Omelia 24 Dom. T.O. 16.9.2018




Il discepolo deve fare lo stesso cammino di Gesù, il Maestro, rinunciando a se e prendendo la propria croce. Questa è l’opera della fede.  Gesù segue la lodica del: chi perde vince! Perdere significa dare maggior valore a Gesù e alle sue proposte e meno ai nostri piccoli o grandi desideri

nº 1788

Omelia 24^ Domenica T.O.

(16.09.18)

Pe. Luiz Carlos de Oliveira

Redentorista

Quale Messia?

Chi dicono che io sia?

Gesù , nei vangeli, sembra ottenere solo insuccessi. Dopo un certo tempo dall’inizio della sua missione, ha davanti a se un quadro disarmante. Domanda: “La gente chi dice che io sia?”. Le diverse risposte dimostrano  l’ignoranza (Mc 8,27). Gesù però poi entra nel personale: “E voi, chi dite che io sia?”. Pietro Risponde: Tu sei il Messia. La parola Messia (aramaica) che vuol dire Cristo (in greco), significa, nella risposta di Pietro, il Re messianico, il discendente di David, in cui si attendeva il Dono Divino, il Regno di Dio, lo Shalom (pace) di Dio. È bene poter analizzare quale Cristo stiamo cercando. E cosa intendiamo quando diciamo : Gesù Cristo. In quanto noi abbiamo l’abitudine di ridurre tutto a ciò che può servire a noi. Sembra che abbiamo una fede cristiana ma senza Cristo. Cristo non è il Santo di Dio, ma un santo in più in mezzo a tanti altri. L’atteggiamento di Pietro ci mostra il suo discernmento. Relegare Cristo a una visione utilitaristica è fare come Pietro che vuole impedire che Gesù faccia il suo cammino  di portare fino in fondo la sua missione. Quando abbiamo questo comportamento possiamo essere tacciati di essere Satana, collaborando alle sue opere come vediamo nelle tentazioni di Gesù. Lì il nemico, il tentatore, l’accusatore, chiede a Gesù che arrivi alla gloria per un’altra strada, anticipando i prodigi messianici senza arrivare fino alla croce. Questo è pensare come gli uomini e non come Dio. Nel rimproverare Pietro, Gesù guarda anche i discepoli. Gesù compie la sua missione per i piccoli e i deboli.

Rinunciare a se stessi

La sofferenza e la morte non sono il fine di Gesù. Egli sà in Chi confida. La prima lettura, descrivendo le vicende del servo sofferente, commenta che egli resisterà perchè “Sà che il Signore è il suo Aiuto” (Is 50,7). Il salmo descrive la situazione del sofferente e la forza che trova nelle sue stesse sofferenze. “il Signore protegge i piccoli; ero misero ed egli mi ha salvato” (S. 114). Dove Gesù ha trovato il suo conforto? “Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato” (Is 50, 9ª). E anche: “Io amo il Signore, perchè ascolta il grido della mia preghiera” (S 114).  Ma Gesù mostra anche chi sono i suoi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi ste stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34). Questa è la coscienza che deve avere il discepolo della sua missione, come Gesù disse: “Il Figlio dell’Uomo dovrà soffrire molto ed essere rigettato, morire e risorgere” (Mc 8,31). Per vivere questa situazione dolorosa, è necessario rinunciare a se stesso, prendere la croce e seguire Gesù. La rinuncia  non fa danno alla natura umana, ma la libera, invece, per qualcosa di superiore alla vita stessa. “Chi perderà la sua vita a causa del Vangelo, la salverà” (id) ecco il cammino spirituale di Gesù e il nostro.

La fede e le opere

Consegnare la vita non significa perderla, ma metterla come opera della fede. Non basta solo la fede per salvarsi. E non basta una vita spirituale intimista per salvarsi, lasciando a lato le opere della carità, disprezzando il comandamento di Gesù che è l’amore. E dice: “Prendi la tua croce e seguimi”.  C’è una preghiera della chiesa che dice: “Cammina con gioia nella stessa carità che ha portato il Figlio a consegnarsi alla morte nel suo amore per  il mondo” (5^ Dom. anno B). Così possiamo  manifestare chi è veramente il discepolo di Gesù. C’è bisogno di portare l’Eucarestia nella vita. Giacomo dice: “Mostrami la tua fede senza le opere,  e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18). La Chiesa non può essere un cimitero di anime senza vita.

Letture: Is.50,1-9ª; Salmo 114; Gc, 2,14-18; Mc 8,27-35




 
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