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Omelia Sedicesima Domenica Tempo Ordinario - Anno C - 18.7.2010
 
 Accogliere le persone è accogliere Dio

n. 936
Omelia Sedicesima Domenica
Tempo Ordinario
18.7.2010
P. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista

 

Accoglienza della vita

 La liturgia di questa domenica ha un sapore orientale nella pratica dell’accoglienza dell’ospite. L’apertura delle nostre case, al giorno d’oggi, è a rischio della vita. Ma non possiamo sacrificare il Vangelo a causa dei mali della società. Se abbiamo il coraggio di attuarlo, vinceremo ogni violenza. Leggiamo che Abramo accoglie tre personaggi e che due sorelle accolgono Gesù che passa dalla loro casa. IL verbo accogliere si riferisce anche all’accoglienza della parola divina (Lc 10, 39). L’ospitalità è unita all’apertura a Dio. Abramo accoglie con prontezza. Maria sedutasi, ascolta. E’ l’attitudine del discepolo. Accogliere le persone è accogliere Dio. Gesù dice: “Chi accoglie uno di questi piccoli a causa del mio nome, accoglie me” (Mc 9, 37). L’ospitalità nella Scrittura e, nella vita della comunità cristiana, ha un senso religioso. Nella lettera agli Ebrei c’è scritto: “Non dimenticate l’ospitalità: per mezzo di questa infatti alcuni, senza saperlo, ospitarono angeli”. (Eb. 13.2). Con la carità, l’accoglienza è completa, come ha fatto Abramo con l’abbondanza e la prontezza.  L’ospitalità è un sacramento di Dio  che ha visitato il suo popolo nella persona di Gesù. Per l’ospitalità siamo ospitati dalla Trinità. Il cuore buono è sempre un buon luogo per essere ospitati. Gesù dice: “Venite a me… perché io sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 28-29). Per ospitare ed accogliere è necessario avere purezza di mente e di abitudini.

 

Unica visione della vita

 Gesù era aperto ad incontrare le persone  che accogliessero Lui e la sua Parola. Egli è la Parola che chiede accoglienza. Ci sono due modi di stare con Gesù: nell’azione e nella contemplazione. Sono le due modalità presentate da Marta e Maria. Esse raffigurano l’accoglienza. Marta si affanna nel lavoro di accogliere e Maria, seduta, accoglie la parola dell’ospite Gesù. Marta chiede a Gesù che sua sorella l’aiuti. Gesù le risponde che lei si dà pensiero di molte cose ma che Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà mai tolta (Lc 10, 40-42).  Gesù non vuole dire che Marta sta sbagliando. Invece è come se dicesse:  restiamo tutti uniti, nell’ascoltare la Parola (conversando) e poi andremo a preparare  il pasto. Questa situazione indica i due modelli della vita cristiana: contemplazione e azione. Non si pensa più così, ma si considera Maria come modello di coloro che contemplano Dio nell’azione portando il mondo nel cuore, come  nella spiritualità. Senza questa unione “mariana” né la contemplazione, né l’azione saranno complete

 

Completando nella nostra carne

 Paolo  ha ospitato Gesù nella sua vita e ha partecipato alle sue sofferenze ma anche al segreto della sua missione nell’apertura della fede ai pagani dei quali si fece servitore. Paolo ci dà una visione che completa ciò di cui si parla nel Vangelo di oggi: la partecipazione alle sofferenze di Cristo. Senza questa diventa incomprensibile la sofferenza nella vita del giusto. Quanto più siamo uniti a Cristo, più partecipiamo della sua consegna al Padre e soffriamo le stesse sofferenze che Lui ha patito. Senza sofferenza, la redenzione diventa una ideologia. La sofferenza ci rende perfetti in Cristo e ci rende uniti a tutti gli uomini e donne della terra. Trasmettiamo la Parola di Dio in pienezza. Ospitare la sofferenza come Parola di Dio è redenzione dell’umanità. “Partecipare alla messa è unirsi al Cristo, che si offre al Padre per il mondo” (p. Gregorio Lutz).  E’ ospitare i dolori del mondo nel cuore, come ha fatto Lui.

 

Letture: Genesi 18, 1-10; Salmo 14, 2-5; Colossesi 1, 24-28; Vangelo: Luca 10, 38-42

 
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