nº 1129
Articolo
Pe. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista
Spiritualità dell’Ascensione
1110. Guardando la terra
La
Solennità
dell’Ascensione del Signore non è l’ultimo capitolo che finisce molto
rapidamente. Vediamo che i vangeli gli dedicano poche righe. Ma con poche
parole dicono tutto. Essa è parte integrante del mistero Pasquale, senza la
quale, non c’è senso. In ciò che si
riferisce a Gesù, l’Ascensione è la consumazione della sua Risurrezione, nella
Glorificazione in unione al Padre con
ogni potere e gloria. In ciò che si riferisce a noi, è la nostra
realizzazione come umanità che, con Lui, arriva alla sua massima esaltazione.
D’altro lato, ci dà il modo di vivere nella gloria, costruendo la storia.
Quando tutti guardavano in alto, gli “angeli” dissero che non bisognava restare
a guardare in alto, poichè Gesù sarebbe tornato nella gloria. Che cosa dobbiamo
fare, allora, fino a che Lui ritorni? Guardare il mondo, la terra. E’ la
consacrazione delle realtà terrestri che, per la materia glorificata da Gesù,
raggiungono il loro più alto fine. In questa condizione possiamo capire quello
che diceva Theilhard de Chardin, la “Cristificazione dell’Universo”. L’universo
e la natura umana sono il cammino della
Vita di Dio in noi. Ciò vuol dire che la spiritualità, la vita cristiana e la
santità non sono solo un guardare il cielo, come un uscire dal mondo, ma un
vivere nel mondo, viverci per Dio in Cristo, guidati dallo Spirito Santo. E’
più facile una spiritualità slegata da tutto e intimista che non ci compromette
con il comandamento di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri” (Gv 13,34), e ci
sottrae allo stare in unione più grande con i problemi delle persone, di
sentire i loro dolori, di “adoperare le nostre mani per gli altri”. Lo
spiritualismo è molto comodo. La mancanza di vigore della nostra
evangelizzazione proviene dalla mancanza della testimonianza spirituale. Ci
piacciono :la lettura di bei libri, i vestiti, le cerimonie, mentre c’è un mondo che sta prendendo fuoco. La Chiesa non deve avere la
mentalità del mondo, come dice Giovanni: “non li togliere dal mondo ma
preservali dal maligno” (Gv 17,15), dona loro una mentalità nuova.
1111. Una spiritualità integrale
Siamo chiamati ad avere una spiritualità
integrale. Possiamo domandarci se ciò che proponiamo come spiritualità è
possibile che diventi vissuta dal popolo della strada, che soffre: per la
mancanza di impiego, di salute ecc. La spiritualità evangelica orienta a vivere
in tutte le condizioni umane come cammino spirituale. Essa contiene sofferenza
e allegria; sà godere del divertimento, del piacere che Dio pone nel nostro
corpo, dell’amicizia, dell’amore umano che si santifica nell’amare Gesù. La
troviamo guardando la nostra gente e i
nostri familiari quando sanno vivere l’amore a Dio nella dedizione alla
famiglia, alla comunità parrocchiale o alla città nella politica nell’impegno
e nella speranza per un mondo migliore per i propri figli e per tutta la
popolazione
1112. Dare un’anima al mondo
Dopo l’Ascensione riceviamo la missione di
portare avanti la redenzione. Dio ha
voluto aver bisogno di noi affinchè il mondo possa convergere verso Cristo. Non
ha necessità che tutti parlino la stessa lingua spirituale, ma che tutti
parlino il linguaggio del vangelo. Se lottiamo per la giustizia, per l’amore, la
pace, il progresso dei popoli, stiamo aprendo cammini affinchè Dio sia tutto in
tutti (1 Cor 15,28). Quante cose buone sono fatte dalle persone che neppure
conoscono il vangelo, ma Gesù le conosce e santifica le loro buone azioni con
il sacramento della sua persona. Non basta mettere il timbro di Cristo nelle
proprie azioni, ma mettere Cristo come vita in quello che si fa. Chi fa il
bene, lo fa in nome di Dio. La nostra missione è mostrare che le meraviglie del
popolo saranno più belle se lasceremo fiorire nel loro e nel nostro giardino i
fiori seminati da Gesù con la sua incarnazione.