Contemplazione
e azione sono due aspetti della stessa attività del discepolo. Quanto più contempliamo,
tanto più la nostra azione sarà convincente. E chiunque viene verso di noi per incontrarci è sempre un Dono
di Dio
n. 1250
Omelia 16^ Dom. T.O.
21.7.2013 pe. Luis carlos de oliveira Redentorista
Una cosa sola è necessaria
Accogliere il Signore
Nel suo cammino verso
Gerusalemme, Gesù viene ospitato nella casa dei suoi amici: Lazzaro, Marta e Maria.
Gesù sapeva essere amico e amare i suoi amici. Accogliere Gesù è accogliere la
Parola. Per questo Maria, sorella di Lazzaro, accoglie e ascolta. Marta cerca
di preparare le cose migliori affinchè
Lui si sentisse ben accolto. L’ospitalità è un dono caratteristico della
cultura orientale. In questa visita c’è un dialogo di Gesù con Marta che ci
orienta verso l’equilibrio. Lei si
disbriga in cucina e chiede a Gesù di inviarle Maria in aiuto. Ma Gesù
la invita ad accogliere prima la Parola e
poi a completarla con una generosa accoglienza. Insegna così che il
servizio avrà senso solo se deriva dalla
fonte che è l’ascolto del Signore. Ascoltiamo poco, per questo non impariamo a
servire. Non si può separare la contemplazione dal servizio, come se fossero
due cose opposte. Contemplazione e azione sono due aspetti di un’unica attività
del discepolo, in modo che l’azione scaturisca dalla pienezza della
contemplazione e l’azione dia materia per la contemplazione. E così ci
ritroviamo con il superattivismo. Ma vediamo che i santi erano persone
estremamente attive ed anche profondamente contemplative. Senza la
contemplazione non c’è azione convincente e ancor meno resistente al tempo che
passa. Leggiamo, nella prima lettura, il testo su Abramo che riceve i tre
uomini che sono la misteriosa presenza
di Dio. Abramo si dà molto da fare nell’accogliere
i viandanti. Il suo comportamento gli ottiene la promessa di un erede. Paolo
nell’accogliere la chiamata di Dio in modo tanto generoso, è divenuto un dono
di Dio per tutti quelli che incontrava. Questa è la forza della sua
evangelizzazione. Cristo, nella sua incarnazione, accoglie la nostra umanità e
noi accogliamo la sua Divinità. L’accogliere è partecipazione di una vita. Così
si realizza il Mistero della nostra redenzione.
Accogliere Dio nell’altro
Maria è seduta ai piedi di Gesù.
Colui che viene verso di noi è sempre una visita di Dio. Abramo nell’accogliere
i tre viaggiatori non pensò ad un regalo che avrebbe potuto ricevere, e
pertanto ricevette un dono immenso quello della promessa di un figlio che
sarebbe stato l’erede. Ogni volta che accogliamo qualcuno sempre c’è un dono di
Dio che ci viene offerto. Ricordiamo ciò che dice la lettera agli Ebrei: “
alcuni senza saperlo ospitarono angeli…” (13,2). Il tempo speso con le
persone è quello migliore. L’insegnamento
del Vangelo ci porta a mettere un freno alla nostra agitazione e alle nostre
attività che vanno molto al di là delle reali necessità della vita. Nelle famiglie
non spendiamo il tempo gli uni con gli
altri perché siamo sempre troppo occupati. È necessario riposare in Dio, come
Maria, ascoltando Dio parlare. Così
avremo di che parlare
Perfetta unione con Cristo
Il risultato della nostra
unione con Gesù è la capacità di
accogliere e partecipare alle sue sofferenze. Paolo dice: “ Completo nella mia
carne ciò che manca ai patimenti del Cristo, a favore del suo corpo che è la
Chiesa” (Cl 1,24). La presenza misteriosa del Cristo in noi è la speranza della
Gloria. La pratica dell’accoglienza deve essere la vita normale della
pastorale. Non c’è nessuno così cattivo che non abbia qualcosa di buono che
possa essere apprezzato ed accolto. La propria struttura pastorale deve modellarsi sulle necessità della gente. L’unione
a Cristo ci porta a stare con Lui ascoltando la sua Parola. Così saremo molto
utili al popolo di Dio. Sapremo portargli un contenuto migliore riguardo all’attività
e all’annuncio. Il popolo aspetta da noi una esperienza più grande di Dio.
Letture: Gn 18, 1-10; Sal 14; Col 1, 24-28;
Lc 10, 38-42
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