Pagina 2 di 4 Il Credo di un insegnante di Filosofia “ Professione di Fede Solo l’Essere è. Per sé, non è reale che l’Essere. ♣ Ciò che fu, non è; ♣ ciò che sarà, non è; ♣ ciò che è, ma può cessare d’essere, è e non è; ♣ ciò che resterà sempre possibile, non è mai stato né mai sarà. L’Essere è, non diviene. Ciò che è per sé, cosa può diventare che già non sia? Oltre l’Essere non si dà che il nulla totale. L’Essere è uno, semplice, immoltiplicabile: ogni differenza, ad Esso estranea sotto ogni aspetto, coincide col nulla; ogni differenza, ad Esso immanente, lo renderebbe contraddittorio, sì da annullarLo. L’Essere è infinito, onniperfetto. Cosa può mancare all’Atto che costituisce e riassume ogni perfezione, quando è puro, sussistente, tutto in sé, come l’Essere? Dunque, è il sommo Intelligibile, l’ottimo Desiderabile; comprende tutto il finito, fonda ogni possibile privazione d’essere e di unità, di verità e di bene, in ogni ordine del reale. La sua priorità è assoluta; universale e irresistibile è la sua influenza, immancabile il suo trionfo: è Primo ed ultimo, perché tutto contiene e su tutto ha ragione. L’Essere è necessario, non potendo non essere; nel caso, sarebbe indifferente ad essere, cioè a se stesso, contraddicendosi al punto da rappresentare il peggiore di tutti gli assurdi immaginabili. Dunque, non ha mai cominciato, ossia non è stato, mai in potenza rispetto a se stesso; per cui è eterno,in derivato, autonomo, ragione di Sé, principio d’ogni ente: reale e di ragione, attuale e possibile, sue partecipazioni finite degradanti dalle vette della “persona” al nulla radicale, assolutamente impensabile. L’Essere è Sintesi: tutto in Sé, di Sé, per Sé, è Autocoscienza perfetta, Libertà assoluta, Personalità infinita, supremo TU, origine d’ogni rapporto intersoggettivo, fondamento d’ogni reciprocità di coscienza e di amore. ♥ ♥ ♥ Che Egli si degni entrare in comunione col mondo umano e si faccia intendere da me, che – unico in tutto l’universo – Lo penso e ammiro…; che, in tal modo, esca come dalla sua solitudine, analoga alla mia, avvertita nel grigiore di una materia che mi condiziona ed ignora…; che arrivi ad effondersi fino a potenziare la mia natura ed elevarmi alla sua intimità, penetrare nel mistero della sua vita e rendermi capace di partecipare alla sua beatitudine…, io non potrò mai stupirne e assai meno gridare allo scandalo del mito, quasi che ciò fosse indegno della sua trascendenza o eccedesse ogni concepibile misura della mia capacità di sviluppo interiore. Su quali basi più solide potrei fondare il mio celebrato ed esasperato umanesimo? Lungo quale altra direttrice potrebbe orientarsi un ipotetico processo evolutivo della mia specie, estraneo ai valori della persona? … Se Egli mi confida che sussiste in tre Persone, non posso non crederGli, anche – ed anzi proprio – perché tale, trinità eccede ogni mia esperienza, resta al di là d’ogni mia possibile rappresentazione dell’Atto puro. Quel che importa è che il dogma non risulti intrinsecamente contraddittorio, come lo sarebbe se unità e trinità si riferissero al medesimo soggetto, colto sotto il medesimo angolo visuale. Analoghi i rilievi sull’incarnazione, ancora più credibile sia perché comporta solo che la persona del Verbo faccia sussistere la natura umana comunicandole il proprio (infinito) atto d’essere; sia perché costituisce la massima concepibile esaltazione della famiglia umana e – per essa – dell’intero universo della materia e dello spirito: un antropocentrismo ha un senso (l’unico veramente sublime) solo nel Cristo. Non si da umanesimo integrale che in Lui, Alfa ed Omega di tutto il creato. L’elevazione dell’uomo alla vita divina nel Cristo, il peccato, la redenzione, la Chiesa, i sacramenti, l’’eternità… nulla mi presentano che offenda la “persona umana” ed anzi non ne riflettano la natura, gli aneliti, le condizioni storiche. Ogni sospetto di mitologia cade non appena penso all’uomo in sé e nei suoi rapporti con la Trascendenza. Appunto la negazione di questa porterebbe ad un rovesciamento di prospettive, per il quale sarei obbligato a passare da una supposta proiezione di me nell’ “Altro” alla gratuita immanentizzazione dell’ “Altro” in me: in me-singolo o in me-collettività-umana-cosmica. Ora, il primo, se sussiste, è però relativo, parziale, privo di una sufficiente ragion d’essere, il secondo, se potrebbe sembrare né relativo né parziale, in realtà è anche più trascurabile perché neppure può sussistere, essendo vuota astrazione. In ogni caso avrei sempre quel ripudio della persona umana quale “sub stanzia” che non solo “vive e sente”; ma inoltre “sé in sé rigira” per quell’autocoscienza, che le fa avvertire i propri invalicabili confini e, insieme, la tiene aperta alla Persona assoluta. ♥ ♥ ♥ Dunque, dono di Dio la fede, ma anche esigenza della ragione, avida dell’essere, dominata dall’essere, felice del primato dell’essere. Se accetto il Cristianesimo come rivelazione di un Dio- Amore che crea, eleva, s’incarna, redime, è anche perché Egli mi si presenta innanzi tutto come “Colui che è” o Essere sussistente, fuori d’ogni categoria, Causa totale del mondo. Incarnandosi, Egli rende quasi sensibile la centralità assoluta del suo dominio e della sua influenza organizzatrice dell’universo e della storia: il Cristo, in esso, non è un accessorio, ma l’asse e quasi l’anima, com’è certo che ne è l’archetipo e il traguardo, perché Persona incarnata, polarizzante ogni processo della materia, volto alla piena glorificazione dei figli di Dio in Lui. La Chiesa, che ne riflette e prolunga la struttura, come ne continua l’azione salvifica, non è una società, ma la Società, colta nelle sue dimensioni più reali , nel suo aspetto più profondo e in quella sua storia della civiltà intesa come drammatica ricerca del valore definitivo della vita umana, derivato dall’incarnazione del Verbo, ricuperato e potenziato dalla sua Passione espiatrice. Fede, la mia, che non mi estrania dalla cultura, ma me ne fa scoprire il senso, l’unico che la giustifichi e ne rivendichi la funzione ed i meriti, se centrata nella persona e destinata a servirla nel suo sforzo di affermarsi su tutte le assurde sollecitazioni dell’egoismo della carne, che degrada, e dello spirito che spinge alla follia La miscredenza mi appare come la più grave e pietosa di tutte le alienazioni: sento che la mia fede è la mia ragione, la mia natura, la mia dignità, il mio destino, il mio mondo d’oggi, di sempre”.” (cfr.fonti- p. Enrico Zoffoli o.c.)
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