La celebrazione della Quaresima e
della Pasqua ci anima a cercare un
nuovo modo di vivere
n. 898
Omelia
Terza Domenica Quaresima
7.03.2010
P. Luiz Carlos de Oliveira
Conquistare la terra promessa
Un Dio che vede il dolore
La liturgia della Quaresima ci fa riflettere sulla conversione. Essa è un invito di Dio. Se noi rispondiamo Egli ci darà sempre gli aiuti necessari per intraprendere il cammino di ritorno. Dio è come colui che concima l’albero perché dia frutto (Lc 13, 8). Il nostro Dio misericordioso vede la nostra sofferenza, ed ha pazienza e ci da le possibilità affinché ci decidiamo a produrre i nostri frutti. Nella Quaresima riprendiamo la storia del popolo di Dio per comprendere il cammino della Pasqua. L’Egitto è simbolo dell’oppressione, come è anche simbolo del male che stà in noi. La liberazione dall’Egitto è una catechesi importante in Quaresima. Il peccato è una sofferenza e una prigione che ferisce il cuore. Dio non è assente Egli vede il nostro dolore, come vide la sofferenza del popolo nella schiavitù e decise di liberarlo e condurlo verso una buona terra (Es 3,7). Nel vedere le prigioni che soffriamo, mostra un volto clemente, compassionevole e pieno di misericordia, perché è un Dio che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (Ez. 18,23). Dio vede il dolore che il male ci procura. Egli è sempre presente, anche oggi, con la sua misericordia e clemenza, liberandoci dal male e dai dolori del mondo. E’ la Pasqua che continua. La celebrazione della Quaresima e della Pasqua ci anima a cercare un nuovo modo di vivere. Senza questo continueremo ad essere schiavi. La terra promessa è un simbolo della terra nuova nella quale Gesù ci introduce con la sua Pasqua.
Chiamati alla conversione
La Quaresima non è solo un atto di pietà, ma uno stimolo e un modo di restaurazione universale. Non si tratta solo del peccato individuale, ma anche di quello sociale che invade il mondo. Gesù vuole liberare, per questo ci chiama a conversione e a trasformare tutti i mali. Gesù fa appello alla conversione raccontando la parabola del fico che non produceva frutti. L’agricoltore minacciava anche di tagliare l’albero. Ma… la pazienza di Dio è più grande. Dà gli aiuti necessari , per metterci in grado di fare la nostra parte. Senza conversione non si può sopravvivere. Anche nella fragilità possiamo sempre contare sull’aiuto di Dio che aspetta da noi i frutti. Coloro che soffrono mali e incidenti, non stanno pagando un peccato, ma tutti dobbiamo convertirci (Lc 13, 1-5). Un disastro non è legato ad un piano di Dio. Può essere un esempio, uno stimolo o un interrogativo che ci è posto. La Parola di Dio insegna, fortifica, stimola e ci porta a fare la nostra Pasqua con Gesù.
L’impegno di chi crede
La conversione non è un atto solitario, raccontato a voce bassa all’orecchio del padre, ma è comunitario, perché il male raggiunge le persone e le comunità. Le schiavitù continuano anche oggi. Invadono le persone, le strutture e le società. Dio realizzerà la salvezza del mondo in ogni sua dimensione attraverso coloro che crederanno, perché, morti con Cristo e risorti con Lui (Rm 6,8), continuino la sua presenza e missione nel mondo. Fatti nuovi dal battesimo, siamo gli strumenti della giustizia (Rm 6,13). L’impegno di colui che crede è mostrare il dolore come lo vede Dio, con la sua compassione e la sua clemenza. Mosè accoglie il progetto di Dio per il popolo e affronta le difficoltà per liberarlo, perché condivide la sua misericordia. Il tempo penitenziale ci ricorda sempre il progetto di conversione. In ogni Eucaristia, che è momento di conversione, abbiamo nell’atto penitenziale una chiamata particolare.
Letture: Esodo 3,1-8^.13-15; Salmo 102; 1 Corinti 10, 1-6.10-12; Luca 13,1-9