E voi chi dite che io sia? Questa domanda Gesù la pone a ciascuno di noi anche oggi. E noi cosa rispondiamo? Essere discepolo non è solo credere in Gesù, ma fare come ha fatto lui: rinunciare a se stesso e prendere la propria croce e seguirlo
nº 1474
Omelia 24^ Dom. T.O.
(13.09.15)
Pe. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista
Tu sei il Messia
Un Messia diverso
Ascoltando la Parola di Dio proclamata dal profeta Isaia, incontriamo la figura del Servo sofferente. Il testo è una profezia sulla sofferenza del Messia. Gesù spiega che Lui è il Messia: “Cominciò a insegnar loro dicendo che il Figlio dell’Uomo doveva soffrire molto ed essere rigettato ... essere ucciso e risuscitare il terzo giorno” (Mc 8,31). Accogliere il Cristo sofferente è pensare come Dio e non come gli uomini come disse Gesù a Pietro (33). La sofferenza e la morte di Gesù sono un assurdo per i giudei e una follia per i pagani (1 cor 1,27). E questo è incomprensibile per tanti. La sofferenza redentrice non può essere compresa solo come dolore, ma anche come conseguenza della propria consegna a Dio. Si attendeva un Messia glorioso. Cosa avrebbe risolto? Il Gesù-Messia non è una soluzione politica per gli shows spettacolari. Il popolo voleva un Messia politico a causa della bruttissima esperienza che aveva del potere e della tirannia. Il Messia sofferente, al contrario, si consegna totalmente al Padre per la redenzione totale di tutti, poiché si pone al servizio di tutti. Il Cristo-Messia sofferente non corrispondeva dunque alle aspettative del popolo. Per questo non fu considerato fino ad essere confuso con altri profeti. Oggi noi possiamo comprendere sofferenza e consegna. Ma ci sono anche coloro che giudicano che la sofferenza arriva come castigo oppure che Dio non ascolta la nostra preghiere di richiesta si conforto. È un errore grave di alcuni segmenti cristiani.
L’opera della fede
Pietro risponde a nome nostro alla domanda di Gesù: “Chi dicono che Io sia” la risposta è un atto di fede. Giacomo spiega cosa vuol dire credere. Probabilmente tra i cristiani doveva esserci qualche problema nel rapporto tra fede e carità. Cosa salva? Sentiamo spesso in giro dire che basta credere per essere salvi. Paolo non diceva propriamente questo ma in Galati affermava che la fede deve essere operosa, cioè arricchita dalle opere di carità (Gal 5,6). La fede salva, ma senza la carità è solo una teoria. Giacomo dà un esempio chiaro: se qualcuno ha fame e voi gli dice “va e saziati” ma non gli date il cibo, a cosa serve? La carità operosa sta nel cuore della scelta di Gesù e arriva fino alla croce. La carità deve essere come Gesù. Andare fino alla fine. La fede senza la carità è vuota, è morta, come dice appunto san Giacomo. Lui è pratico. La carità senza la fede è sociale ma non ha contenuto. Gesù continua ad amare attraverso chi ama. Che l’azione dell’Eucaristia penetri tutto il nostro essere affinchè non siamo mossi dai nostri impulsi, ma dalla grazia del Sacramento (Preghiera del dopo-comunione)
Seguire Gesù salva
C’è un solo modo per credere nel Messia Gesù Cristo: prendere la croce e seguirLo. Questo fa il discepolo. Il Messia Gesù non coincide con le aspettative del giudaismo. Essere discepolo anche non corrisponde al concetto che ne abbiamo e questo fino ad oggi. Essere discepolo non è solo accogliere Gesù, ma è fare come Gesù ha fatto: rinunciare a se stesso e prendere la croce. Non si tratta di sofferenza, ma della disposizione con la quale Gesù si consegna al Padre per il mondo. E conclude con un senso contraddittorio rispetto a quello che tutto il mondo pensa: “Chi desidera salvare la propria vita, la perderà, ma chi perde la propria vita a causa mia e del vangelo, la salverà” (Mc 8,35). Possiamo capire qui le parole di Simeone: “Questo bambino è posto come segno di contraddizione” (Lc 8,34). Oggi i discepoli di Gesù sono spesso rifiutati,ma tale rifiuto non è contro di loro ma contro Gesù stesso, al quale essi sono uniti. La nostra disposizione dovrà essere quella che ci suggerisce il salmo: “Camminare alla presenza del Signore nella terra dei viventi” (S. 114)
Letture: Is.50,5-9ª; Salmo 114; Gc- 2,14-18; Marco 8,27-35
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