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Omelia di tutti i santi - Novembre 2017



Le felicità del discepolo scaturisce dalla conoscenza della sua condizione di figlio di Dio. È meraviglioso vedere la famiglia di Dio riunita intorno alla mensa del Padre. Sedervisi è un diritto di figlio. Gente di ogni luogo e tipo. Ma tutti con gli stessi tratti del volto del Padre, lavati nel sangue dell’Agnello e da Lui salvati. Ecco tutti i santi!

nº 1698

Omelia di Tutti i Santi (05.11.17)

Pe. Luiz Carlos de Oliveira

Redentorista

“Tutti sono santi”

Il diritto di essere felice

La celebrazione della festa di Tutti i Santi viene a sensibilizzarci su un aspetto molto importante della vita cristiana: la santità. Dio è santo e la sua santità non ha limiti. E desidera anche che tutti partecipino della sua natura. Per questo ci chiama figli e ci mette in comunione con Lui. Siamo in un cammino costante per andare dove è la nostra fonte e il nostro fine. A Lui è diretto il saluto che facciamo ad ogni messa: “Santo, Santo, Santo!”. Nella Scrittura apprendiamo che Dio è inaccessibile, incomprensibile e perfettissimo. Siccome egli è il maggiore ed ha in se tutto il bene, desidera parteciparlo a noi in una vita di totale felicità. È il diritto che ci da di essere felici. È quello che Gesù dice all’inaugurazione del suo ministero e sintesi di tutto il suo insegnamento. La felicità che il Padre ci offre genera nella nostra vita quello che Gesù anche ha vissuto: era felice perché aperto a Dio, e cioè povero di spirito. Desiderava essere totalmente per il Padre, preoccupato delle Sue cose, per questo piange di vedere il mondo lontano da Lui. Ma è gentile in tutte le circostanze. Ha fame e sete della sapienza che cercava nel Padre. E di questo fa la sua patria.  La giustizia è la santità del Padre.  La Misericordia è il nome del Padre che si dà il nome di tenerezza e bontà quando appare a Mosé (Es 34, 6) Gesù è purezza di cuore perché vede con gli occhi del Padre. Purezza è amare. È con questi occhi che vediamo Dio e costruiamo la pace. Egli vive come il Padre e noi lo seguiamo anche nella persecuzione. Non servirò disse Satana a Dio. Gesù invece si pone al servizio. Questo è il cammino

Diritto di figlio

La felicità del discepolo sorge dalla conoscenza della sua condizione di figlio. Volendo arrivare all’impegno massimo con Gesù, riceviamo la condizione di figli. Questo non è solo un titolo, ma una verità. Noi lo siamo di fatto. Questo è il fondamento di tutta la santità. E continua san Giovanni: “Non è ancora stato manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quando Gesù si manifesterà, saremo simili a Lui,  perché lo vedremo così come Egli è “ (1 Gv 3,2).. Il diritto di figlio è in questa somiglianza che va molto al di là dei semplici tratti di famiglia. È una partecipazione a partire dalla comunione che si stabilisce tra noi e Gesù che ci associa a se. L’uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio nel senso “ dello stesso sangue e della stessa vita”, come uno di famiglia. Nella nuova creazione, che è la redenzione, partecipiamo anche della vita del Figlio che ci ha unito a se, come partecipiamo della sua natura divina. Così insegna Pietro nella sua lettera (2 Pt 1,4). Per questo lo vedremo come Egli è  (1 Gv 1,2). Credere in Gesù genera in noi un processo di purificazione. Egli è nostro eterno Redentore che ci purifica sempre.

Pastorale della santità

Ci sono tante pastorali sempre ben recepite e che danno buoni frutti. Abbiamo movimenti e fraternità. Ma quello che si sente è che la spiritualità, cioè la vita in Cristo sotto l’azione dello Spirito Santo,  finisce per non penetrare la vita e le attività della comunità. In questo modo esse arrivano a non avere un punto di appoggio e di consistenza. Non sono fatte nel Signore. Non sono né cattivi né inefficienti. Potrebbero essere anche santificatrici . La santità è punto di partenza e non di arrivo. La divinizzazione che ci è data  partecipare, dovrà penetrare le attività in modo che facciano crescere in noi e tra noi la comunione al Corpo di Cristo. Diciamo che è il battesimo in azione, sostenuto dagli altri sacramenti e dall’unzione permanente dello Spirito. Senza questo la pastorale non risulta buona.

Letture: Ap. 7,2-4.9-14; Salmo 23; 1 Gv 3,1-3;Matteo5,1-12a




 
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