La pesca miracolosa è simbolo della
predicazione che produce frutti abbondanti. Pescare e predicare nel nome di
Gesù. La predicazione conduce all’Eucaristia. La parola pesce, dal greco,
costituisce il monogramma di Gesù. Il dialogo tra Gesù e Pietro ci insegna che
la fede si fonda nell’amore.
nº
1222
Omelia 3^ Dom. di Pasqua
(14.04.13)
Pe. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista
Fede fondata sull’amore
Due scene si completano, sul
lago di Tiberiade: la pesca miracolosa e la triplice domanda a Pietro. I discepoli lavorano tutta la notte senza pescare nulla,
ma sulle parole di Gesù, fanno poi una pesca abbondante. La pesca con frutti
abbondanti conduce ad un convivio offerto proprio da Gesù che non usa i pesci
pescati, ma ne dà uno che Egli stesso offre. La pesca simboleggia la
predicazione. Possiamo allora interpretare che la predicazione non è solo per
condurci alla conoscenza di Gesù, ma per partecipare del suo Corpo e del Suo
Sangue nella comunità. Come nell’ultima
Cena abiamo visto Gesù prendere il pane
e distribuirlo tra loro, così ha fatto ora con il pesce. La parola “pesce”, in
greco, è costituita dalle iniziali del nome Gesù, che è una professione di
fede: Gesù Cristo Figlio di Dio, Salvatore (Ichtys). La fede ci conduce sempre
al riconoscimento del Cristo come Signore e Dio. Poi incontriamo il dialogo con
Pietro al quale Gesù domanda se Lo ama. Prima
Gesù domanda se lo ama con Amore Divino. Pietro risponde che ama con amore
umano. Nella terza volta domanda se lo ama con amore di amico. Pietro si
emoziona e risponde: “Tu sai tutto, tu sai che io Ti amo” (Gv 21,15). Pur essendo
stato fragile, perchè lo ha rinnegato, Gesù si fida di lui e gli dà la
responsabilità di prendersi cura del gregge delle pecore e degli agnelli. Notiamo
che Giovanni, davanti al fatto della pesca miracolosa ne riconosce l’autore: “E’
il Signore!” (Gv 21,7). E’ l’amore che porta al riconoscimento. Perchè questa
insistenza di Gesù sull’amore di Pietro? L’amore deve essere sia Divino che
umano. Pietro dimostrerà che il suo amore è Divino nell’impegno di vita per
Gesù. Pietro è fragile, ma è fermo nell’amore. L’amore che Gesù gli domanda non
si riferisce solo all’affetto ma ad uno stile di vita per il popolo, agnelli e
pecore. Questo amore significa una obbedienza al di sopra di ogni discussione. La
fede in Gesù si dimostra nell’amore
Obbedire prima a
Dio
L’inizio della predicazione
dei discepoli è stata molto disturbata. Davanti alla proibizione dagli uomini
di potere, di insegnare nel nome di Gesù, Pietro e Giovanni rispondono: “E’
necessario obbedire a Dio prima che agli uomini” (At 5,29). E’ la stessa
risposta che danno i cristiani davanti alle pressioni del potere romano, riconoscendo
la Divinità di Gesù: l’Agnello che fu immolato (Ap 5,12), solo Lui è degno. Questo
saluto che fanno a Cristo, Agnello immolato era il saluto che si faceva all’imperatore
romano. Pietro e Giovanni lanciano in faccia al Sommo Sacerdote e al sinedrio,
l’accusa della colpa per la morte di Gesù. Ma Dio Lo ha esaltato favendoLo
diventare Guida Suprema e Salvatore. Questa tendenza a far tacere la Chiesa
passa in tutti i secoli. La Chiesa non è contro le persone, ma mette in guardia
contro l’errore. La testimonianza degli Apostoli è accompagnata dalla
testimonianza dello Spirito Santo. Essi non parlano per se: “E di questo siamo
testimoni, noi e lo Spirito Santo, che Dio concede a coloro che gli obbediscono”
(At 5,32).
La gloria come meta
Tutta la liturgia del Tempo
Pasquale, mentre ci fa prendere sempre più coscienza del mistero che abbiamo
vissuto, ci mette nella prospettiva del nostro futuro. E così ci fa pregare: “Il tuo popolo... pregusti
nella speranza il giorno glorioso della Risurrezione” (colletta). Chiediamo che
Dio “ci conceda una perenne letizia” (Offertorio). E ancora: “guarda con bontà,
Signore, il tuo popolo, che hai rinnovato con i sacramenti pasquali, e guidalo
alla gloria incorruttibile della risurrezione”- (Dopo-comunione). Il mistero
della Risurrezione è vissuto ogni giorno dai discepoli di Gesù. Tutti coloro
che credono e tutti coloro che vivono nell’amore e nella giustizia vivono la
Risurrezione pur nella loro fragilità. Un
giorno potremo con “tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e
nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovano” dire: “A colui che siede in trono e all’Agnello: lode, onore gloria e
potenza nei secoli dei secoli” e tutto l’universo dirà: “Amen” (Ap 5,14)
Letture: Atti 5,
27b-32.40b-41; S. 29; Ap. 5,11-14; Giovanni 21, 1-19