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Cosa ne è di Alessandro Serenelli, l'assassino di Maria Goretti?
Dopo
sei anni di carcere, Alessandro sul punto di disperarsi, vede in sogno Maria,
circondata
da
gigli, che gli sorride. Egli stesso racconta che nella cella del carcere
a Noto gli apparve in sogno Marietta tutta vestita di bianco che raccoglieva
dei gigli in un giardino e glieli porgeva. Al momento della consegna i gigli si
trasformavano in tanti lumicini accesi. Poi disparve, fu l'unica volta che la
sognò. Per il giovane fu la fine della disperazione e l'inizio della
conversione. Allora si ravvide, si pentì del suo passato. Un'altra tappa della
sua conversione fu il colloquio che ebbe nel carcere di Noto con il Vescovo
della città Mons. Blandini. Il 10 novembre 1910 il Serenelli in una lettera
inviata allo stesso prelato riconobbe la gravità del suo gesto e il proposito
di riscattarsi; in seguito a quella lettera si confessò. Dopo 27 anni di
detenzione fu graziato per buona condotta e quando uscì dal carcere di Alghero,
nel 1929 aveva 47 anni, era un altro Alessandro. Ne visse altri 42 fuori, fu un
lavoratore esemplare e un cristiano praticante. Visse il suo ruolo di ex
carcerato pensando sempre a Dio. Sopportò umiliazioni e malintesi, più volte fu
indiziato solo perché si chiamava Serenelli. Di lui va ricordato un episodio
edificante.
Nel
1937 si recò a Corinaldo col proposito di chiedere perdono del delitto a mamma
Assunta ed alla famiglia Goretti. Si gettò in ginocchio e nella commozione
riuscì appena a balbettare: «Assunta perdonatemi». La madre della Martire
esclamò: «Eh, vi ha perdonato lei, vi ha perdonato Iddio...! Vi perdono
anch'io». E gli gettò le braccia al collo. Fu allora che si avviarono in chiesa
a ricevere la Comunione,
l'uno a fianco dell'altra. La chiesa era affollatissima di gente. Era la notte
di Natale del 1937.
Il desiderio di riscattarsi
divenne il programma della sua vita. La ricerca di Dio nel silenzio e nella
preghiera suggerì ad Alessandro l'idea del chiostro. Fu accolto dai Capuccini
di Ascoli. «Non era un frate - dichiarò un religioso - ma visse tra di noi come
un vero figlio di S. Francesco». Il 15 gennaio 1970, mentre si recava in chiesa
per assistere alla S. Messa, cadde e si fratturò una gamba. Morì il 6 maggio
1970 all'età di 89 anni. Nel giorno e nel mese in cui settanta anni prima morì
anche Luigi Goretti. Tra gli effetti personali, il P Urbano cappuccino trovò
una lettera sigillata che conteneva uno scritto datato 5 maggio 1961. È il suo
testamento spirituale, eccolo:
«Sono vecchio di quasi 80
anni, prossimo a chiudere la mia giornata. Dando uno sguardo al passato,
riconosco che nella mia giovinezza infilai una falsa strada, la via del male
che mi condusse alla rovina.
Vedevo attraverso la stampa,
gli spettacoli ed i cattivi esempi, che la maggior parte dei giovani segue
quella via, senza darsi pensiero ed io pure non mi preoccupai. Persone credenti
e praticanti le avevo vicino a me, ma non ci badavo, accecato da una forza
bruta che mi sospingeva verso una cattiva strada. A 20 anni consumai il delitto
passionale, del quale oggi inorridisco al solo ricordo.
Maria
Goretti, ora santa, fu l'Angelo buono che la Provvidenza aveva
messo dinanzi ai miei passi per salvarmi. Ho impresse ancora nel cuore le sue
parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me ed intercedette per il suo
uccisore. Seguirono 30 anni di prigione, se non fossi stato minorenne sarei
stato condannato a vita. Accettai la sentenza meritata, rassegnato espiai la
mia colpa. La piccola Maria fu veramente la mia luce, la mia protettrice: con
il suo aiuto mi portai bene nei 27 anni di carcere e cercai di vivere
onestamente, quando la società mi accettò tra i suoi membri. I figli di san
Francesco, minori Cappuccini delle Marche, con carità serafica mi hanno accolto
tra di loro non come servo ma come fratello e con loro convivo da 24 anni. Ora aspetto
sereno il momento di essere ammesso alla visione di Dio, di riabbracciare i
miei cari, di essere vicino al mio angelo protettore ed alla sua cara mamma
Assunta. Coloro che leggeranno questa mia lettera vogliano trarre il felice
insegnamento di fuggire il male, seguire il bene sempre. Fin da fanciulli
pensino che la religione con i suoi precetti non è una cosa di cui si può fare
a meno ma è il vero conforto, l'unica via sicura in tutte le circostanze anche
le più dolorose della vita. Pace e bene».
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