sant’Ignazio di Loyola, ma si può dire che egli l’ha fatta sua. Ha contribuito notevolmente a diffonderla grazie alla prassi dei suoi Esercizi Spirituali. La preghiera è come divisa in due parti: la prima è composta da un gruppo di invocazioni contraddistinte dalla parola Cristo; la seconda è introdotta dalla formula invocatoria: o Buon Gesù
Nel primo gruppo si invoca Cristo, in modo particolare ciò che appartiene alla sua umanità: corpo, sangue, acqua, passione, e ad ognuno di questi aspetti è collegata una azione: santificare, salvare, inebriare, lavare, fortificare. La preghiera è rivolta direttamente verso l’umanità di Cristo e al Mistero della sua persona. Infatti :
* rivolgersi alla sua anima e al suo corpo significa fare memoria dell’incarnazione, per la quale il Figlio Unico ed eterno di Dio Padre si è fatto uomo.
* l’anima e il corpo sono lo strumento della nostra salvezza. L’anima perché in essa risiede la pienezza della grazia e della santità di Gesù, e il corpo perché la salvezza ci giunge solo toccando il corpo di Cristo
* inoltre si invoca anche la passione e gli elementi ad essa connessi: il sangue e l’acqua che escono dal costato di Gesù trapassato dalla lancia. La passione è invocata perché è la sorgente della nostra salvezza.
* A noi i frutti della salvezza, che ci arriva attraverso la passione, sono dati nei sacramenti, che sono il prolungamento dell’incarnazione, e in modo particolare nell’Eucaristia. Con l’eucaristia noi tocchiamo Gesù, siamo da Lui toccati, e ci giungono gli effetti della salvezza operata dalla passione morte e risurrezione di Gesù.
Ci potremmo chiedere il perché di questa impostazione della preghiera. Non sarebbe stato più semplice rivolgersi direttamente a Gesù, invece che far intervenire tutti questi elementi che nel loro insieme già formarono il corpo di Gesù?
L’intenzione di chi ha composto la preghiera è di aiutare noi , oranti di oggi, ad accettare la mediazione che Gesù ha assunto incarnandosi e venendo a noi. Gesù ha assunto un’anima umana, un corpo, e ha assunto anche il Mistero divino e umano della sua persona. Questo ci insegna a rivolgerci ai mezzi salvifici che ci sono messi a disposizione da tutta l’economia salvifica sacramentale, il Signore stesso ha voluto usare i segni sacramentali per salvarci, e i segni sacramentali sono composti di cose materiali e parole.
Nella seconda strofa introdotta dall’invocazione: “O Buon Gesù" si evidenzia la bontà di Gesù. La grazia fondamentale che si chiede in questa parte della preghiera è quella di non essere mai separati da Lui, e cioè che a causa del peccato non ci succeda di essere separati in eterno da Lui . L’attenzione dell’orante è qui rivolta al momento della morte, in cui si chiede a Gesù di difenderci e gli chiediamo di:
- nasconderci dentro le sue piaghe come scudo contro la dannazione finale, o meglio, se vogliamo dirlo in positivo, gli stiamo chiedendo che le sue piaghe e il suo cuore ci siano difesa nell’ultimo momento della nostra vita, per ottenerci la grazia della perseveranza finale, quella grazia che ci consente di dire definitivamente sì a Dio senza più tentennamenti: Di dirGli: Sì io voglio stare per sempre con te, Rifiuto satana, anzi difendimi dalla sua malignità. Veramente secondo questa visione delle cose possiamo pregare che il Cuore di Gesù sia sempre per noi una dimora sia durante la vita che nel momento della morte che dopo la nostra morte.
Le piaghe di Gesù: le mani, i piedi, il costato, sono il frutto della sua passione sofferta a causa dei nostri peccati, ma anche l’effetto della sua stessa Misericordia, che ha stabilito così per salvarci, e dunque sono per noi sempre una dimora, un rifugio, uno scudo , dove trovare conforto aiuto e salvezza nei momenti della tentazione, del peccato, della morte. Sono un luogo di riposo, di sicurezza, di nascondiglio, perché intorno a noi e contro la nostra anima esistono dei nemici che vogliono rubarcela e farcela perdere in eterno, ma Dio ci dona una cittadella sicura per affrontare il buon combattimento della fede, nel Cuore di Gesù, e nei sacramenti.
Se noi dimoriamo in Cristo Gesù il maligno non può nulla contro di noi.
Alla fine quello che è e sarà importante e che noi al momento della morte dopo essere stati difesi da Gesù, perché glielo abbiamo chiesto, lo abbiamo cercato e invocato, veniamo chiamati a stare con Lui insieme a tutti gli altri santi. Ma per fare cosa? Per fare quello che fanno i santi in paradiso: lodare Dio nei secoli dei secoli.
La preghiera è bella anche perché è costruita nella relazione: io - tu che è la relazione fondamentale tra l’anima e Dio. La comunità cristiana non si regge e non avanza nel bene se ogni cristiano non costruisce in modo personale , intimo e riservato, il suo rapporto, la sua amicizia, il suo dialogo personale con Gesù. Questa preghiera, dunque, è costruita tutta intorno al Mistero di Gesù: Incarnazione, passione, risurrezione, battesimo ed eucaristia, cioè l’economia sacramentale della nostra salvezza.