n. 838 Omelia 19^ Domenica tempo ordinario 9 agosto 2009 P. Luiz Carlos de Oliveira Redentorista Camminare con la forza del cibo
Essere discepolo di Dio è ascoltare la sua Parola: “chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me” (Gv 6,45). Gesù nel discorso sul Pane di Vita ci spiega che è venuto da Dio per dare la vita. Chi crede in lui, avrà la Vita. Credere è cibarsi di lui che è il Pane della Vita. Il discepolo ha la vita perchè è attratto dal Padre e crede nel Figlio: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha inviato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 44). E, chi “crede possiede la vita eterna “ (v. 47). La forza del cibo che sostiene il profeta Elia è simbolo della fede che sostiene colui che crede, per tutta la vita. Perché le persone non credono in Gesù? Perché era un uomo comune. Qui si colloca la sfida della fede: credere per la fede e non per le apparenze. Se Gesù si fosse manifestato in una apparenza magnifica, avrebbe attratto a causa dell’apparenza, non per Sé. Non ci dobbiamo appoggiare nelle false sicurezze. La manna alimentò il popolo, ma non diede la vita eterna, poiché quell’alimento serviva solo per il fisico. Gesù è il pane che alimenta per la vita eterna. Dice: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo .Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il Pane che io darò è la mia carne data per la vita del mondo” (v. 51). Nella cena, Egli ci dona il pane e il vino come sua carne e suo sangue da mangiare e da bere. Fede è credere in lui: Questo vuol dire alimentarsi per la vita eterna. La fede conduce a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue che sono il pane e il vino dell’Eucaristia. Mangiare il pane dell’Eucaristia e bere il vino consacrati è avere la vita eterna. Nella forza di questo alimento si cammina come il profeta che confidava in Dio e per lui lottava. Dio lo conduce fino al Monte Horeb (monte Sinai) per l’incontro con Lui. La fede che lo sostiene è simbolizzata dal pane e dall’acqua portati dall’Angelo. Il profeta era un uomo fragile che si stanca della sua missione e desidera la morte (1 Re 19,4). Per il pane ritorna in lui la forza. Gesù si presenta come il pane di Dio nella fragile figura di uomo. Credere in Gesù è essere alimentato da Dio che dona già la vita eterna. Il pane è fragile. Esige la fede che fu chiesta ai giudei. Essa dona la vita eterna e sostiene lungo il cammino. Per questo: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore! (Salmo 34,9). Non rattristate lo Spirito Santo Alle mormorazioni del popolo ebreo nel deserto (Es 16,2-4) e le mormorazioni dei giudei davanti al discorso di Gesù (Gv 6,41) incontrano in Paolo un parallelo: “Non rattristate lo Spirito Santo di Dio col quale foste segnati per il giorno della redenzione” (Ef 4,30). Accogliere e rallegrare lo Spirito Santo non consiste nel fare delle buone laudi, ma in una vita coerente con la Parola. Paolo enumera una serie di mali che rattristano lo Spirito: “Ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità” (v. 31). Notiamo che qui si incontrano problemi di relazione umana che possono essere vinti per il potere della “comunione” col Corpo di Cristo che ci unisce ed elimina in noi ogni sorta di queste malignità. Essere imitatori di Dio Paolo chiama i cristiani a essere imitatori di Dio. Compiacere Dio è fare come fa Dio. Ascoltando la narrazione dell’Esodo sulla manna, veniamo a sapere chi è Dio: colui che ha compassione, che perdona, che ama. Il popolo, anche dopo la mormorazione contro Dio, riceve il pane venuto dal cielo. Per questo completa l’apostolo: “Vivete nell’amore, come Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5, 2). Ciò che Cristo fa donandoci l’Eucaristia è trasformare l’amore di Dio in alimento che ci unisce a Lui che ci dà la sua carne e il suo sangue come cibo e bevanda che sostengono nel cammino della fede. Letture: 1 Re 19,4-8; Salmo 33; Efesini 4,30-5,2; Gv. 6, 41-51
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