nº 1383
articolo
Pe. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista
Chiesa in uscita
1486 Dio invia
“Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando Voi. Ricevete lo Spirito Santo!” (Gv 20,21). La missione della Chiesa continua la missione stessa di Cristo con tutto il potere che il Padre Gli ha dato. Gesù invia i discepoli che portarono il Vangelo in tutti gli angoli della terra. La missione continua. Con il Papa Francesco veniamo sollecitati a continuare questo modo di agire del Padre. Dall’Antico Testamento contempliamo Dio che invia. Ha inviato Abramo dicendogli: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentele e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò” (Gn 12,1). Leggiamo nell’Esodo che Mosè udì la chiamata “Vai! Io ti invio” (Es.3,10). Disse ai profeti, come a Ezechiele: “Figlio dell’uomo, Io ti invio ai figli d’Israele” (Ez 2,3). Come a Geremia: “Andrai dove io ti invierò” (Ger 1,7). Il Papa evoca una parola diversa per questo movimento. Impiegna il termina “uscito”. Una Chiesa in uscita. Il movimento di orientamento del popolo parte sempra da un inviato di Dio. Ora siamo stimolati a una nuova uscita missionaria. Per anni rimasti nella “splendida culla” della cristianità, siamo arrivati a un ateismo assurdo in quello che chiamiamo “il primo mondo”. Una crescita di sette cristiane e non, un cristianesimo di comodo o finanche pervertito dalle ideologie e dall’indifferentismo sia delle fede che della morale. Nel secolo XIX ci fu un grande movimento missionario continuato poi nel secolo XX. Era a fine di evangelizzare i nuovi popoli. Il vigore missionario si indebolisce anche a causa del rispetto per le altre culture. Ma i popoli non sono un museo per stimolare la curiosità turistica. Essi hanno il diritto di ascoltare l’annuncio evangelico. L’evangelizzazione sarà coerente se rispetterà le culture, come ha fatto Gesù. Non si può imporre una cultura, ma portare il Vangelo si.
1487. Gioia di partire
Quando dobbiamo partire per andare lontano a vivere situazioni difficili, c’è sempre la paura del diverso. D’altro lato però c’è anche la gioia di percepire quanto ci riempie il cuore donare la vita, accogliere la novità come un dono, arricchirsi per il dono delle altre culture. Anche in situazioni difficili, è meglio che restare accomodati a far nulla. È una avventura spirituale che si unisce a tante scoperte umane. Chi va in missione non ritorna impoverito ma arricchito umanamente e spiritualmente. I discepoli tornarono pieni di gioia dalla loro missione (Lc 10,17). La gioia non è una soddisfazione umana soltanto, ma anche spirituale, poiché lo Spirito ci fa vedere i frutti del vangelo (EG21). Gesù stesso ha un momento di forte emozione spirituale: “In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perchè hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Lc 10,21). La semente del Vangelo non dipende da noi o dalla nostra sapienza. La Parola possiede una potenzialità che non possiamo prevedere. Non sono in gioco soltanto la nostra forza e la nostra sapienza.
1488. Gioia aperta a tutti
Il Papa insiste sulla uscita missionaria: “Fedeli al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca per annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi e in tutte le occasioni, senza dimora, senza ripugnanze e senza paura. La gioia è per tutto il popolo . Nessuno può restare escluso” (EG 23). Abbiamo una chiesa dei “centri”. Le periferie restano abbandonate, vittime degli approfittatori. Le celebrazioni belle sono fatte solo nelle cattedrali dove il popolo non va. Non si deve abbandonare il centro, ma portare il centro a sostegno delle periferie e dei luoghi abbandonati. I nostri “buoni cristiani” del centro non si fanno missionari. E per questo le loro comunità si indeboliscono.
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