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2 - Il sublime Mistero di Maria - I Parte
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La Fede di Maria
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IL SUBLIME MISTERO DI MARIA

 

 

 

 

 

I PARTE

 

 

 

§   -   L’ immacolata

 

“Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanueleâ€

(Isaia 7,14)

 

Circa quindici anni prima di Gesù, nasce Maria. Lei viene un po’  prima di Lui e se ne va un po’ dopo , perché Gesù e i doni che Egli portava con se, venissero subito accolti come meritavano. Maria era destinata unicamente a Dio ! Nel piano della Salvezza Maria era prevista, leggiamo nel cosiddetto protovangelo della Genesi (3,15) le parole di Dio al serpente:

"Io  porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno"

E proprio questo è il modo con il quale la Chiesa raffigura iconograficamente Maria l’Immacolata.

 Maria nasce come ogni altra creatura umana, è creatura umana, andrà anche lei conoscendo la missione della sua vita, pian piano, secondo le richieste che  Dio stesso le farà  inequivocabilmente, e che Lei custodirà attentamente nel suo cuore. Ma dal  momento in cui Dio entra in comunicazione con Lei, la sua storia visibile entra in una realtà invisibile, in un qualcosa che solo Dio conosce, che solo Dio pensa, che solo  Dio realizza. Maria si scopre l’ “amata†come un  “Giardino chiuso, e  fonte sigillata†(Cdc 4,12). C’è una realtà visibile e una realtà invisibile nella vita di Maria. E' una persona intrisa di Mistero e questo costituisce la sua identità. Dio l’ha creata Immacolata, questo è uno dei primi misteri che la riguardano, anche se lei non lo sapeva. Dio creandola non l’ha inserita soltanto nella storia del popolo eletto, ma l’ha consacrata per se in una maniera ineffabile e  riservata, in un  modo che solo Lui conosce.  Perché di Maria noi conosciamo tante cose, che la Chiesa nel suo magistero è andato analizzando e approfondendo nel corso della storia, ma l’intima realtà della Santissima Madre del Salvatore resta una realtà conosciuta solo da Dio.

Nel divino progetto della salvezza dell’uomo, avendo il Padre stabilito l’incarnazione del Figlio suo, ha pensato a una creatura che fosse “ministra dell’incarnazione e avesse la funzione di Madreâ€

“Questa creatura nella mente del Padre, nell’attesa del Figlio e nel fervore dello Spirito Santo, è Maria e ciò spiega perché fin dal primo attimo della sua esistenza terrena essa sia stata da Dio immediatamente consacrata con una pienezza di grazia, che non solo l’ha esclusa da ogni macchia di peccato originale, ma l’ha colmata della vita divina†Maria è “di Dio prima che di chiunque altro, tutta di Dio e solo di Dio, il Signore si è impadronito di questa creatura nella totalità del suo essereâ€.

(".." da p.8 – Il Mistero di Maria- di p. Anastasio Ballestrero – Meditazioni spirituali – Ed. piemme – Casale Monferrato – 1995)

 

“Oggi nella fede della Chiesa sappiamo che la Madonna è immacolataâ€. Ma la definizione di questo dogma “è una di quelle verità la cui coscienza è sempre stata viva nella comunità dei credenti, ma la cui chiarezza è arrivata col tempo. I grandi dogmi mariani hanno tutti una storia segnata nel tempo: la divina maternità viene proclamata a Efeso (431)", l’Immacolata Concezione a Roma  (1854), l’Assunzione a Roma (1950).

Il dogma dell’Immacolata Concezione si lega all’Incarnazione con un legame inscindibile. E’ proprio il mistero dell’Incarnazione la ragione dell’Immacolata Concezione. Infatti “Dio ha provveduto con questo prodigio a preservare dal peccato, per i meriti del Signore che sarebbe venuto, colei che a questo Signore avrebbe dato la carne di una esistenza terrena. Essere Immacolata non è un merito… ma una grazia che alla Madonna è stata data in previsione della redenzione di Gesùâ€.

(p. 9- Op. cit. Ballestrero)

Maria è così la prima redenta. Redenta in anticipo dal sacrificio del Figlio, che esiste e può portare la sua missione di salvezza solo per Lei, solo per il suo Sì umano.
Il saluto a Maria, portato dall’Arcangelo, non può che essere portatore di una  grande esultanza. “La dove giunge lo Spirito irrompe la felicità della salvezza, che ha ricolmato l’esistenza della Madre del Signore†(Maria nel cammino spirituale – Atti  della 24^ settimana mariana nazionale – Pietralba giugno 1985 – p. 19 – relazione p.Alberto Valentini)

Maria è Immacolata perché è la prima redenta, è “il frutto più eccelso della redenzione†(S.C. 103), essendo stata “redenta in modo così sublime in vista dei meriti del Figlio suo†(LG  53).

“I libri del Vecchio e Nuovo Testamento e la veneranda tradizione mostrano in modo sempre più chiaro la funzione della madre del Salvatore nella economia della salvezza e la propongono per così dire alla nostra contemplazione. I libri del Vecchio testamento descrivono la storia della salvezza, nella quale lentamente viene preparandosi la venuta di Cristo nel mondo.  Questi documenti primitivi, come sono letti nella Chiesa e sono capiti alla luce dell’ulteriore e piena rivelazione, passo passo mettono sempre più chiaramente in luce la figura di una donna: la madre del Redentore. Sotto questa luce essa viene già profeticamente adombrata nella promessa, fatta ai progenitori caduti in peccato, circa la vittoria sul serpente (Gn 3,15). Parimenti, è lei, la Vergine, che concepirà e partorirà un Figlio, il cui nome sarà Emmanuele. Essa primeggia tra quegli umili e quei poveri del Signore che con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza. E infatti con lei, la figlia di Sion per eccellenza, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova “economiaâ€, quando il Figlio di Dio assunse da lei la natura umana per liberare l’uomo dal peccato coi misteri della sua carne†(LG n. 55 cap. VIII- Documenti del Concilio Vaticano II- EP Roma 1983)

L'enciclica Redemptoris Mater (1987), al n. 10,  ci parla della redenzione di Maria in virtù del Figlio. Leggiamo: "La Lettera agli Efesini parlando della «gloria della grazia» che «Dio, Padre ci ha dato nel suo Figlio diletto», aggiunge: «In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue» (Ef 1,7). Secondo la dottrina, formulata in solenni documenti della Chiesa, questa «gloria della grazia» si è manifestata nella Madre di Dio per il fatto che ella è stata «redenta in modo più sublime». In virtù della ricchezza della grazia del Figlio diletto, a motivo dei meriti redentivi di colui che doveva diventare suo Figlio, Maria è stata preservata dal retaggio del peccato originale. In questo modo sin dal primo istante del suo concepimento, cioè della sua esistenza, ella appartiene a Cristo, partecipa della grazia salvifica e santificante e di quell'amore che ha il suo inizio nel «Diletto», nel Figlio dell'eterno Padre, che mediante l'incarnazione è divenuto il suo proprio Figlio. Perciò, per opera dello Spirito Santo, nell'ordine della grazia, cioè della partecipazione alla natura divina, Maria riceve la vita da colui al quale ella stessa, nell'ordine della generazione terrena, diede la vita come madre. La liturgia non esita a chiamarla «genitrice del suo Genitore» e a salutarla con le parole che Dante Alighieri pone in bocca a san Bernardo: «figlia del tuo Figlio».E poiché questa «vita nuova» Maria la riceve in una pienezza corrispondente all'amore del Figlio verso la Madre, e dunque alla dignità della maternità divina, l'angelo all'annunciazione la chiama «piena di grazia".

 

Concludiamo questa primo punto con  l’invocazione della Medaglia Miracolosa: “O Maria,concepita senza peccato, prega per noi che
                    ricorriamo a voi"

 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

§  - L’Incarnazione e la Piena di grazia

 

“Volendo Dio misericordiosissimo e sapientissimo compiere la redenzione del mondo, “Quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, nato da una donna… per fare di noi dei figli adottivi†(Gal 4,4) Egli per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo e si è incarnato, per opera dello Spirito Santo, da Maria vergine†(N. 52 Cap.VIII - LG)

E Ciò avvenne così:

“Dio mandò l’angelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nazareth, ad una vergine sposa di un uomo di nome Giuseppe della casa di Davide: il nome della vergine era Maria. Entrò da lei e le disse: Salve , piena di grazia, il Signore è con te†(Lc 1, 26-29)

Queste parole realizzano, a mio parere, il progetto esistente da sempre nel cuore di Dio: fare di Cristo il cuore del mondo. Questa centralità di Cristo sarebbe passata: per l’incarnazione da Maria di Nazareth, dalla stalla di Betlemme, dalla vita nascosta a Nazareth, dal ministero itinerante in Galilea, dal  Cenacolo, dal Getsemani, dal Calvario, dal sepolcro, dalla Risurrezione. Attraverso questi luoghi , con gli eventi e le persone ad essi connessi , si è esplicitata effettivamente la volontà dell’amore di Dio per noi. Anche attraverso il consenso operante, delle persone chiamate a collaborare per la realizzazione di questo progetto.

In queste parole che andarono poi a formare la prima parte della preghiera dell’Ave Maria, noi ripetiamo incessantemente, questa volontà salvifica di Dio, ripetiamo gli eventi meravigliosi compiuti da Dio, ridiciamo incessantemente il suo amore per noi !

“Fin dal primo momento la Vergine è stata figlia prediletta di Dio, colmata della vita divina della Trinità, ornata di grazia santificante, dei doni dello Spirito, delle virtù infuse, di tutto quell’apparato della santità soprannaturale che Cristo avrebbe guadagnato all’uomo con la redenzione e la salvezza.

La Vergine è piena di grazia prima di sapere, prima di pensare, prima di rendersi conto di che cosa il Signore voglia da lei. E’ un privilegio preveniente, che prende una creatura e la plasma secondo il progetto di Dio, lasciandola però nella condizione normale di tutte le creature umane. Com’è bello contemplare la Madonna in questa condizione ! Pensiamola: neonata, bambina, fanciulla; è piena di grazia e non lo sa. O lo sa attraverso una soavità interiore che la pervade, attraverso una serenità imperturbabile che la guida….noi sappiamo cosa voglia dire vivere, sappiamo come la nostra natura umana riceva impulsi dalle sue passioni, abbia sentimenti, pensieri, desideri, tutto un dinamismo fecondo che si sviluppa col crescere della persona. Ebbene nella Vergine tutto questo è intriso solo di cielo, di Trinità, di vita eterna. E’ terrena la Vergine, ma anticipa con questa sua interiore e inarrivabile perfezione la condizione ultraterrena…Questa riflessione porta ad un altro pensiero: al peccato originale, a quella inclinazione nativa ad essere a terra, a quel fermento molteplice di passioni aggrovigliate, a quelle vibrazioni dei desideri a livello dello spirito e della carne...a quelle conseguenze tragiche , che annebbiano lo spirito di fronte alla verità, che paralizzano il cuore di fronte alla libertà, che rendono la vita irrequieta e turbolenta, che troppo volte portano a delle vere e proprie colpe e comunque comportano le inclinazioni al male, le oscurità spirituali, e la lentezza ad accogliere le cose invisibili. E il pensiero che la Vergine tutto questo non l’abbia conosciuto è un pensiero che ci consola e ci anticipa come una profezia, quell’itinerario di purificazione e di conversione a cui siamo chiamatiâ€
L’Immacolata Concezione non è solo un privilegio per Maria, ma è la condizione  per inserirla nel Ministero della salvezza, è la premessa di una Missione che le verrà chiesta. “E’ un dono chiaramente finalizzatoâ€.

(p. 11 - op. cit. - Ballestrero)

“Dio gratifica la Vergine di questo privilegio perché esso sia in funzione di un servizio… - in questo modo – Dio riserva a sé questa creatura, la fa sua come un tesoro personale, la rende sacra e inviolabile, per cui ella non esiste per se stessa né per gli altri, ma esiste solo per appartenergli… - Ma – Il rapporto finalistico tra l’immacolato concepimento e l’incarnazione non va mai perduto di vista, perché illustra le ragioni di una storia che avrà un seguito nel quale Lei, la Madonna immacolata e piena di grazia, dovrà dare il suo personale contributo al mistero del Verbo incarnatoâ€.

E darlo non solo a nome proprio, ma a nome corporativo, a nome del popolo di Dio, dei redenti, dei quali Lei per privilegio divino è  stata la prima.

“Con l’immacolato concepimento la Madonna viene consacrata e il merito di ciò è tutto di Dio, ma da quel momento c’è una risposta che la Vergine nella sua umanità - (inconsapevole, ndr.) - deve dare al Signore e che troverà la sua manifestazione più completa nel Sì alla divina maternità. Separare il privilegio dell’Immacolata Concezione dalla missione della Vergine è sovvertire i progetti di Dio e impedirsi di capire fino in fondo la ricchezza e la fecondità del mistero.â€

(p. 12 - op. cit -  Ballestrero)

“Maria è inseparabile dalla redenzione, da Cristo e dalla sua missione, è inseparabile dalla missione della Chiesaâ€

“In un mondo nel quale il senso del peccato è quasi scomparso, nel quale il senso del bene è almeno estenuato nel relativismo, nel quale l’inviolata limpidezza dell’esistenza rimane un’utopia, più frutto della superbia che della virtù; in un mondo che non crede più alla purezza della vita, contemplare Maria può essere un viatico per noi, può dare alla nostra vita delle aspirazioni profonde, delle gratitudini senza fine e creare un’intimità con la madonna che poco a poco ci aiuti a configurarci a lei nel seguire Cristo Signore nel suo ritorno al Padre. I doni con cui Dio prepara la Madonna ad essere la sua Madre, sono doni che anticipano tutta l’economia della salvezza che Cristo porterà avanti e di cui noi siamo partecipi†.

(p. 14 - op. cit. - Ballestrero)                                       

(Le  citazioni seguenti da: p. 20.23 - p. A. Valentini
Maria nel cammino spirituale
Atti 24^ settimana Mariana Nazionale
Pietralba 1985)

Il titolo  “Piena di Grazia†(in greco: Kecharitoméne), dato da Gabriele a Maria “rivela l’intima personalità di lei, la sua spiritualità e la sua missione. L’appellativo non si riferisce ad un momento privilegiato della sua vita , ma qualifica l’intera sua esistenza†... “La scena dell’Annunciazione, appare grandiosa: Maria di Nazareth, senza perdere nulla della sua personalità individuale, è là davanti al Signore dell’Alleanza a nome di tutto il popolo. Nella sua piccolezza  (cfr. gli anawim, biblici! Ndr.) ella si trova improvvisamente a dialogare con il Signore, protagonista assoluto dell’evento, al cospetto dell’angelo Gabriele (potenza di Dio), a nome della carne fragile sorta dalla terra. Terra povera e deserta che impastata dall’acqua e solidificata dal fuoco dello Spirito, produrrà l’Uomo nuovo e con lui la creazione rinnovata.

 Ella è là,
    come tutte le umili donne d’Israele che nella loro
    debolezza, vedono compiersi i prodigi di Dio.

 Ella è là,    

vergine, per un atto di fede incondizionata. Come Abramo, Maria sta davanti a Dio non per se stessa, ma per il figlio della promessa e per la benedizione di tutte le genti.

 Ella è là,     

come Mosè, l’uomo più umile di tutta la terra, tra Dio e il popolo, nel giorno dell’alleanza.

 Ella è là,    

come i Re e i Profeti, servi ed amici del Signore, a nome di tutto Israele

 Ella è là,     

come la figlia di Sion già sterile e abbandonata, che vede sorgere figli senza numero, la discendenza sterminata che il Signore riconduce entro i suoi confini.

 Ella è là,     

in prima fila tra gli umili e i poveri del Signore in mezzo ai quali spunta la salvezza (cfr. Lg 55)

                   In lei la storia d’Israele attinge il suo vertice e si compie l’attesa messianica. Nella sua esistenza irrompe la gioia dei tempi nuovi ed eccheggia il saluto angelico: Chaire Kecharitomene. (Ave piena di grazia). La missione di Maria si manifesta proprio qui, nel dialogo dell’annunciazione, nel momento in cui ella si proclama serva per essere madre del Signore.

                   La sua risposta in questo momento di estrema importanza e responsabilità non può essere solo personale: ella è una “personalità corporativa†che parla a nome di tutto il popolo fedele. La formula: “Si faccia di me secondo la tua parolaâ€, evoca quella di Esodo 24, e Giosuè 24: più di Mosè e di Giosuè ella “conclude†l’alleanza per i figli d’Israele.

                   L’alleanza del Sinai era con tutto il popolo; la nuova Alleanza è con la casa d’Israele e di Giuda e con ogni uomo, anche con gli schiavi e le schiave. Grazie al suo sì, la benedizione di Dio scende su tutte le genti.

                   L’annunciazione è per Maria come un’investitura messianica: ella viene consacrata dallo Spirito per portare la salvezza al popolo. E come Cristo, generato per opera dello Spirito, inizia e compie la sua missione con la potenza di Dio, Maria partecipa e collabora alla salvezza sotto l’influsso del medesimo Spirito.  Ella prende parte alla nascita di Cristo, alla sua rivelazione ai pastori e ai magi, alla sua presentazione al tempio, al primo segno di Cana, alla predicazione del Regno, che accoglie in un cuore buono e sincero; partecipa soprattutto al mistero del Calvario, quando Cristo dona il suo Spirito e nasce l’umanità nuova redenta dal suo sangue.

                   L’effusione dello Spirito di Dio, con potenza, avviene tuttavia nella pentecoste: ivi è presente Maria e non semplicemente come una delle donne. Tra la nascita di Cristo e della Chiesa si dà non solo parallelismo ed esemplarità, ma continuità e sviluppo. In una lettura d’insieme della Scrittura si deve illuminare Atti 1 con Luca 1, ma anche con l’episodio di Cana e l’evento della Croce, in cui Maria ha un compito particolarissimo nella nascita dei credenti, realizzando in tal modo le profezie circa la figlia di Sion. La sua vocazione di serva del Signore e collaboratrice dello Spirito nell’opera di salvezza non è tuttavia conclusa: innalzata alla celeste gloria e totalmente trasformata dallo Spirito del Cristo Risorto, ella è presente nel popolo di Dio e veglia ed intercede per i credenti fino all’ultimo giorno: fino a che non ci saranno cieli nuovi e terra nuova e tutte le cose non siano trasformate ad immagine della gloria di  Cristoâ€

         “Due note in particolare caratterizzano il servizio di Maria: la verginità e la maternità. Il servizio riguarda certamente, com’è noto, un compito, una missione, ma consiste innanzitutto in una adesione personale al Signore. “Così Maria… consacrò totalmente se stessa, quale ancella del Signore, alla persona e all’opera del Figlio “(Lg 56). E’ una adesione al Dio dell’alleanza, che esige “verginità†nei confronti degli idoli e che conduce ad una maternità straordinariamente feconda. E’ questa la vocazione d’Israele che si compirà nella Chiesa e in Maria quale primiziaâ€

Nota  della redattrice: Ero presente quando furono pronunciate queste ultime parole, dal relatore p.Valentini. Ricordo ancora l’eco che provocarono in me, allora giovanissima. Tale eco è rimasto stampato nell’anima mia, che come vedete spesso ritorna a riassaporarne il gusto, lungo il corso delle sue meditazioni personali. Ho voluto condividerle con voi, sempre nella speranza di poter essere utile a qualcuno, nella certezza che le cose belle e vere, non perdono mai il loro fascino, e possono diventare feconde, di tanti ulteriori, inaspettati, sviluppi.

 


 

 

 

 

 

 

 

§  - Il magnificat o  l’Esultanza di Maria

 

Perché Maria esulta? Quale è il fondamento di questa gioia?
Perché “La grazia è gioiaâ€


Grazie e gioia scaturiscono dall’essere abitati da Dio, dall’entrare in relazione con Lui. Entrambe sono racchiuse, per Maria, nella frase: “Gioisci – Rallegrati ! O Piena di grazia. Il Signore è con te†(Lc 1,28)

Non si tratta qui di un cortese saluto, ma c’è molto di più. Il saluto che Gabriele rivolge a Maria annuncia la venuta del messia, non può essere che un messaggio di gioia, un vero “Vangeloâ€. “Una maternità messianica non può essere annunciata con un dimesso “salveâ€â€¦ Una persona: - oggetto della benevolenza dell’Altissimo, benedetta fra le donne… e in futuro da tutte le generazioni, che canta gioiosa il Magnificat a nome personale e di tutto il popolo, non può ricevere un saluto che non sia un grido festoso, l’invito a una partecipazione privilegiata alla felicità messianica (op. cit.- p. Valentini)

La vera origine della gioia viene dalla presenza dello Spirito, alla cui opera sono direttamente legati l’evento e la festa dei tempi messianici. Ciò è ben rappresentato all’inizio del Vangelo di Luca dove notiamo una particolare concentrazione di inni gioiosi, sembra un’apoteosi dell’esultanza: le parole di Elisabetta, il Magnificat di Maria, Zaccaria che benedice e loda il Signore, e il canto di Simeone. “Là dove giunge lo Spirito irrompe la felicità della salvezza…. La gioia è uno dei frutti dello Spirito (Gal. 5,22)†(A. Valentini-op. cit.)

 

Non può essere dunque un convenevole saluto. Siamo davanti, a mio parere, all’inizio del compimento delle promesse antiche, comincia in questo modo il passaggio tra antica e nuova Alleanza, tra la legge e la grazia. Dio sta chiedendo una risposta all’umanità e la chiede ad una donna, di un piccolissimo paese, sconosciuti fino ad allora. Maria si trova faccia a faccia con Dio e deve rispondere non solo a nome proprio (ovviamente), ma a nome del suo Popolo, a nome dell’intera umanità di ogni tempo. Come  è stato detto, Maria assume in questo momento una personalità corporativa.

(le citazioni seguenti da:
J. Ratzinger-Benedetto XVI –
“Maria Chiesa nascenteâ€
Ed. San Paolo-Cinisello Balsamo 1998)

“Dio richiede il  “sì†dell’uomo. Egli si è creato nell’uomo un interlocutore libero, ed ora ha bisogno della libertà della sua creatura, perché possa divenire realtà il suo regno, fondato non su un potere esteriore, ma sulla libertà. Bernardo di Chiaravalle in uno dei suoi Sermoni,  ha rappresentato questa attesa di Dio e dell’umanità:

“L’angelo attende la tua risposta, perché è ormai tempo di ritornare a colui che lo ha inviato… O Signora, dà quella risposta, che la terra, che gli inferi, anzi, che i cieli attendono. Come il Re e Signore di tutti desiderava vedere la tua bellezza, così egli desidera ardentemente la tua risposta affermativa… Perché esisti? Perché trepidi?... Ecco , colui che è atteso da tutte le genti bussa alla tua porta. Ahimé, se egli, per la tua esitazione, passasse oltre… Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!â€Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â  (op.cit., p. 76)

. o .

Lo stupore dei misteri nei quali si è venuta a trovare, e inconsapevolmente, esplodono in Lei nel “canto†del Magnificat. Certo Maria attendeva la salvezza come tutti in Israele, ma forse mai avrebbe sospettato che essa si sarebbe compiuta attraverso di lei.Veramente le sue parole  sono un cantico, nel senso che sono espressione della musicalità, dell’armonia della sua anima, dell’accordo di essa con Dio, della loro intima sintonia. “Musica silenziosaâ€, “Solitudine sonoraâ€, si troverà a scrivere più tardi un San Giovanni della Croce, e quanto si adattano bene a Maria, queste frasi!
Tutti i sentimenti  suscitati in Maria dagli eventi improvvisi che dirompono nella sua vita, si traducono nel suono della sua Parola orante, nell’ora dell’incontro con Elisabetta, sua parente. Sì: Parola Orante! Così la definirei. Qualcuno ha fatto osservare, e per la precisione è stato il p. R. Cantalemessa , che Maria non si sofferma a dialogare, a spiegare, a raccontare, la sua esperienza alle persone, pur care, che aveva intorno, anche quando parla loro direttamente."Maria non si attarda a rispondere al saluto di Elisabetta; non entra in dialogo con gli uomini, ma con Dio... Ella raccoglie la sua anima e la inabissa nell'infinito che è Dio"(p. 11- Il Mistero del Natale - R. Cantalamessa - Ancora -1999)

Le parole della fanciulla di Nazareth divengono un  “Innoâ€, in cui si evidenzia che la sua anima continuava il suo dialogo con Dio. Il  servizio agli altri, pur doveroso, non la distoglie dal clima di preghiera e di profondo raccoglimento in Dio, che credo ininterrotto in Lei. Il dialogo con Dio doveva esistere già prima, ma dal momento del ricevimento della sua Missione, quella di essere Madre del Messia, quel dialogo diventa più profondo, riverente familiarità con Dio, col quale condivide ormai gli stessi interessi. Il card. Ballestrero così descrive l’esultanza della Vergine Maria: “esultanza per la misericordia di Dio, per le meraviglie della sua opera, per la potenza del suo ministero, per la misericordia della sua grazia†(p. 20, op.cit.,  Ballestrero))

E’ vero che molti affermano che Maria ha usato formule già esistenti nella Sacra Scrittura, ma è anche vero che quelle frasi trovano solo in Lei la loro piena realizzazione, il loro vero compimento, dove l’attesa diventa storia, storia degli uomini , storia dove Dio viene ad abitare. Le parole di Maria non sono dunque, a mio parere, la ripetizione di un semplice formulario. Diligentemente, amorevolmente lei le riporta in luce, ed esse ricevono da Lei il loro pieno significato. Quelle frasi stavano nell’Antico Testamento perché Maria le riprendesse, per mostrare attraverso di loro “come Dio è Dio!†(s. 46, 11), come Dio attua le sue promesse di salvezza.

“La parola di Dio era divenuta la sua propria parola, e la sua propria parola si era unita con la parola di Dio: i confini erano caduti, perché la sua esistenza nella familiarità con la parola era ormai vita con lo Spirito Santo. “L’anima mia magnifica il Signoreâ€: non perché noi possiamo aggiungere qualcosa a Dio, commenta al riguardo Sant’Ambrogio, ma perché lo lasciamo divenire grande in noi. Magnificare il Signore, significa: voler far grande non se stessi, il proprio nome, il proprio io, allargarsi ed esigere spazio, ma dare spazio a Lui, perché Egli sia maggiormente presente nel mondoâ€

( p. 64 – J.R. –Benedetto XVI – op. cit.)



§ - Il “Sì†di Maria

 

Maria risponde: Sì all’angelo.

In latino la risposta di Maria suona con il termine: "Fiat". Però Maria non parlava latino, ci ricorda il p. Cantalemessa in una sua Omelia  del Natale 2008. Non può aver dato dunque né la risposta in latino né la risposta in greco. Nella fonte giudaica usata dall'evangelista San Luca la parola corrispondente, e che molto probabilmente Maria ha pronunciato è: Amen ! E questa parola la si ritrova anche sulla bocca di Gesù, da Lui usata più volte nella sua predicazione. Il termine  stà ad indicare che ci si sottomette alla volontà di Dio. Il termine viene di solito tradotto con: così è, o, così sia.

Dunque Maria è l’Immacolata, ma non lo sa. Però un giorno della storia, Dio glielo ha fatto sapere e gli evangelisti così parlano di quel giorno: “Quando venne la pienezza del tempo…â€, dunque quando venne questa “pienezza dei tempi†, Dio informa Maria di ciò che ha compiuto in lei e di quello che compirà ancora attraverso di lei. Alla visita dell’Angelo, Maria non capisce tutto subito, anche lei ha vissuto qui sulla terra, il pellegrinaggio della fede, ma crede, e questa sua profonda fede permette a Dio di operare le meraviglie già presenti da tempo nel suo cuore. Maria risponde all’angelo con un Sì pieno di fede.

 

 

 

 

 


 


§- Generare nella fede.

“Beata te che hai credutoâ€
Maria nella casa di Elisabetta e Zaccaria

 

 

Per Maria Vergine “ancor più che per Abramo, la fede deve manifestarsi ed esercitarsi su questioni molto concrete, molto corporee: credere che un corpo impossibilitato alla generazione possa essere vivificato e reso fecondo dallo Spirito. Quando lo Spirito discese su Maria, fu la prima pentecoste: discese su una creatura che lo ricevette integralmente: nella mente, nel cuore, nelle sue energie vitali, nel corpo…Dall’infanzia in poi , Maria verrà costantemente e duramente educata a una nuova forma di verginità, di generazione ex-Spiritu: allo scambio tra il Figlio-Gesù e il figlio-Giovanni che avverrà ai piedi della croce. Come il Padre non risparmia il Figlio ma lo consegna per gli altri estranei e i peccatori che sono chiamati a diventare figli, così Maria deve accettare la morte del Figlio, deve divenire Madre di coloro per i quali il Figlio è sacrificatoâ€

( p. 56- A. Sicari- op. cit. 24 ^ sett. Mariana Nazionale - Pietralba 1985)

Dalla  Enciclica Redemptoris Mater,  1987, di Giovanni Paolo II - leggiamo:

Al n.12- “Nel saluto di Elisabetta ogni parola è densa di significato e, tuttavia, ciò che si dice alla fine sembra esser di fondamentale importanza: «E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45). Queste parole si possono affiancare all'appellativo «piena di grazia» del saluto dell'angelo…

La pienezza di grazia, annunciata dall'angelo, significa il dono di Dio stesso; la fede di Maria, proclamata da Elisabetta nella visitazione, indica come la Vergine di Nazareth abbia risposto a questo dono.â€

E al n. 13 - “A Dio che rivela è dovuta "l'obbedienza della fede" (Rm 16,26); (Rm 1,5); (2 Cor 10,5); per la quale l'uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente», come insegna il Concilio. Questa descrizione della fede trovò una perfetta attuazione in Maria. Il momento «decisivo» fu l'annunciazione, e le stesse parole di Elisabetta: «E beata colei che ha creduto» si riferiscono in primo luogo proprio a questo momento. Nell'annunciazione, infatti, Maria si è abbandonata a Dio completamente, manifestando «l'obbedienza della fede» a colui che le parlava mediante il suo messaggero e prestando «il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà». Ha risposto, dunque, con tutto il suo «io» umano, femminile, ed in tale risposta di fede erano contenute una perfetta cooperazione con «la grazia di Dio che previene e soccorre» ed una perfetta disponibilità all'azione dello Spirito Santo, il quale «perfeziona continuamente la fede mediante i suoi doni … Il mistero dell'incarnazione si è compiuto quando Maria ha pronunciato il suo fiat «Avvenga di me quello che hai detto», rendendo possibile, per quanto spettava a lei nel disegno divino l'esaudimento del voto di suo Figlio. Maria ha pronunciato questo fiat mediante la fede. Mediante la fede si è abbandonata a Dio senza riserva ed «ha consacrato totalmente se stessa, quale ancella del Signore, alla persona e all'opera del Figlio suo» E questo figlio - come insegnano i Padri - l'ha concepito prima nella mente che nel grembo: proprio mediante la fede! Giustamente, dunque, Elisabetta loda Maria: «E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore». Queste parole si sono già compiute: Maria di Nazareth si presenta sulla soglia della casa di Elisabetta e di Zaccaria come Madre del Figlio di Dio. È la scoperta gioiosa di Elisabetta: «La madre del mio Signore viene a me â€! 

Il n. 14 lo riportiamo tutto: “ Pertanto, anche la fede di Maria può essere paragonata a quella di Abramo, chiamato dall'Apostolo «il nostro padre nella fede» (Rm 4,12). Nell'economia salvifica della rivelazione divina la fede di Abramo costituisce l'inizio dell'Antica Alleanza; la fede di Maria nell'annunciazione dà inizio alla Nuova Alleanza. Come Abramo «ebbe fede sperando contro ogni speranza che sarebbe diventato padre di molti popoli» (Rm 4,18), così Maria, al momento dell'annunciazione, dopo aver indicato la sua condizione di vergine («Come avverrà questo? Non conosco uomo»), credette che per la potenza dell'Altissimo, per opera dello Spirito Santo, sarebbe diventata la Madre del Figlio di Dio secondo la rivelazione dell'angelo:. «Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Tuttavia le parole di Elisabetta: «E beata colei che ha creduto» non si applicano solo a quel particolare momento dell'annunciazione. Certamente questa rappresenta il momento culminante della fede di Maria in attesa di Cristo, ma è anche il punto di partenza, da cui inizia tutto il suo «itinerario verso Dio», tutto il suo cammino di fede. E su questa via, in modo eminente e davvero eroico - anzi con un sempre maggiore eroismo di fede - si attuerà l'«obbedienza» da lei professata alla parola della divina rivelazione. E questa «obbedienza della fede» da parte di Maria durante tutto il suo cammino avrà sorprendenti analogie con la fede di Abramo. Come il patriarca del popolo di Dio, così anche Maria, lungo il cammino del suo fiat filiale e materno, «ebbe fede sperando contro ogni speranza». Specialmente lungo alcune tappe di questa via la benedizione concessa a «colei che ha creduto», si rivelerà con particolare evidenza. Credere vuol dire «abbandonarsi» alla verità stessa della parola del Dio vivo, sapendo e riconoscendo umilmente «quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie» (Rm 11,33). Maria, che per l'eterna volontà dell'Altissimo si è trovata, si può dire, al centro stesso di quelle «inaccessibili vie» e di quegli «imperscrutabili giudizi» di Dio, vi si conforma nella penombra della fede, accettando pienamente e con cuore aperto tutto ciò che è disposto nel disegno divino.

n. 17 – “Sin dal momento dell'annunciazione, la mente della Vergine-Madre è stata introdotta nella radicale «novità» dell'autorivelazione di Dio e resa consapevole del mistero. Ella è la prima di quei «piccoli», dei quali Gesù dirà un giorno: «Padre, ... hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25). Infatti, «nessuno conosce il Figlio se non il Padre» (Mt 11,27). Come può dunque «conoscere il Figlio» Maria? Certamente, non lo conosce come il Padre; eppure, è la prima tra coloro ai quali il Padre «l'ha voluto rivelare» (Mt 11,26); (1Cor 2,11). Se però sin dal momento dell'annunciazione le è stato rivelato il Figlio, che solo il Padre conosce completamente, come colui che lo genera nell'eterno «oggi» (Sal 2,7), Maria, la Madre, è in contatto con la verità del suo Figlio solo nella fede mediante la fede! È dunque beata, perché «ha creduto», e crede ogni giorno tra tutte le prove e contrarietà del periodo dell'infanzia di Gesù e poi durante gli anni della vita nascosta a Nazareth, dove egli «stava loro sottomesso» (Lc 2,51): sottomesso a Maria e anche a Giuseppe, perché questi faceva le veci del padre davanti agli uomini; onde lo stesso figlio di Maria era ritenuto dalla gente «il figlio del carpentiere» (Mt 13,55). La madre di quel Figlio, dunque, memore di quanto le è stato detto nell'annunciazione e negli avvenimenti successivi, porta in sé la radicale «novità» della fede: l'inizio della Nuova Alleanza. È questo l'inizio del Vangelo, ossia della buona, lieta novella. Non è difficile, però, notare in questo inizio una particolare fatica del cuore, unita a una sorta di «notte della fede» - per usare le parole di san Giovanni della Croce -, quasi un «velo» attraverso il quale bisogna accostarsi all'Invisibile e vivere nell'intimità col mistero. È infatti in questo modo che Maria, per molti anni, rimase nell'intimità col mistero del suo Figlio, e avanzava nel suo itinerario di fede, man mano che Gesù «cresceva in sapienza... e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). Sempre di più si manifestava agli occhi degli uomini la predilezione che Dio aveva per lui. La prima tra queste creature umane ammesse alla scoperta di Cristo era Maria, che con Giuseppe viveva nella stessa casa a Nazareth. Tuttavia, quando, dopo il ritrovamento nel tempio, alla domanda della madre: «Perché ci hai fatto così?», il dodicenne Gesù rispose: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?», l'evangelista aggiunge: «Ma essi (Giuseppe e Maria) non compresero le sue parole» (Lc 2,48). Dunque, Gesù aveva la consapevolezza che «solo il Padre conosce il Figlio» (Mt 11,27), tanto che persino colei, alla quale era stato rivelato più a fondo il mistero della filiazione divina, la madre, viveva nell'intimità con questo mistero solo mediante la fede! Trovandosi a fianco del Figlio, sotto lo stesso tetto e «serbando fedelmente la sua unione col Figlio», ella «avanzava nella peregrinazione della fede», come sottolinea il Concilio. E così fu anche durante la vita pubblica di Cristo (Mc 3,21) onde di giorno in giorno si adempiva in lei la benedizione pronunciata da Elisabetta nella visitazione: «Beata colei che ha creduto».

n. 18.- “ Tale benedizione raggiunge la pienezza del suo significato, quando Maria sta sotto la Croce di suo Figlio (Gv 19,25). Il Concilio afferma che ciò avvenne «non senza un disegno divino»: «Soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata», in questo modo Maria «serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla Croce»: l'unione mediante la fede, la stessa fede con la quale aveva accolto la rivelazione dell'angelo al momento dell'annunciazione. Allora si era anche sentita dire: «Sarà grande..., il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre..., regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,32). Ed ecco, stando ai piedi della Croce, Maria è testimone, umanamente parlando, della completa smentita di queste parole. Il suo Figlio agonizza su quel legno come un condannato. «Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori...; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima»: quasi distrutto (Is 53,3). Quanto grande, quanto eroica è allora l'obbedienza della fede dimostrata da Maria di fronte agli «imperscrutabili giudizi» di Dio! Come «si abbandona a Dio» senza riserve, «prestando il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà» a colui, le cui «vie sono inaccessibili» (Rm 11,33). Ed insieme quanto potente è l'azione della grazia nella sua anima, come penetrante è l'influsso dello Spirito Santo, della sua luce e della sua virtù! Mediante questa fede Maria è perfettamente unita a Cristo nella sua spoliazione. Infatti, «Gesù Cristo, ... pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini»: proprio sul Golgota «umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce» (Fil 2,5). Ai piedi della Croce Maria partecipa mediante la fede allo sconvolgente mistero di questa spoliazione. È questa forse la più profonda «kenosi» della fede nella storia dell'umanità. Mediante la fede la madre partecipa alla morte del Figlio, alla sua morte redentrice; ma, a differenza di quella dei discepoli che fuggivano, era una fede ben più illuminata. Sul Golgota Gesù mediante la Croce ha confermato definitivamente di essere il «segno di contraddizione», predetto da Simeone. Nello stesso tempo, là si sono adempiute le parole da lui rivolte a Maria: «E anche a te una spada trafiggerà l'anima».

n. 19.- “ Sì, veramente «beata colei che ha creduto»! Queste parole, pronunciate da Elisabetta dopo l'annunciazione, qui, ai piedi della Croce, sembrano echeggiare con suprema eloquenza, e la potenza in esse racchiusa diventa penetrante. Dalla Croce, come a dire dal cuore stesso del mistero della redenzione, si estende il raggio e si dilata la prospettiva di quella benedizione di fede. Essa risale «fino all'inizio» e, come partecipazione al sacrificio di Cristo, nuovo Adamo, diventa, in certo senso, il contrappeso della disobbedienza e dell'incredulità, presenti nel peccato dei progenitori. Così insegnano i Padri della Chiesa e specialmente sant'Ireneo, citato dalla costituzione Lumen Gentium: «Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità la vergine Maria sciolse con la fede». Alla luce di questo paragone con Eva i Padri - come ricorda ancora il Concilio--chiamano Maria «madre dei viventi» e affermano spesso: «La morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria». A ragione, dunque, nell'espressione «Beata colei che ha creduto» possiamo trovare quasi una chiave che ci schiude l'intima realtà di Maria: di colei che l'angelo ha salutato come «piena di grazia». Se come «piena di grazia» ella è stata eternamente presente nel mistero di Cristo, mediante la fede ne divenne partecipe in tutta l'estensione del suo itinerario terreno: «avanzò nella peregrinazione della fede», ed al tempo stesso, in modo discreto ma diretto ed efficace, rendeva presente agli uomini il mistero di Cristo. E ancora continua a farlo. E mediante il mistero di Cristo anch'ella è presente tra gli uomini. Così mediante il mistero del Figlio si chiarisce anche il mistero della Madre.â€

 

 

(Fine prima parte)

- continua -

 

 

 

 

 

 

 
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