nº
1113
Articolo
Pe.
Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista
Storia
della Settimana Santa
Madre
e maestra di liturgia
“Che gioia quando mi
dissero: andremo alla casa del Signore!”.
Era il salmo dell’ascesa a Gerusalemme . Cantare questo salmo è stato ed
è un momento unico nella comprensione di ciò che significava e significa questa
città per la Storia
della Salvezza. Celebrare è festeggiare. Festeggiamo la Pasqua del Signore. “Le
feste sono celebrazioni di avvenimenti che sono ricordati e attualizzati dai fedeli
in un clima di azione di grazie” (P. A.C.O. Souza). I giudei avevano diverse
feste durante l’anno, tutte legate con la Storia della presenza di Dio in mezzo al popolo.
I cristiani le celebrano ancora, a partire da Cristo. Da lì è sorto l’Anno
Liturgico, il cui cuore è il Triduo Pasquale. E’ iniziato con la celebrazione
della Pasqua che, accompagnando il calendario giudaico, veniva celebrata la
prima domenica dopo la luna piena di primavera (emisfero nord). La festa veniva
preparata da un digiuno che, con il tempo, è divenuto di 40 giorni, la Quaresima. In
Gerusalemme la liturgia assumeva una
caratteristica unica: liturgia geografica. Le celebrazioni erano fatte nei
luoghi dove era avvenuto il fatto storico della vita di Gesù. Io stesso ho
partecipato alla processione delle Palme uscendo da Betfage vicino Gerusalemme.
E’ durata tre ore. Il centro era sempre la Basilica della Risurrezione – Anastasis – dove
c’è il sepolcro da dove Gesù è risorto. Questo modo di celebrare è passato poi
a tutta la Chiesa. Una
monaca spagnola, di nome Etéria, verso il 380 d.c., fece un pellegrinaggio in
tutti i luoghi biblici. Racconta come venivano svolte le celebrazioni della
Settimana Santa a Gerusalemme. Giustamente racconta questo aspetto di celebrare
sui luoghi degli avvenimenti e terminare poi nella Basilica della Risurrezione.
A partire da qui, questo modo di celebrare si sparse per tutta la Chiesa. La domenica delle Palme
ripete questa scena esterna dell’entrata di Gesù a Gerusalemme.
Pietà
popolare e liturgia
Nei primi secoli la
lingua della liturgia era accessibile al popolo. In questo tempo la pietà e la
spiritualità del popolo nascevano dalla liturgia. Le devozioni non erano ancora
sorte. La devozione risiedeva nella partecipazione alle celebrazioni. Quando la
liturgia si distanziò dal popolo per diventare una cosa dei sacerdoti mentre il
popolo rimaneva distante, cominciò un culto molto forte verso l’umanità di
Cristo. Sorsero così le devozioni del presepe, della Passione, e della Madre
del Signore. Siccome la conoscenza era debole, facevano quello che era alla
loro portata. E’ più facile capire. Chi non capisce il dolore di Gesù e di sua Madre? E’ l’aspetto più sensibile.
In questo tempo si sviluppa il culto dei santi. In seguito è diventato il modo
con cui le persone hanno vissuto la loro fede. Purtroppo l’evangelizzazione era
molto debole. La devozione non esercitava la funzione di conversione. La
devozione così intesa ha attraversato i secoli fino a noi. Nella misura in cui approfondiamo la nostra
vita liturgica, modifichiamo il nostro modo di comprendere la devozione. Essa
non è un male ma ha bisogno di essere evangelizzata.
...a nostra volta!
Abbiamo anche il
folclore religioso che è la devozione nella cultura popolare. Questo ha
sostenuto la fede nel popolo durante i molti anni nei quali sono vissuti senza
assistenza religiosa. E’ un modo di vivere la fede nella realtà popolare, ma,
molti religiosi che, con buona volontà desideravano evangelizzare finirono col
distruggere questa pietà popolare. Hanno fatto della Settimana Santa un momento solo per i liders.
Questo era l’ultimo filo di unione, e la fede popolare si è raffreddata. Per
questo occorre cercare di fare bene le nostre liturgie e creare modi per
arrivare al popolo attraverso il popolare. Movimenti e devozioni che vengono da
altri paesi aiutano, ma non possiamo uccidere la fede della gente. E’ un
crimine. D’altro lato abbiamo bisogno di portare la liturgia fino al popolo
perchè comprenda e celebri.