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L'angelo delle paludi - a fumetti
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L'angelo delle paludi - a fumetti
La fatica
La Comunione
L'Insidia
Come avvenne
L'Agonia
L'Assassino
Nettuno
Canonizzazione
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 Le Ferriere, provincia di Latina/Italia - nei pressi di Nettuno e Anzio



L'ARRIVO


Cascina del Martirio di Maria Goretti, alle Ferriere. E' divenuta luogo di pellegrinaggio e preghiera. Quelle mura racchiudono i suoi segreti e la sua storia e ci invitano alla meditazione. -  Maria morì a Nettuno il 6 luglio 1902 dopo essere stata pugnalata in questa casa.





 

Questo è Corinaldo, cittadina in provincia di Ancona, dove è nata Maria Goretti

il 16 ottobre 1890







 






Fin dall'infanzia, Maria era devota della Santissima Vergine e, visitava spesso la chiesetta campestre della Madonna detta dell'Incancellata, in località "Pozzo Antico" a Corinaldo.







La famiglia Goretti lascia il paese natio, il 12 dicembre 1896 per dirigersi verso le paluti pontine, in cerca di un lavoro più redditizio. Si sistemano prima nei pressi di Paliano, poi  si spostano ancora, e vanno verso la costa, a Le Ferriere di Conca a 10 Km da Nettuno.



A febbraio 1899

























LA FATICA




A Ferriere la famiglia Goretti va ad abitare in un  casolare detto "Cascina antica". Con loro viveva anche la famiglia Serenelli, alla quale erano legati per motivi di lavoro, già dai tempi di Paliano.
















In questo luogo la vita fu molto dura per tutta la famiglia. Il lavoro continuo in un luogo dal clima malsano, era infatti una zona di paludi dove imperversava la malaria. Non c'era neppure nessuna assistenza né medica né, tanto meno,  religiosa.









 



La malaria colpisce Luigi, e muore il 6 maggio 1900, appena quattordici mesi dal loro arrivo a Le Ferriere. Era diventato padre nuovamente da appena tre mesi, di una bimba di nome Teresa.              

                                                    

 
 


















          

 

          






Comprendendo il grave peso caduto sulle spalle della Mamma, Maria cercava di infonderle coraggio, ricordandole spesso la bontà della divina Provvidenza.Maria si rendeva disponibile anche per la cura delle faccende domestiche e dei fratellini, non tralasciando di insegnar loro anche le preghiere. La mamma era invece impegnata tutto il giorno a lavorare nei campi. Maria aveva allora nove anni.


















LA COMUNIONE




 



Nonostante le sue molte occupazioni, Maria si recò per circa un anno, a Conca, per imparare il catechismo per essere ammessa alla Prima comunione, e non sapendo leggere, doveva imparare tutto a memoria.
 

La sua Prima comunione avviene il 16 giugno 1901. Aveva già ricevuto la Cresima, nel paese natale di Corinaldo, all'età di 6 anni, preparata dalla Madre

Quando Maria si recava a Nettuno, nei giorni di mercato,
non tralasciava mai di far visita al
Santissimo Sacramento al Santuario della Madonna delle Grazie,
retto dai Padri Passionisti


 

 
 Un commerciante di Conca, testimoniò che: "La fanciulla non dava confidenza a nessuno, non si associava per strada alle altre ragazze, nessuno poté mai farle un appunto, ma tutti invidiavano sua madre perché aveva una figlia così buona!"

Maria era con tutti sincera e leale; non fu mai intesa dire bugie. Raggiunse l'età dell'adolescenza senza aver mai dato motivo a critiche o lagnanze a suo riguardo. Possedeva un bagaglio di educazione e conoscenze religiose sufficienti per farle capire la differenza tra bene e male e il dovere cristiano di scegliere sempre il bene, ed evitare il male. Questa sua formazione semplice sì, ma solida, le dava l'opportunità di formulare dei  buoni propositi e la grazia di Dio faceva il resto. Tutto questo si rileva dai processi canonici. Inoltre il primo insegnamento cristiano lo ricevette dalla famiglia e dal loro buon esempio e seguendone le orme Maria diventò presto matura. La sua mamma era una donna del popolo, analfabeta, ma dotata di buon senso e così racconta di sua figlia: "Maria era desiderosa di imparare le cose della fede e più volte mi ha chiesto di parlare in proposito".






















L'INSIDIA







Alessandro, il figlio ventenne dei Serenelli, mezzadri insieme ai Goretti, insidiava la fanciulla, la quale lo respingeva sempre. I Serenelli vivevano nello stesso casolare. Le insidie per Maria vennero, dunque, dal circondario del suo focolare domestico!

Alessandro era un giovanotto pronto a partire per il servizio militare, pieno di vita, robusto e privo della guida materna, in balìa della sue passioni. Le sue insidie verso Maria, furono ripetute. Sentiamo le stesse parole del giovane al processo di beatificazione di Maria: " Io coabitavo con la famiglia Goretti e per ben due volte nel mese di giugno tentai di indurla alle mie voglie. E' Vero che circa un anno prima feci a Maria una prima proposta... alla quale non volle acconsentire. Io fin dalla prima volta ingiunsi alla ragazza di non dir nulla alla madre, e glielo dissi con forma severa, sicché ne rimase intimorita. Io non deposi mai il desiderio di raggiungere i miei intenti e dopo il secondo tentativo nella mia mente si formò il proposito di ucciderla se avesse continuato ad opporsi alle mie voglie". Da allora Maria fece l'impossibile per non rimanere sola in casa, senza che nessuno ne intuisse il dramma. Il particolare non sfuggì ad Alessandro: "Marietta cercava di non star sola con me ed io lo rilevai bene. Mi accorsi pure che cercava di schivarmi, ella poi aveva intensificato le sue preghiere. Tante volte io l'ho sentita chiedere alla mamma che le permettesse di andare ai sacramenti". Spesse volte l'atteggiamento di Maria suscitò incomprensioni.




Ci fu una frase sussurrata all'amica Teresa Cimarelli, tradisce il dramma che stava vivendo: "Teresa andiamo domani a Campomorto? non vedo  l'ora di fare la Comunione!". Ma quel domani fu il giorno del suo assassinio e l'inizio della sua passione.

Alessandro aveva assunto un contegno sempre più ostile verso la fanciulla. La madre così depose: "Un mese circa prima dell'assassinio, Alessandro si mostrava spesso aspro verso Maria dandole ordini gravosi con animo, si vedeva, di farle dispetto. Non gli andava più bene niente di quello che ella faceva. Maria faceva lo stesso le faccende ordinate di nuovo da lui, pur facendo le giuste rimostranze qualche volta a voce, qualche volta col pianto, tanto che io più volte dovevo confortarla dicendole: porta pazienza, tanto tra poco andrà a fare il soldato"




















COME AVVENNE






Durante un pomeriggio i Goretti e i Serenelli erano intenti sull'aia alla battitura del favino.

 

Ecco il racconto dello stesso Alessandro: « Il 5 luglio io ero risoluto a ritornare al terzo assalto e verso le ore 15,00 mentre io stavo sul carro triturando le fave nell'aia, vedendo Maria sul pianerottolo, intenta a rattoppare la mia camicia che avevo dato alla mamma, pensai che era quello il momento opportuno per attuare il mio disegno. Scesi dal carro, pregai la mamma di sostituirmi ed io mi recai in casa...














 




Solo Maria era rimasta in casa, seduta sul pianerottolo della scala esterna. Rammendava una camicia di Alessandro. Controllando, nel contempo, la sorellina Teresa, che le dormiva accanto su una coperta.

Prosegue il suo racconto Alessandro: "... Passai davanti a Maria senza dir nulla e andai in una camera dove vi era una cassetta di ferri vecchi per prendervi un'arma, trovai un punteruolo... lo presi... ciò fatto mi accostai a Maria, la invitai ad entrare dentro casa. Ella non rispose, né si mosse. Allora l'acciuffai quasi brutalmente per un braccio e, facendo ella resistenza, la trascinai dentro la cucina. Ella intuì che io volevo ripetere l'attentato delle due volte precedenti e mi diceva: "No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all'inferno".

Io allora vedendo che non voleva assolutamente accondiscendere alle mie brutali voglie, andai su tutte le furie e, preso il punteruolo, cominciai a colpirla... In quel momento io capivo bene che volevo compiere un'azione contro la legge di Dio e che volevo indurre Maria al mio peccato e appunto l'uccidevo perchè si opponeva. Ella ripeteva: "Che fai Alessandro tu vai all'inferno". Nel momento che vibravo i colpi, non solo si dimenava per difendersi, ma invocava ripetutamente il nome della madre e gridava: "Dio, Dio, io muoio! Mamma, Mamma". Io ricordo di aver visto del sangue anche sulle sue vesti e di averla lasciata mentre ella ancora si dimenava, però capivo bene che l'avevo colpita mortalmente. Buttai l'arma dentro il cassone e mi ritirai nella mia camera, mi chiusi dentro e mi buttai sul letto». Tre anni dopo, Alessandro completò nel processo Apostolico la sua deposizione che aveva fatto ad Albano nel processo Ordinario. Ecco come riferì le parole di Maria al momento del martirio: «Dio non vuole queste cose, tu vai all'inferno. Sì, sì, Dio non vuole queste cose, tu vai all'inferno!».




































L'AGONIA



Fu chiamata la Croce Rossa, allora era un carro trainato da cavalli, che arrivò a Nettuno alle otto di sera. Mentre adagiata sulla barella Maria veniva portata sul mezzo di soccorso, la gente al suo passaggio si toglieva il cappello in segno di saluto e rispetto





I Carabinieti che arrestarono Alessandro riuscirono a stento a sottrarlo alla folla inferocita, perchè la notizia si era già sparsa per tutte le paludi pontine.

Intanto mentre si aspettava l'apertura della sala operatoria, il cappellano dell'ospedale confessò Marietta.

Le condizioni della piccola non permisero l'anestesia, però nonostante le cure dei medici, la setticemia proseguiva il suo corso, e la febbre divenne altissima. I medici la trovarono colpita
all'addome, al torace, e l'autopsia rivelò anche ferite al cuore. Nonostante tutto questo, i medici attestarono che Maria conservò sempre lucide le sue facoltà mentali.

Imitando Gesù, Maria perdonò il suo assassino. Pare che una prima volta l'avesse perdonato per suggerimento della mamma, nelle lunghe ore di attesa sul letto di famiglia, prima che venisse trasportata all'ospedale. Poi le fu esplicitamente posta la domanda dal parroco Temistocle Signori che le chiese se era pronta a  perdonare Alessandro per amore di Gesù. La risposta non si fece attendere, seppur con quel filo di voce che le rimaneva: «Sì per amore di Gesù gli perdono, e voglio che venga con me in Paradiso». La stessa mattina Alessandro con il treno venne condotto a Roma nel carcere Regina Coeli. Particolare significativo: il convoglio passò davanti all'ospedale Orsenigo mentre la Goretti lo stava perdonando. Accanto al perdono di Maria va ricordato anche quello della madre, la quale, appena fu pronunziata la sentenza di condanna per Alessandro, fu interpellata dal Presidente del Tribunale: «Signora Assunta Goretti, perdonate voi all'uccisore di vostra figlia?» «Per conto mio - rispose Assunta - sì, gli perdono di cuore, signor Presidente». Tra la folla si udì un brusìo confuso. Qualcuno disse: Io non gli perdonerei!». Ma la coraggiosa donna osservò: «E se neppure Gesù Cristo perdonasse a noi?»...






Prima di morire, la fanciulla venne iscritta tra le "Figlie di Maria", e le fu consegnata la relativa medaglietta, che non finiva più di baciare.  Dopo aver perso più volte conoscernza, Maria muore. Era il 6 luglio 1902, aveva poco più di 11 anni e mezzo.






















Cosa ne è di Alessandro Serenelli, l'assassino di Maria Goretti?



Dopo sei anni di carcere, Alessandro sul punto di disperarsi, vede in sogno Maria, circondata

da gigli, che gli sorride. Egli stesso  racconta che nella cella del carcere a Noto gli apparve in sogno Marietta tutta vestita di bianco che raccoglieva dei gigli in un giardino e glieli porgeva. Al momento della consegna i gigli si trasformavano in tanti lumicini accesi. Poi disparve, fu l'unica volta che la sognò. Per il giovane fu la fine della disperazione e l'inizio della conversione. Allora si ravvide, si pentì del suo passato. Un'altra tappa della sua conversione fu il colloquio che ebbe nel carcere di Noto con il Vescovo della città Mons. Blandini. Il 10 novembre 1910 il Serenelli in una lettera inviata allo stesso prelato riconobbe la gravità del suo gesto e il proposito di riscattarsi; in seguito a quella lettera si confessò. Dopo 27 anni di detenzione fu graziato per buona condotta e quando uscì dal carcere di Alghero, nel 1929 aveva 47 anni, era un altro Alessandro. Ne visse altri 42 fuori, fu un lavoratore esemplare e un cristiano praticante. Visse il suo ruolo di ex carcerato pensando sempre a Dio. Sopportò umiliazioni e malintesi, più volte fu indiziato solo perché si chiamava Serenelli. Di lui va ricordato un episodio edificante.


Nel 1937 si recò a Corinaldo col proposito di chiedere perdono del delitto a mamma Assunta ed alla famiglia Goretti. Si gettò in ginocchio e nella commozione riuscì appena a balbettare: «Assunta perdonatemi». La madre della Martire esclamò: «Eh, vi ha perdonato lei, vi ha perdonato Iddio...! Vi perdono anch'io». E gli gettò le braccia al collo. Fu allora che si avviarono in chiesa a ricevere la Comunione, l'uno a fianco dell'altra. La chiesa era affollatissima di gente.
Era la notte di Natale del 1937.

Il desiderio di riscattarsi divenne il programma della sua vita. La ricerca di Dio nel silenzio e nella preghiera suggerì ad Alessandro l'idea del chiostro. Fu accolto dai Capuccini di Ascoli. «Non era un frate - dichiarò un religioso - ma visse tra di noi come un vero figlio di S. Francesco». Il 15 gennaio 1970, mentre si recava in chiesa per assistere alla S. Messa, cadde e si fratturò una gamba. Morì il 6 maggio 1970 all'età di 89 anni. Nel giorno e nel mese in cui settanta anni prima morì anche Luigi Goretti. Tra gli effetti personali, il P Urbano cappuccino trovò una lettera sigillata che conteneva uno scritto datato 5 maggio 1961. È il suo testamento spirituale, eccolo:

«Sono vecchio di quasi 80 anni, prossimo a chiudere la mia giornata. Dando uno sguardo al passato, riconosco che nella mia giovinezza infilai una falsa strada, la via del male che mi condusse alla rovina.

Vedevo attraverso la stampa, gli spettacoli ed i cattivi esempi, che la maggior parte dei giovani segue quella via, senza darsi pensiero ed io pure non mi preoccupai. Persone credenti e praticanti le avevo vicino a me, ma non ci badavo, accecato da una forza bruta che mi sospingeva verso una cattiva strada. A 20 anni consumai il delitto passionale, del quale oggi inorridisco al solo ricordo.

Maria Goretti, ora santa, fu l'Angelo buono che la Provvidenza aveva messo dinanzi ai miei passi per salvarmi. Ho impresse ancora nel cuore le sue parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me ed intercedette per il suo uccisore. Seguirono 30 anni di prigione, se non fossi stato minorenne sarei stato condannato a vita. Accettai la sentenza meritata, rassegnato espiai la mia colpa. La piccola Maria fu veramente la mia luce, la mia protettrice: con il suo aiuto mi portai bene nei 27 anni di carcere e cercai di vivere onestamente, quando la società mi accettò tra i suoi membri. I figli di san Francesco, minori Cappuccini delle Marche, con carità serafica mi hanno accolto tra di loro non come servo ma come fratello e con loro convivo da 24 anni. Ora aspetto sereno il momento di essere ammesso alla visione di Dio, di riabbracciare i miei cari, di essere vicino al mio angelo protettore ed alla sua cara mamma Assunta. Coloro che leggeranno questa mia lettera vogliano trarre il felice insegnamento di fuggire il male, seguire il bene sempre. Fin da fanciulli pensino che la religione con i suoi precetti non è una cosa di cui si può fare a meno ma è il vero conforto, l'unica via sicura in tutte le circostanze anche le più dolorose della vita. Pace e bene».























A NETTUNO










 
Nel 1929 i resti mortali di Maria Goretti vengono trasportati solennemente dal cimitero di Nettuno al Santuario della Madonna delle Grazie, dei Padri Passionisti.






  
 Appena 2 anni dopo la sua morte venne eretto un monumento in suo onore nel Santuario della Madonna delle Grazie
 il 27 aprile 1947 fu dichiarata Beata
Miracoli e fatti straordinari avvennero per sua intercessione





                   E questo è il Santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno


















CANONIZZAZIONE





La canonizzazione avvenne il 24 maggio 1950, durante l' Anno Santo, tre anni appena dopo la beatificazione: ad essa assistettero anche mamma Assunta e i suoi figli. La cerimonia fu celebrata all'aperto, in piazza San Pietro, a causa dell'immensa folla di devoti convenuti da ogni parte del mondo. E il 6 luglio, data della sua morte, è stata decretata  festa liturgica di Santa Maria Goretti.










La santità di Maria Goretti fiorisce in una famiglia dalla solida fede cristiana, corroborata dal santo timore di offendere Dio. Ma la santità di Maria ne genera altre... Non solo Maria si rende capace di perdonare il suo uccisore, nonostante le atroci sofferenze provocate dalle sue pugnalate, ma anche la mamma sà perdonare, e anche l'assassino riesce a pentirsi, a convertirsi e a fare una vita devota per il resto della sua vita. Quanto è stata grande la fede di questa fanciulla, il suo coraggio, e di conseguenza la sua santità ... peccato davvero che la cultura moderna non sappia ancora riconoscere il valore della verginità!






Leggi anche: Riflessioni su Maria Goretti



















 
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