La storia del chicco di grano ci fa
capire che la nostra sapienza è la croce. La glorificazione per il cristiano è
stare unito a Cristo crocifisso. Perdere
per vincere!
nº 1112
Omelia 5^ Dom. Quaresima
(25.03.12)
Pe. Luiz Carlos de
Oliveira
Redentorista
Alleanza nel Cuore
Croce di salvezza
Ci stiamo avvicinando alla
Pasqua del Signore, che è il Suo passaggio al Padre. Gesù ha fatto della sua vita una continua
consegna al Padre. Ha sempre mostraro chiaro ciò che significava la sua vita:
perdersi per possedersi; morire per avere la Vita.
E’ la glorificazione. La croce di Gesù attira. Quando i greci
chiedono di vedere Gesù, per Lui è arrivato il momento del passaggio. Questo
passaggio viene descritto con la storia del chicco di grano: “se il chicco di
grano caduto a terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce frutto”
(Gv. 12,24). Così è della Sua vita, la sua morte produrrà il grande frutto
della redenzione per tutti i popoli. Ho letto da poco una frase che dice che il
cattolicesimo ha perso la parte peggiore della sua dottrina: la croce. Paolo,
però, è chiaro: “Mentre i giudei chiedono miracoli e i greci cercano la
sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso scandalo per i giudei, stoltezza
per i pagani” (1 Cor 1,22-23). L’essere glorificato sulla croce dimostra che
Gesù ha un’umanità, perchè è passato per l’angoscia della sofferenza, come
leggiamo nella lettera agli Ebrei: “Cristo, nei giorni della sua vita terrena,
offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo
da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo
Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di
salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb. 5, 7-9). E poi c’è la grande profezia di Gesù :“Quando
sarò elevato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,32). E’ per questo che
abbiamo i crocifissi ovunque. Ma non adoriamo un Dio morto, bensì Colui che, attraverso
la morte ha riavuto la vita e ce l’ha donata.
Avere la stessa
carità
Gesù conferma: “Chi ama la
propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la
conserverà per la vita eterna” (Gv 12, 25).
La liturgia di questa domenica ci colloca in questa tematica: “Vieni in nostro aiuto, Padre
misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che
spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi” (Colletta). Gesù invita a restare
con Lui con le sue stesse disposizioni: “Se uno mi vuole servire, mi segua, e
dove sono io, là sarà anche il mio servitore” (Gv 12,26). Il grande premio per
il cristiano, ciò che gli otterrà la glorificazione, è restare unito a Gesù in
croce. C’è un santo che non ha sofferto? Agli occhi del mondo parvero inutili,
ma furono invece i più utili: “Chi
ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la
conserverà per la vita eterna” (Gv 12,25).
Ascoltare con il
cuore
Per quello che vediamo nella
storia della salvezza, la durezza di cuore e la chiusura nell’ascolto furono le
peggiori disgrazie del popolo. Il cuore è il simbolo del sentimento e infatti
preghiamo : “Crea in me , Signore, un cuore puro, rinnova in me uno spirito
saldo” (Sl 50). In relazione con il cuore c’è l’obbedienza alla Parola.
Obbedienza significa restare con le orecchie aperte per ascoltare Dio che
parla. Il profeta parla dei tempi futuri nei quali ci sarà una alleanza nuova.
Nuova in relazione a quella del Sinai scritta su tavole di pietra. Ora invece
la nuova alleanza sarà impressa nelle viscere, considerate il centro dei
sentimenti, scritta nel cuore (Ger 31,33). L’alleanza è una scelta d’amore, “Io
sarò il loro Dio e essi saranno il mio popolo” (id).. In ogni Eucaristia
diciamo: “Sangue della nuova alleanza”.
Sangue sgorgato dal cuore trapassato dalla lancia che siglò il compromesso definitivo.
Letture: Ger. 31,
31-34; S. 50; Eb. 5, 7-9;
Vangelo di Giovanni 12, 20-33