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Spiritualità carmelitana - Febbraio 2012
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Febbraio

 

(Gesù non è l’Uomo degli Altri, ma fondamentalmente Egli è l’Uomo per il Padre)

 

L’uso del tempo

La nostra vita, breve o lunga che sia, nell’eternità avrà una dimensione intimamente connessa con l’uso che avremo fatto del tempo. Se il nostro tempo sarà stato tutto di Dio, la nostra vita sarà tutta di Dio... Perciò, dovremo avere la grande, la suprema preoccupazione di dare il tempo a Dio, di spenderlo per la sua gloria, come ha fatto Gesù per il Padre suo, essendo quaggiù Verbo Incarnato. Dovremo studiare come Gesù ha speso il suo tempo dal momento della sua incarnazione fino all’ascensione al cielo, cioè tutto il periodo temporale della sua vita. “Io mi devo occupare delle cose del Padre mio” (Lc 2,49). Egli si è sempre ricondotto a questo principio, e i diritti del Padre e le cose del Padre sono passate su tutto e su tutti, valiccando ogni diritto, anche quelli della Madre. Gesù ha speso il suo tempo per il Padre. Durante i trent’anni della sua vita silenziosa e nascosta poteva essere giudicato come qualcuno che perdeva il suo tempo, perchè non lo dedicava ai successi umani; ma egli glorificava il Padre: “io mi devo occupare di quanto riguarda il Padre mio”.

“Cristo , ieri, oggi e nei secoli” (Eb 13,8).  E’ Lui la novità e il tempo assume da Lui il suo significato; è Lui che lo vivifica. Da quando Gesù si è incarnato il tempo è più che mai il sacramento della presenza di Cristo nella vita dell’uomo. Il Signore passando nella nostra vita, ci trovi a sua volta presenti e capaci di accompagnarci con Lui per la strada che, illuminata dalla sua presenza, non ha sera; che illuminata dalla sua luce, non ha tramondo. Passa il tempo, ma non passiamo noi; passa il tempo, ma non passa Dio, anzi il passare del tempo è il ritmo di questo venire di Dio verso di noi e di questo nostro andare verso di Lui, fino a quanto tutto riposerà nell’incontro consumato dell’eternità. Fino a quando non giungerà quell’ora, siamo qui, aspettando il Signore ed il Signore è qui, aspettando noi. Questo reciproco aspettarci dà contenuto  alla storia del mondo, alla storia di ogni nazione, alla storia della Chiesa, alla vita di ciascuno di noi.




Una mistica francese del 1800 scriveva, la Preghiera dell’attesa: “Ti attendo, Signore, e aspettandoti attenderò. Aspettarti sarà la consolazione della mia attesa. E sarà eterna gioia di averti aspettato poichè un giorno Tu sarai venuto”- “Come sarà bello il giorno in cui  il Signore si mostrerà! Ci ricorderemo allora delle nostre tenebre e delle nostre privazioni? No credo.... Anticipiamo con la fede, la speranza e la forza dell’amore, questo stato futuro, dimenticando la sofferenza dei giorni fuggitivi, col pensiero che ciò che passa è nulla, che Dio solo è tutto...”






 
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