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Professioni di Fede del XX secolo
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Professioni di Fede del XX secolo
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LE PROFESSIONI DI FEDE DEL XX SECOLO

 

 

 

L’Atto di Fede di Paolo VI - Papa

del 30 giugno 1968


Più conosciuto come : il Credo di Paolo VI, venne pronunciato poco prima della chiusura del Concilio Vaticano II, che come è noto avvenne l’8 dicembre 1968.


Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli, e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale.

Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore.

Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè; ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni: cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che "abitando in una luce inaccessibile" è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata.

Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita.

I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura. Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.

Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore.

In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales, sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre "deve essere venerata l’Unità nella Trinità e la Trinità nell’Unità"

Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio.Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri; e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature ma per l’unità della persona.

Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fatto conoscere il Padre.

Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia.

Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue Redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia.

Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avrà fine.

Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia.

La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: "Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt. 5, 48)

Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo, e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente, preservata da ogni macchia del peccato originale e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature.

Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, la Vergine Santissima, l’Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre Santissima di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa, continua in Cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti.

Noi crediamo che in Adamo tutti hanno  peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue  proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, "non per imitazione, ma per propagazione", e che esso pertanto è "proprio a ciascuno".

Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che — secondo la parola dell’Apostolo — "là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia".

Noi crediamo in un sol Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano "dall’acqua e dallo Spirito Santo" alla vita divina in Gesù Cristo.

Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro.

Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l’opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria.

Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza. È con essi che la Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, Che le dona vita e azione.

Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo.

Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell’Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondata sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù.

Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale.

Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli, e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo.

Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, è indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica.

Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in maggiore evidenza.

Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all’unità cattolica, e credendo all’ azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per tale unità, Noi nutriamo speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.

Noi crediamo che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo Mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa.

Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza.

Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari.

Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’Ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale.

Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione.

Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino, proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo Mistico.

L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi. 

Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini.

Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire — ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi — al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno.

Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.

Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del Cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com’è e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine.

Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù: Chiedete e riceverete.

E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.

 Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen.

 

 


 

 

 

Il Credo di un insegnante di Filosofia

 

 

“ Professione di Fede

 

Solo l’Essere è.

Per sé,

non è reale che l’Essere.

 

     Ciò che fu, non è;

     ciò che sarà, non è;

♣     ciò che è, ma  può cessare d’essere, è e non è;

     ciò che resterà sempre possibile, non è mai stato né mai sarà.

 

            L’Essere è, non diviene. Ciò che è per sé, cosa può diventare che già non sia? Oltre l’Essere non si dà che il nulla totale.

 

            L’Essere è uno, semplice, immoltiplicabile: ogni differenza, ad Esso estranea sotto ogni aspetto, coincide col nulla; ogni differenza, ad Esso immanente, lo renderebbe contraddittorio, sì da annullarLo.

 

            L’Essere è infinito, onniperfetto. Cosa può mancare all’Atto che costituisce e riassume ogni perfezione, quando è puro, sussistente, tutto in sé, come l’Essere?

 

Dunque, è il sommo Intelligibile, l’ottimo Desiderabile; comprende tutto il finito, fonda ogni possibile privazione d’essere e di unità, di verità e di bene, in ogni ordine del reale. La sua priorità è assoluta; universale e irresistibile è la sua influenza, immancabile il suo trionfo: è Primo ed ultimo, perché tutto contiene e su tutto ha ragione.

 

            L’Essere è necessario, non potendo non essere; nel caso, sarebbe indifferente ad essere, cioè a se stesso, contraddicendosi al punto da rappresentare il peggiore di tutti gli assurdi immaginabili.

 

Dunque, non ha mai cominciato, ossia non è stato, mai in potenza rispetto a se stesso; per cui è eterno,in derivato, autonomo, ragione di Sé, principio d’ogni ente: reale e di ragione, attuale e possibile, sue partecipazioni finite degradanti dalle vette della “persona” al nulla radicale, assolutamente impensabile.

 

            L’Essere è Sintesi: tutto in Sé, di Sé, per Sé, è Autocoscienza perfetta, Libertà assoluta, Personalità infinita, supremo TU, origine d’ogni rapporto intersoggettivo, fondamento d’ogni reciprocità di coscienza e di amore.

 

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Che Egli si degni entrare in comunione col mondo umano e si faccia intendere da me, che – unico in tutto l’universo – Lo penso e ammiro…; che, in tal modo, esca come dalla sua solitudine, analoga alla mia, avvertita nel grigiore di una materia che mi condiziona ed ignora…; che arrivi ad effondersi fino a potenziare la mia natura ed elevarmi alla sua intimità, penetrare nel mistero della sua vita e rendermi capace di partecipare alla sua beatitudine…, io non potrò mai stupirne e assai meno gridare allo scandalo del mito, quasi che ciò fosse indegno della sua trascendenza o eccedesse ogni concepibile misura della mia capacità di sviluppo interiore.

 

Su quali basi più solide potrei fondare il mio celebrato ed esasperato umanesimo? Lungo quale altra direttrice potrebbe orientarsi un ipotetico processo evolutivo della mia specie, estraneo ai valori della persona? …

 

Se Egli mi confida che sussiste in tre Persone, non posso non crederGli, anche – ed anzi proprio – perché tale, trinità eccede ogni mia esperienza, resta al di là d’ogni mia possibile rappresentazione dell’Atto puro. Quel che importa è che il dogma non risulti intrinsecamente contraddittorio, come lo sarebbe se unità e trinità si riferissero al medesimo soggetto, colto sotto il medesimo angolo visuale.

 

Analoghi i rilievi sull’incarnazione, ancora più credibile sia perché comporta solo che la persona del Verbo faccia sussistere la natura umana comunicandole il proprio (infinito) atto d’essere; sia perché costituisce la massima concepibile esaltazione della famiglia umana e – per essa – dell’intero universo della materia e dello spirito: un antropocentrismo ha un senso (l’unico veramente sublime) solo nel Cristo. Non si da umanesimo integrale che in Lui, Alfa ed Omega di tutto il creato.

 

L’elevazione dell’uomo alla vita divina nel Cristo, il peccato, la redenzione, la Chiesa, i sacramenti, l’’eternità… nulla mi presentano che offenda la “persona umana” ed anzi non ne riflettano la natura, gli aneliti, le condizioni storiche. Ogni sospetto di mitologia cade non appena penso all’uomo in sé e nei suoi rapporti con la Trascendenza.

 

Appunto la negazione di questa porterebbe ad un rovesciamento di prospettive, per il quale sarei obbligato a passare da una supposta proiezione di me  nell’ “Altro” alla gratuita immanentizzazione dell’  “Altro” in me: in me-singolo o in me-collettività-umana-cosmica. Ora, il primo, se sussiste, è però relativo, parziale, privo di una sufficiente ragion d’essere, il secondo, se potrebbe sembrare né relativo né parziale, in realtà è anche più trascurabile perché neppure può sussistere, essendo vuota astrazione. In ogni caso avrei sempre quel ripudio della persona umana quale “sub stanzia” che non solo “vive e sente”; ma inoltre “sé in sé rigira” per quell’autocoscienza, che le fa avvertire i propri invalicabili confini e, insieme, la tiene aperta alla  Persona assoluta.

 

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Dunque, dono di Dio la fede, ma anche esigenza della ragione, avida dell’essere, dominata dall’essere, felice del primato dell’essere. Se accetto il Cristianesimo come rivelazione di un Dio- Amore che crea, eleva, s’incarna, redime, è anche perché Egli mi si presenta innanzi tutto come “Colui che è” o Essere sussistente, fuori d’ogni categoria, Causa totale del mondo.

 

Incarnandosi, Egli rende quasi sensibile la centralità assoluta del suo dominio e della sua influenza organizzatrice dell’universo e della storia: il Cristo, in esso, non è un accessorio, ma l’asse e quasi l’anima, com’è certo che  ne è l’archetipo e il traguardo, perché Persona incarnata, polarizzante ogni processo della materia, volto alla piena glorificazione dei figli di Dio in Lui.

 

La Chiesa, che ne riflette e prolunga la struttura, come ne continua l’azione salvifica, non è una società, ma la Società, colta nelle sue dimensioni più reali , nel suo aspetto più profondo e in quella sua storia della civiltà intesa come drammatica ricerca del valore definitivo della vita umana, derivato dall’incarnazione del Verbo, ricuperato e potenziato dalla sua Passione espiatrice.

 

Fede, la mia, che non mi estrania dalla cultura, ma me ne fa scoprire il senso, l’unico che la giustifichi e ne rivendichi la funzione ed i meriti, se centrata nella persona e destinata a servirla nel suo sforzo di affermarsi su tutte le assurde sollecitazioni dell’egoismo della carne, che degrada, e dello spirito che spinge alla follia

 

La miscredenza mi appare come la più grave e pietosa di tutte le alienazioni: sento che la mia fede è la mia ragione, la mia natura, la mia dignità, il mio destino, il mio mondo d’oggi, di sempre”.”

(cfr.fonti- p. Enrico Zoffoli o.c.)  

 

 


 

 

Il Credo di uno scrittore

p. Giuseppe De Rosa s.j.

 

PERCHE’ CREDO IN GESU’ CRISTO

 

         Sono un cristiano di nascita. Nato in un piccolo paese contadino del “profondo Sud” tutto cristiano, sono stato battezzato un paio di settimane dopo la nascita. Non ho avuto un’educazione religiosa particolarmente curata, perché né i sacerdoti del mio paese né i miei genitori erano in grado di darmela. Avendo espresso il desiderio di diventare sacerdote, a 12 anni fui accolto in un piccolo seminario dei gesuiti. A quindici anni e mezzo entrai nel noviziato della Compagnia di Gesù. Dopo la lunga formazione spirituale e culturale che è in uso tra i gesuiti, fui ordinato sacerdote e, dopo un terzo anno di noviziato, iniziai il mio ministero sacerdotale tra i giovani.

 

Durante tutti questi anni sono stato quello che si dice un cristiano normale. Ho vissuto la mia fede cristiana intensamente – questo, sì – ma senza crisi particolari e senza dubbi angosciosi. Certamente, la fede è, di sua natura, oscura, e io, come tutti i cristiani, ho camminato nell’oscurità, senza folgoranti illuminazioni, ma alla luce discreta che lo Spirito Santo accende sul cammino di ogni credente e che è sufficiente per nutrire la fede del cristiano. A condizione evidentemente che questi compia un  “cammino di fede”, cioè collabori con l’azione dello Spirito Santo all’approfondimento e alla maturazione della propria fede.

 

E’ quanto ho cercato di fare con semplicità, seguendo l’impulso e l’invito dello Spirito, che si è fatto sentire nella maniera silenziosa con cui egli suole agire. Anzitutto, ho sempre pregato il Signore di voler accrescere e rafforzare la mia fede. Nel Vangelo di Marco (9, 14-29) si racconta la guarigione del ragazzo epilettico: i discepoli di Gesù sono stati incapaci di liberare il ragazzo dalla possessione diabolica e quindi di guarirlo dal suo male. Quando arriva Gesù, il padre del ragazzo si rivolge a lui, dicendogli: “Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù gli dice: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. Questa risposta di Gesù – “Se tu puoi!” – fa comprendere al padre del fanciullo che la sua fede in Gesù e nel suo potere di guarire suo figlio non è piena, ma condizionata: “Se tu puoi!”.  E dunque la guarigione non può avvenire, perché “tutto è possibile”, ma solo “per chi crede” in maniera piena e incondizionata. E’ allora che il padre grida: “Io credo, vieni in aiuto alla mia mancanza di fede”. Ho sempre amato ripetere questa invocazione nei miei dubbi e nelle mie incertezze, che sono comuni a tutti i cristiani: “Signore Gesù, io credo in Te, ma, poiché la mia fede è sempre scarsa e manchevole, Tu vieni in aiuto alla mia mancanza di fede”.

 

In realtà, la fede non è una conquista umana, ma un dono di Dio. Bisogna dunque pregare per ottenerlo. Ma, poiché si tratta di un dono che può essere perduto per i propri peccati e le proprie infedeltà, la preghiera per ottenere che la fede cresca e si rafforzi, e così riesca a superare tutte le tentazioni a cui ordinariamente essa va incontro, deve essere costante. Per tale motivo ho fatto sempre  mia la preghiera che – come è detto nel Vangelo di Luca (17,6) – gli Apostoli rivolsero a Gesù: “Aumenta la nostra fede!”.

 

Sempre assecondando l’impulso dello Spirito – che a chi accoglie il dono della fede dona “pace e gioia nel credere” – mi sono sforzato di conoscere e di approfondire la fede cristiana, qual è annunziata e proposta dalla Chiesa cattolica, che ha ricevuto da Gesù il compito di annunciare a tutti gli uomini il Vangelo, custodirlo e difenderlo nella sua integrità. E’ quanto ho cercato di fare con lo studio della teologia cattolica, durato ben quattro anni in una delle migliori Facoltà teologiche del mondo, alla scuola di alcuni grandi teologi che hanno lasciato un nome nella storia della teologia e che mi hanno formato allo studio critico e rigoroso, mi hanno insegnato a confrontarmi con le opinioni contrarie alla fede cristiana in maniera leale e senza sottrarmi all’enorme cumulo di obiezioni di ogni genere – storico, filosofico, scientifico, religioso – che da sempre, ma specialmente a partire dall’Illuminismo del Settecento, si muovono alla fede cristiana.

 

Per tale motivo, mi sono sobbarcato alla non piccola fatica di approfondire lo studio della storia antica e moderna, della filosofia, soprattutto moderna, dei problemi scientifici riguardanti la fede cristiana. Fin dagli anni giovanili ho consacrato molto tempo alla storia delle religioni, di cui mi sono sforzato di avere una conoscenza attinta alle loro fonti. In particolare, ho privilegiato lo studio della Sacra Scrittura, della storia della Chiesa, dello sviluppo – spesso contraddittorio – della teologia e, per quanto mi è stato possibile, mi sono sforzato di tenermi al corrente dei suoi sviluppi più recenti.

 

Perciò, lo sforzo di approfondimento della fede cristiana, della sua ragionevolezza, della sua credibilità, se è stato faticoso, mi ha dato due ferme convinzioni. La prima: non ci sono obiezioni decisive contro la fede che ne mostrino la falsità, poiché a tutte le innumerevoli obiezioni che si muovono contro di essa da  tutti  i campi dello scibile c’è una risposta seriamente fondata e  accettabile da chi la esamina senza prevenzioni scientifiche e senza pregiudizi morali, con quella rettitudine che non deve mancare in chi è alla ricerca della verità. La seconda: ci sono al contrario forti argomenti, i quali consentono di affermare che la fede cristiana è altamente “credibile”; che ci sono fortissime “ragioni per credere” e che perciò chi compie l’atto di fede ha validissime ragioni per compierlo: per essere credente, egli non deve rinnegare la propria ragione critica.

 

Ma l’approfondimento critico e rigoroso della fede cristiana nei suoi dogmi, nella sua teologia, nella sua morale, se è necessario per aprire la strada a una fede matura e per sostenerla nei suoi dubbi e nelle sue incertezze , … non è in  grado né di far nascere l’atto di fede né di farlo crescere e maturare.

 

Questo è un punto essenziale, quando si parla di fede cristiana. Essa non è il frutto o la conclusione di studi, per quanto critici e rigorosi della teologia cristiana – si può essere espertissimi nella conoscenza del cristianesimo e ammiratori della sua grandiosità, della sua profondità religiosa e dei suoi valori morali ed estetici e non essere credenti! -, ma è unicamente frutto della grazia di Dio, che l’uomo deve solamente accogliere con cuore aperto. In altre parole, è Dio che muove alla fede, ed è in forza di questa mozione che la persona umana dice: “Sì, io credo”. Lo dice chiaramente san Paolo quando scrive ai cristiani di Corinto: “Nessuno può dire : “Gesù è Signore” se non sotto la mozione dello Spirito Santo “ ( 1 Cor 12,3). Dire che “Gesù è il Signore” significa affermare la divinità di Gesù, dunque credere che egli è Dio: si è allora credenti, non in forza di argomenti razionali e dunque di ordine storico, teologico, morale o estetico, ma unicamente in forza della grazia di Dio.

 

In che cosa è consistita per me questa grazia della fede, che mi ha accompagnato per tutta la mia vita di “cristiano normale” e che, con il passare degli anni, è diventata sempre più forte e luminosa?

 

Questo è il “mistero” – proprio e personale – di ogni cristiano, che egli ama custodire nel suo cuore in geloso segreto. Se egli ne parla, è per ubbidire al comando dell’apostolo Pietro, che nella sua Prima Lettera, invita i cristiani “a essere pronti sempre a rendere a chiunque domando loro ragione della speranza che è in essi”, cioè della loro fede, raccomandando però che lo facciano “con dolcezza e rispetto” e “con retta coscienza” ( 1Pt 3,15 ): dunque, con semplicità e umiltà, e soprattutto con rettitudine, senza volere né esaltare se stesso, perché non c’è nessun merito nell’avere la fede cristiana, né ingannare chi ascolta, né raggirarlo con l’inganno, né violarne la coscienza.

 

Che cosa , dunque, è stata per me la grazia della fede?

 

E’ detto nel Vangelo di Giovanni che: “Nessuno può venire a me – è Gesù che parla – se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 6,44). “Venire” a Gesù e affidarsi a lui per essere da lui salvato dal peccato e dalla morte. Perciò, affinché una persona possa “venire a Gesù” e dunque credere a lui, è assolutamente necessario che Dio, il Padre di Gesù lo “attiri”. In che cosa consiste tale “attrazione” e a chi il Padre attira?

 

L’attrazione è il fascino che una persona  esercita su un’altra e il desiderio che questa prova di amarla e di unirsi a lei. Dio attira una persona, creando in essa un fascino e un desiderio di unione. Nella Sacra Scrittura l’attrazione è sempre espressione di amore. Dio dice a Israele: “Con amore eterno ti ho amato; perciò ti ho attirato nella mia misericordia” (Ger 31,3). Dio, che ama tutti gli uomini e vuole che tutti siano salvi, nel suo amore misericordioso li attira.

 

Li attira a chi? Evidentemente li attira a sé, all’ascolto della sua parola e al suo amore. Ma – poiché il disegno di salvezza che Dio ha concepito per l’umanità è che gli uomini si salvino col credere in Gesù e col divenire suoi discepoli – il Padre attira gli uomini a Gesù, suscitando in essi il fascino per la persona di Gesù, per quello che Gesù dice e opera, e il desiderio di amarlo, di essere uniti a lui, di seguirlo fino a diventare suoi discepoli.

 

L’”attrazione” che, dunque, Dio esercita sugli uomini per condurli alla fede è attrazione a Gesù. Lo conferma lo stesso Gesù quando dice, parlando della sua “elevazione” da terra…: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32)

 

Per quanto mi riguarda, la grazia della fede, datami da Dio, è stata una forte attrazione a Gesù. Fin  dai primi anni della mia giovinezza ho sentito il fascino che esercitava su di me la persona di Gesù. Ho perciò desiderato conoscere Gesù, la sua vita, la sua predicazione, le sue opere con uno studio approfondito dei Vangeli: uno studio che è continuato per tutta la mia vita e che ha avuto per oggetto una parte dell’immensa produzione letteraria, storica ed esegetica su Gesù, il quale è certamente il personaggio storico di cui più si è scritto da duemila anni a oggi.

 

Si sa quante battaglie si sono combattute dal Settecento ai nostri giorni intorno alla persona di Gesù tra coloro che vedevano in lui il Messia e il Figlio di Dio fatto uomo e coloro che lo ritenevano soltanto una grande personalità religiosa, un predicatore di elevate norme morali oppure un sognatore di imminenti catastrofi o addirittura un  agitatore politico messo a morte dai romani per ribellione. Ho prestato la dovuta attenzione a tutte queste voci diverse e contraddittorie e sono giunto alla conclusione che, storicamente parlando, la ragione sta dalla parte di coloro che vedono in Gesù il Messia, atteso da Israele , e il Figlio di Dio fatto uomo, assai più che dalla parte di chi vede in lui un semplice uomo, sia pure il più grande della storia umana.

 

Ma Gesù non è stato per me solamente un affascinante personaggio storico. E’ stato ed è una persona “vivente”: se mi ha affascinato la sua storia, è perché mi ha affascinato la sua persona. Perciò, non mi è bastato conoscere a fondo la sua vicenda storica e l’impronta profondissima che egli ha lasciato nella storia umana, ma ho ardentemente desiderato essere e vivere con lui, amarlo con tutta la mia anima, essere suo amico, suo discepolo, suo testimone tra gli uomini e portatore del suo messaggio.  Soprattutto, ho desiderato fare di Gesù Cristo l’unica ragione della mia vita, il senso profondo della mia esistenza. Per questo, nella mia giovinezza ho scelto di diventare sacerdote nella Compagnia di Gesù, un Ordine religioso che ha tutta la sua ragione di essere nell’amore e nel servizio di Gesù e della sua Chiesa. Di questa scelta, che ha segnato la mia esistenza, non mi sono mai pentito. Anzi, l’essere gesuita è stata  per me un’esperienza che ha dato pienezza di significato alla mia vita e mi ha riempito di una profonda gioia che nulla ha mai potuto spegnere e neppure intaccare. Così, giunto ormai vicino al termine di una lunga vita che, come ogni vita umana, ha avuto le sue difficoltà, i suoi travagli e le sue gioie, posso testimoniare di aver vissuto per qualche cosa per cui è valsa la pena impegnare in pieno la propria esistenza.

 

* * *

 

Questa mia esperienza di fede non ha niente di particolare o di diverso da quella di tanti cristiani, specialmente dei più piccoli e dei più umili tra essi. Essa trova la sua migliore espressione nella vita di san Paolo che dice di sé: “Per me il vivere è Cristo” (Fil 1,21) e aggiunge : “Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal. 2.20). Parlando poi dell’esperienza spirituale avuta sulla via di Damasco, egli la interpreta come l’”essere stato afferrato da Gesù Cristo” (Fil 3,12). E infatti, al pari di ogni cristiano che fa seriamente un cammino di fede, anch’io, sia pure in piccola misura, ho fatto la gioiosa esperienza di essere stato “afferrato” da Gesù Cristo. Di questa grazia, che è stata la più grande della mia vita, voglio qui lodare Dio Padre che, nel suo infinito amore, mi ha “attirato” a Gesù.

 

E’ dunque per pura grazia di Dio e senza nessun mio merito che sono cristiano, cioè un uomo che, pur nella sua povertà e miseria, ha avuto da Dio Padre il dono di essere attirato a Gesù e di essere afferrato da Gesù; un uomo che ha avuto la grazia – e la gioia – di credere in Gesù Cristo con tutta l’anima. E questa è l’unica cosa che conta nella mia vita.

 

(Cfr. fonti )

 

 

 

 

 


 

 

Quale potrebbe essere la preghiera di un incredulo, ma in cerca della fede? La troviamo in Sertillanges, in Catéchisme des Incroyants :

 

Padre nostro

se Tu esisti, io oso rivolgermi a Te. Se Tu esisti, il tuo nome è santo: sia dunque santificato!

Se Tu esisti, il tuo regno è l’ordine e anche il suo splendore: che esso venga!

Se Tu esisti, la tua volontà è legge per i mondi e le anime: che si compia in noi tutti e in ogni cosa, in terra come in cielo!

Se Tu esisti, donaci il pane quotidiano, il pane della verità, della saggezza, della gioia, il pane soprasostanziale che si promette a chi può riconoscerlo.

Se Tu esisti, io ho dei gravi debiti con Te: degnati rimettermeli come io faccio volentieri con i miei debitori!

Per l’avvenire non abbandonarmi nel momento della prova, ma liberami da ogni male!”

 

domanda dell’ateo:

Va bene! Ma io ho veramente il diritto di esprimermi in questi termini?

Risposta:

Tu ne hai il dovere. E’ possibile dubitare, ma quale anima sincera, frugando in se stessa, può giungere a negare l’esistenza di Dio con assoluta certezza? Dunque, la preghiera condizionata è un dovere e, insieme, un utile appello “-

( ed. Flammarion, Paris, 1930, I, p. 6)

 

 

 

 

 

 

 
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