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Spiritualità carmelitana - maggio
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Maggio  - Il senso della creaturalità


L’Umiltà radice del servizio

“L’umiltà è la virtù che ci fa persuasi che siamo piccoli, che non siamo niente, ma ciò non vuol dire che non siamo niente, non vuol dire che ci dobbiamo sentire piccoli, prescindendo da quello che siamo nella realtà. La nostra condizione è di povertà. Siamo creature, e come tali non dobbiamo niente a noi stessi, ma tutto ciò che siamo, che facciamo, che possiamo, non è nostro, bensì è di Qualcuno che ce lo ha dato”

“Ci si rende conto che siamo nelle mani di qualcuno che, per il fatto stesso di averci nelle mani, ci consacra. Siamo fatti da Dio e per Dio e il sentirci nati per Dio diventa la sorgente del senso della dignità dell’uomo. Da Dio, Di Dio, per Dio. Non c’è nessuno che sia più presente, più intimo a noi di Lui, il quale è più intimo a noi di noi stessi. Perchè noi? Perchè non arriviamo a  scandagliare l’abisso del mistero, siamo nostri fino ad un certo punto e ci conosciamo fino ad un certo punto. E questa non è una constatazione disperata, ma che ci vivifica, perchè, in fin dei conti, c’è uno solo che ci Conosce (Dio). Nella nostra vita Dio penetra dal di dentro, dal profondo, non è  uno straniero che arriva, siamo piuttosto noi, con le nostre piccole dimensioni creaturali, che facciamo fatica a lasciarlo emergere, a dargli spazio. Dio ha voluto avere in noi una patria, per questo ci ha creato e noi non siamo creature se non ci impegniamo ad avere per patria lo stesso Signore.” (A Misura di Dio –LDC)

“Siamo creature umane, e perciò stesso abbiamo tanti limiti... i limiti della nostra creazione; siamo stati creati in un determinato modo, dobbiamo trascinare il peso del nostro essere, dobbiamo sopportare la prigionia del nostro spirito, dobbiamo accettare la provvisorietà della nostra esistenza, siamo soggetti all’ignoranza, alla morte, ad un cumulo di passioni; e questi sono tutti dati oggettivi, non sono ipotesi, sentimenti, sono la realtà, la verità. Ciò che maggiormente importa nell’umiltà è questo convincimento della nostra realtà, realtà sottoposta, dipendente, subordinata, limitata, disordinata. E ciò che conta è accettare questa realtà, non con rammarico, non per forza, ma accettarla volentieri. L’itinerario logico dell’umiltà è quello di accettare volentieri, per Dio, la nostra piccolezza, la nostra miseria, di riconoscerla; e, nello stesso tempo, questo essere soggiogati dall’esperienza della grandezza del Signore, ci rende più disponibili nelle mani di Dio, basta che il Signore dica: Va’, e noi andiamo, senza preoccupazioni: l’ha detto il Signore!... (questa realtà), la nostra umiltà non è un impedimento alla presenza di Dio, ma è una ragione della presenza di Dio. L’Umiltà è la radice del servizio. Di solito il servire non ci pesa per la fatica che ci domanda, ma per l’umiliazione che implica.... non dobbiamo mai essere stanchi di servire il Signore, mai! E anche quando avremo dato tutto e non avremo più energie, diremo al Signore: sono stanco di tutto meno che di servirti. Non ti posso più servire lavorando? Ebbene, ti servirò facendoti praticare la pazienza con me. Anche quello è un servizio! Dobbiamo pensare che tante volte il nostro modo di servire il Signore è proprio la nostra impotenza. Le creature non si possono servire con l’impotenza, ma il Signore si, e talvolta egli dispone che il nostro servizio verso di lui sia fatto soprattutto d’impèotenza, d’insuccessi, di pasticci."

Oh, la preziosità dei nostri pasticci nel servire il Signore! Gli uomini non ce li perdonano, e così il nostro servizio è al sicuro dalla lode umana, ma il Signore li perdona e tante volte aspetta più quelli che il resto. Perciò, non facciamo il proposito di fare dei pasticci, (no di certo), ma facciamo il proposito di servire il Signore anche con i nostri pasticci, se succedono. Non è bello questo?


                                                * * *

Lo sguardo del Signore è su di noi, non sulle nostre opere. Quando egli vuole un’opera, la compie in un istante con dei mezzi poveri. Ma a Dio occorre  invece la prova del nostro amore, con un lavoro costante, anche se senza risultato. Ciò di cui Dio non ha mai abbastanza sono delle anime umili e vere, che si dimenticano per pensare a Lui. I suoi disegni sono su di noi, non sulle nostre opere. E’ te che vuole!

(Sofia Prouvier – mistica francese - 1800)






 
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