Continuando una missione _Articolo



n. 1247
Articolo
Pe. Luis Carlos de Oliveira
Redentorista

Continuando una missione

1288.  Identità di missione

“Tu sei sacerdote per chi lo sa!†è una espressione  che ascoltavo quando lavoravo in Angola. Certamente  questo è stato insegnato loro. A volte  chiediamo alla gente che non raccogliere certi insegnamenti. In una comunità umile, il sacerdote era colui che sapeva tutto.  Dalla necessità si è passati al potere, e il potere non si cede così facilmente. Gesù non aveva sete di potere, anzi si pose al servizio dicendo che io sto tra voi come Colui che serve (Lc 22,27), ma non ci si riferisce sempre a questo  nei gruppi apostolici. Gesù è stato capace di chiamare dei collaboratori che fossero uniti a Lui, e di inviare altri alla stessa missione, come nel caso dei settantadue discepoli.  Essi andavano davanti, in tutti i luoghi dove Lui sarebbe passato. Egli li istruì, ma i risultati non furono molto incoraggianti.  La comprensione venne solo dopo, con la venuta dello Spirito Santo.  Vediamo dunque che questo era  il modo di Gesù nell’essere leder. Il suo potere stava  nel pensare che i suoi fragili discepoli avrebbero continuato la Sua missione.  Nel salire al Cielo  confidò in essi e non si preoccupò  se ne avrebbero dato conto. Gesù non aveva la mania di pensare che dopo di lui tutto sarebbe finito. La fiducia che aveva fu una grande forza per gli appostoli i quali associarono a se altri.  La missione degli apostoli e di quelli che stavano con loro, continuava la missione di Gesù. C’è una identità di missione. L’Ascensione di Gesù e l’invio dello Spirito sono rivolti alla missione. Alla fine del Vangelo di Matteo Gesù dice: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». (Mt 28,18-20). Non solo li invia ma gli consegna loro la sua missione

1289.  Nel modo degli apostoli

 

Come Gesù affidò agli apostoli la missione, questi l’affidarono a coloro che credevano in Gesù.  È difficile parlare delle prime comunità.  Cosa avevano i primi cristiani nello stabilire le comunità? Non c’era una struttura, non c’erano testi di vangelo come noi oggi. Inoltre erano anch’essi degli esseri umani ed avevano molti problemi, ma Paolo pregava, organizzava le comunità e metteva dei responsabili al suo posto. Dirigeva queste comunità attraverso dei cristiani un po’ più preparati e scriveva loro delle lettere, delle quali alcune ce ne sono rimaste. Leggiamo  sulle lettere di Paolo, soprattutto quella ai Romani (16), come i cristiani assumevano la vita della Chiesa. Immaginiamo questo nel mondo pagano, senza la tradizione giudaica.  Credevano alla Chiesa come ci narra negli Atti degli Apostoli : “Erano assidui agli insegnamenti degli apostoli, alla comunione fraterna e allo spezzare del Pane e alle preghiere†(At 2,42).

1290 Nomi scritti nei Cieli

I collaboratori che chiamiamo laici, tanto uomini che donne avevano una grande fermezza e speranza nella Risurrezione di Gesù. E non passò molto tempo che arrivarono le persecuzioni. Lodiamo e ringraziamo Dio per il meraviglioso contributo dei cristiani laici nella storia della Chiesa. In tanti luoghi furono loro che introdussero la fede e mantennero la vita della comunità. Soltanto dopo arrivarono i ministri ordinati. Il Concilio Vaticano II sottolineò questa ricchezza. In America latina, è stato grande l’impegno affinchè i laici divenissero evangelizzatori e promotori delle comunità. I documenti di Medellin, Puebla e Aparecida   sono stati molto forti nella chiamati dei laici alla missione. Sfortunatamente c’è un ritorno al clericalismo personalista nel quale il protagonismo dei laici è messo da parte. Dobbiamo continuare a creare un luogo per tutti: uomini e donne, giovani e fanciulli. Tutti sono chiamati ad avere il loro nome scritto nei Cieli, scritto con le tinte della loro devozione. Che le speranze in una Chiesa sempre nuova si realizzino.





 
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