n.1259 Articolo Pe. Luiz Carlos de Oliveira Redentorista
Un cammino chiamato persona
Nel mese vocazionale ricordiamo anche la vita religiosa, cioè i consacrati a Dio con un vincolo tutto particolare. È una vocazione nella Chiesa che ha una ragione e una missione. Gesù invita tutti ad essere suoi discepoli, ma non impone che vivano come lui è vissuto e cioè: casti, obbedienti e poveri, in una missione itinerante in stato di dedizione totale. Gesù nel parlare sia della ricchezza, sia del potere oppure della castità, provocò un certo timore nei discepoli. Gesù rispose che: agli uomini non è possibile ma a Dio tutto è possibile (Mc 11,27). E in un altro luogo disse: non tutti possono comprendere (Mt 19,11). Per cui non c’è un momento vero e proprio in cui Gesù abbia istituito la vita religiosa. Non ci sono le Parole dell’Istituzione, ma è proprio Gesù che è l’ispiratore di questo modo di vivere. È in Lui che comprendiamo questo modo particolare di essere discepolo. Come Gesù è il cammino, la verità, la vita (Gv 14,6), il discepolo che Lo segue in questo cammino diventa, per così dire, come un’anteprima di questa parola. La sua persona e il modo di vivere, diventano testimonianza. Quando si dice che la vita religiosa è testimonianza dei beni futuri, si sta proclamando che i valori terreni sono buoni, ma non completi. I valori eterni sono migliori! Non si tratta dunque di una istituzione ma di una vita. Non sempre si comprende questa vita. Ma il rischio maggiore sta dentro di essa. Se non capiamo ciò che è, essa perde il carattere di testimonianza e passa a essere controtestimonianza e cioè inutile. L’istituzione deve essere un segnale folgorante di quello che ciascuno vive nella sua consacrazione. Si corre il rischio di proclamare una verità e di viverne un’altra. La rinnovazione della vita religiosa passa sempre da una rinnovazione delle strutture. Non c’è modo di essere povero se l’istituzione è ricca. Se coltiveremo l’individualismo non potremo essere obbedienti e neppure casti e non vivremo l’amore di donazione totale. Ciò che fa la differenza è la scelta di essere poveri per i poveri.
Illuminando di luce propria
In Matteo incontriamo le parole: “Se il sale diventa insipido come ridargli sapore?... brilli la vostra luce davanti agli uomini affinché vedendo le vostre buone opere glorifichino il Padre vostro che è nei Cieli (Mt 5, 13.16). il discepolo consacrato si manifesta non per l’abito né per le strutture della cultura religiosa, ma per il suo interiore. L’abito non fa il monaco dice un proverbio. È l’interiore che con l’abito o senza, può donare una testimonianza della sua vita di relazione con Dio e di dedizione ai poveri. San Paolo parla di rivestirsi di Cristo , ma come scelta di vita. L’abito e la struttura religiosa sono buoni, ma possono dare una falsa testimonianza.
Continua ricerca
La sequela di Gesù per essere una sua testimonianza ci mette in una disposizione di continua ricerca del modo migliore per esserlo. La vita religiosa è in una continua evoluzione. Diversamente può diventare un museo o una ideologia. La ricerca di una unione migliore con Dio esige di camminare sempre per qualcosa di nuovo, poiché Gesù è Lui stesso la novità che lo Spirito realizza dentro di noi. Contempliamo attualmente la tendenza allo svuotamento o a un ritorno al passato in quello che è secondario come: vesti e tradizioni (religiose). C’è molta gente buona, natura, piena di Dio. Possiamo restare vuoti, ma c’è qualcosa che non può mancare: la forza della comunione fraterna e la ricerca di un incontro vero con il popolo di Dio. Non possiamo stare rivolti sempre a noi stessi. La vita religiosa non è un fine in se. È difficile fare una continua revisione delle forme e direzioni, ma la direzione della contemplazione amorosa del popolo di Dio non può mancare. La Luce è per essere messa in alto e non nascosta. Per questo Maria è il modello completo del religioso: sempre per Gesù e per tutti
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