§ - Il magnificat o  l’Esultanza di Maria
Perché Maria esulta? Quale è il fondamento di questa gioia?
Perché “La grazia è gioia”
Grazie e gioia scaturiscono dall’essere abitati da Dio, dall’entrare in relazione con Lui. Entrambe sono racchiuse, per Maria, nella frase: “Gioisci – Rallegrati ! O Piena di grazia. Il Signore è con te” (Lc 1,28)
Non si tratta qui di un cortese saluto, ma c’è molto di più. Il saluto che Gabriele rivolge a Maria annuncia la venuta del messia, non può essere che un messaggio di gioia, un vero “Vangelo”. “Una maternità messianica non può essere annunciata con un dimesso “salve”… Una persona: - oggetto della benevolenza dell’Altissimo, benedetta fra le donne… e in futuro da tutte le generazioni, che canta gioiosa il Magnificat a nome personale e di tutto il popolo, non può ricevere un saluto che non sia un grido festoso, l’invito a una partecipazione privilegiata alla felicità messianica (op. cit.- p. Valentini)
La vera origine della gioia viene dalla presenza dello Spirito, alla cui opera sono direttamente legati l’evento e la festa dei tempi messianici. Ciò è ben rappresentato all’inizio del Vangelo di Luca dove notiamo una particolare concentrazione di inni gioiosi, sembra un’apoteosi dell’esultanza: le parole di Elisabetta, il Magnificat di Maria, Zaccaria che benedice e loda il Signore, e il canto di Simeone. “Là dove giunge lo Spirito irrompe la felicità della salvezza…. La gioia è uno dei frutti dello Spirito (Gal. 5,22)” (A. Valentini-op. cit.)
Non può essere dunque un convenevole saluto. Siamo davanti, a mio parere, all’inizio del compimento delle promesse antiche, comincia in questo modo il passaggio tra antica e nuova Alleanza, tra la legge e la grazia. Dio sta chiedendo una risposta all’umanità e la chiede ad una donna, di un piccolissimo paese, sconosciuti fino ad allora. Maria si trova faccia a faccia con Dio e deve rispondere non solo a nome proprio (ovviamente), ma a nome del suo Popolo, a nome dell’intera umanità di ogni tempo. Come è stato detto, Maria assume in questo momento una personalità corporativa.
(le citazioni seguenti da:
J. Ratzinger-Benedetto XVI –
“Maria Chiesa nascente”
Ed. San Paolo-Cinisello Balsamo 1998)
“Dio richiede il “sì” dell’uomo. Egli si è creato nell’uomo un interlocutore libero, ed ora ha bisogno della libertà della sua creatura, perché possa divenire realtà il suo regno, fondato non su un potere esteriore, ma sulla libertà . Bernardo di Chiaravalle in uno dei suoi Sermoni, ha rappresentato questa attesa di Dio e dell’umanità :
“L’angelo attende la tua risposta, perché è ormai tempo di ritornare a colui che lo ha inviato… O Signora, dà quella risposta, che la terra, che gli inferi, anzi, che i cieli attendono. Come il Re e Signore di tutti desiderava vedere la tua bellezza, così egli desidera ardentemente la tua risposta affermativa… Perché esisti? Perché trepidi?... Ecco , colui che è atteso da tutte le genti bussa alla tua porta. Ahimé, se egli, per la tua esitazione, passasse oltre… Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!”                                                        (op.cit., p. 76)
. o .
Lo stupore dei misteri nei quali si è venuta a trovare, e inconsapevolmente, esplodono in Lei nel “canto” del Magnificat. Certo Maria attendeva la salvezza come tutti in Israele, ma forse mai avrebbe sospettato che essa si sarebbe compiuta attraverso di lei.Veramente le sue parole sono un cantico, nel senso che sono espressione della musicalità , dell’armonia della sua anima, dell’accordo di essa con Dio, della loro intima sintonia. “Musica silenziosa”, “Solitudine sonora”, si troverà a scrivere più tardi un San Giovanni della Croce, e quanto si adattano bene a Maria, queste frasi!
Tutti i sentimenti suscitati in Maria dagli eventi improvvisi che dirompono nella sua vita, si traducono nel suono della sua Parola orante, nell’ora dell’incontro con Elisabetta, sua parente. Sì: Parola Orante! Così la definirei. Qualcuno ha fatto osservare, e per la precisione è stato il p. R. Cantalemessa , che Maria non si sofferma a dialogare, a spiegare, a raccontare, la sua esperienza alle persone, pur care, che aveva intorno, anche quando parla loro direttamente."Maria non si attarda a rispondere al saluto di Elisabetta; non entra in dialogo con gli uomini, ma con Dio... Ella raccoglie la sua anima e la inabissa nell'infinito che è Dio"(p. 11- Il Mistero del Natale - R. Cantalamessa - Ancora -1999)
Le parole della fanciulla di Nazareth divengono un “Inno”, in cui si evidenzia che la sua anima continuava il suo dialogo con Dio. Il servizio agli altri, pur doveroso, non la distoglie dal clima di preghiera e di profondo raccoglimento in Dio, che credo ininterrotto in Lei. Il dialogo con Dio doveva esistere già prima, ma dal momento del ricevimento della sua Missione, quella di essere Madre del Messia, quel dialogo diventa più profondo, riverente familiarità con Dio, col quale condivide ormai gli stessi interessi. Il card. Ballestrero così descrive l’esultanza della Vergine Maria: “esultanza per la misericordia di Dio, per le meraviglie della sua opera, per la potenza del suo ministero, per la misericordia della sua grazia” (p. 20, op.cit., Ballestrero))
E’ vero che molti affermano che Maria ha usato formule già esistenti nella Sacra Scrittura, ma è anche vero che quelle frasi trovano solo in Lei la loro piena realizzazione, il loro vero compimento, dove l’attesa diventa storia, storia degli uomini , storia dove Dio viene ad abitare. Le parole di Maria non sono dunque, a mio parere, la ripetizione di un semplice formulario. Diligentemente, amorevolmente lei le riporta in luce, ed esse ricevono da Lei il loro pieno significato. Quelle frasi stavano nell’Antico Testamento perché Maria le riprendesse, per mostrare attraverso di loro “come Dio è Dio!” (s. 46, 11), come Dio attua le sue promesse di salvezza.
“La parola di Dio era divenuta la sua propria parola, e la sua propria parola si era unita con la parola di Dio: i confini erano caduti, perché la sua esistenza nella familiarità con la parola era ormai vita con lo Spirito Santo. “L’anima mia magnifica il Signore”: non perché noi possiamo aggiungere qualcosa a Dio, commenta al riguardo Sant’Ambrogio, ma perché lo lasciamo divenire grande in noi. Magnificare il Signore, significa: voler far grande non se stessi, il proprio nome, il proprio io, allargarsi ed esigere spazio, ma dare spazio a Lui, perché Egli sia maggiormente presente nel mondo”
( p. 64 – J.R. –Benedetto XVI – op. cit.)