L’incontro con la vita di un cristiano vero: Léon Bloy
“Il 25 giugno 1905 due ragazzi di vent’anni salivano la scala eterna che sale fino al Sacro Cuore. Portavano in se quell’angoscia che è il solo prodotto serio della cultura moderna, e una specie di disperazione attiva rischiarata soltanto, essi non sapevano perché, dall’assicurazione interiore che la Verità di cui avevano fame, e senza la quale era quasi impossibile per loro accettare la vita, un giorno sarebbe stata svelata. Una specie di morale estetica li sosteneva debolmente, di cui l’idea del suicidio sembrava offrire l’unica uscita – dopo qualche esperienza da tentare, senza dubbio troppo bella per riuscire. – nel frattempo essi si purificavano lo spirito, grazie a Bergson, dalle superstizioni scientiste di cui la Sorbona li aveva nutriti, ma sapendo bene che l’intuizione bergsoniana non era che un troppo inconsistente rifugio contro il nichilismo intellettuale logicamente rimorchiato da tutte le filosofie moderne. Essi consideravano la Chiesa, nascosta ai loro sguardi da inetti pregiudizi e dalle apparenze di molte persone ben pensanti, come il rifugio dei potenti e dei ricchi, l’interesse dei quali sarebbe stato di mantenere negli animi le “tenebre del medioevo”.
“Essi andavano verso uno strano mendicante che, disprezzando ogni filosofia, gridava ai quattro venti la verità divina e, cattolico integralmente obbediente, condannava il suo tempo e coloro che hanno la loro consolazione quaggiù, con più libertà di tutti i rivoluzionari del mondo. Essi avevano molta paura di ciò che dovevano incontrare, non avevano ancora frequentato dei geni letterari ed era ben altra cosa che andavano a cercare. Non un’ombra di curiosità era in essi, ma il sentimento più adatto a riempire l’anima di gravità: la compassione per la grandezza senza difesa.
“Attraversarono un giardinetto d’altri tempi, poi entrarono in un’umile casa dai muri ornati di libri e di belle immagini e si incontrarono da principio con una specie di grande bontà bianca la cui tranquilla nobiltà impressionava e che era la signora Bloy; le due figliole, Véronique e Madeleine, li guardavano con i loro grandi occhi sgranati. Léon Bloy sembrava quasi timido, parlava poco ed a voce bassa, cercando di dire ai suoi giovani visitatori qualche cosa di importante che non li deludesse. Ciò che egli scopriva loro non può essere raccontato: la tenerezza della fraternità cristiana, e quella sorta di tremito di misericordia e di timore che colpisce davanti ad un’anima, un’anima segnata dall’amore di Dio. Bloy ci appariva il contrario degli altri uomini, che nascondono lacune gravi nelle cose dello spirito e tanti delitti invisibili sotto l’imbiancatura accurata delle virtù di socievolezza. In luogo di essere un sepolcro imbiancato, come i farisei di ogni tempo, era una cattedrale annerita. Il bianco era al di dentro, in seno al Tabernacolo.
“Superata la porta della sua casa, tutti i valori erano spostati, come per una molla invisibile. Si sapeva o si indovinava che non vi è che una tristezza, quella di non essere santi. E tutto il resto diveniva crepuscolare.
“in un momento in cui nulla ci dava speranza, avevamo dato fiducia all’ignoto (che noi pensavamo senza maiuscola), avevamo deciso di far credito all’esistenza, nella speranza che essa ci avesse rivelato de valori nuovi, capaci di dare un senso alla vita, ed ecco ciò che la vita ci recava! Bergson prima, e poi Léon Bloy. Bergson che si incamminava a tastoni verso uno scopo ancora lontano, ma la cui luce ci raggiungeva già, lui e noi, a nostra insaputa, come i raggi di una stella attraverso il deserto di cieli inimmaginabili. Léon Bloy, che viveva da lunghi anni unito al suo Dio attraverso un indistruttibile amore che egli sapeva essere eterno nella sua essenza. La vita lo portava alla nostra riva come un tesoro leggendario, immenso , misterioso.
“Tuttavia non ci sentivamo estranei nella casa di Léon Bloy; passavamo dai suoi libri alla sua vita senza sbalzi. Tutto qui era come l’aveva descritto: vera la povertà, vera la Fede, vera l’eroica indipendenza. E lui e sua moglie, di colpo, ci avevano adottati.
“Ridiscendemmo da via de la Barre e dal Sacro Cuore, arricchiti d’una amicizia singolare così dolce da parte di quell’uomo violento, che da quel primo giorno del nostro incontro ogni timore ci aveva abbandonati, che il nostro rispetto si fece audace e familiare come quello dei bambini che si sentono amati.
“Naturalmente avendo visto Léon Bloy non si poteva più arrestarsi all’ammirazione letteraria nei suoi riguardi, né ad una pura compassione attiva. Bisognava andare più lontano, considerare i principi, le sorgenti, i motivi di una tale vita. Questa volta il problema di Dio era posto ed in tutta la sua forza, in tutta la sua urgenza.