n. 832 Omelia 16^ domenica Tempo ordinario 19.07.2009 P. Luiz Carlos de Oliveira Redentorista Messaggio dato con il cuore Quando gli apostoli ritornarono dalla loro prima esperienza apostolica (Mc 6,6), “si radunarono presso Gesù e gli riferirono tutto ciò che avevano fatto e ciò che avevano insegnato” (Mc 6.30). possiamo percepire l’attenzione di Gesù nell’ascoltare i racconti della esperienza pastorale dei suoi “ragazzi”. La compassione di Gesù non riguarda solo la cura dei sofferenti, ma è anche la capacità di stare unito e ascoltare ognuno. Riferendoci alla sua compassione per il popolo, impariamo che la sua metodologia nella predicazione è la capacità di amare di cuore. Gli evangelisti colgono questo sentimento che muove Gesù nel suo ministero. E’ stato questo che Egli apprese dal Padre che Lo ha inviato nel mondo. La Sua missione è mostrare il cuore del Padre aperto a tutti. Per questo, nel momento della sua morte, il suo cuore è stato aperto dalla lancia per significare che, da lì, abbiamo accesso al Padre. Gesù invita i discepoli ad assaporare, nella solitudine del riposo, le delizie del suo ministero. Riposiamo in lui e con Lui: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco” (v. 31). Ricordandoci che uno dei temi della Scrittura è entrare nel riposo di Dio (Eb 4). Il riposo non è solo non avere niente da fare, bensì è avere la capacità di accogliere coloro che hanno bisogno di riposare: “ molti, avendoli visti partire, compresero e a piedi, da tutte le città, accorsero in quel luogo e giunsero prima di essi” (Mc 6,33). Il riposo dell’apostolo sarà la compassione che vedono in Gesù. Il popolo sofferente, si rifugiava nel deserto per sfuggire alle violenze e da Erode che da poco aveva fatto uccidere Giovanni Battista. (Mc 6, 11-29), e ora cercava Gesù. Dio è il mio riposo. Non potremo mai riposare tranquilli se la compassione non ci porta ad accogliere chi soffre. Non ci duole il cuore a vedere tanta gente lontana dall’amore di Cristo? Per lavorare con il cuore c’è bisogno di riposare nel Signore. Per questo la compassione sarà un privilegio dell’apostolo: “Coloro che piangono saranno consolati” (Mt 5,5). Lui è la nostra pace Paolo proclama che la missione di Gesù è unire il popolo e rompere con tutte le divisioni. Nel Tempio c’erano divisioni tra giudei e pagani. Gesù abolì ogni separazione. Questo atteggiamento di Gesù ha fatto di Lui la Pace. Quando alziamo tanti muri e facciamo tante leggi e decreti, mettiamo fuori coloro che sono amati da Dio, gli abbandonati. Tra gli abbandonati stanno anche coloro che non hanno la fede. Cristo vuole unire e riunire. Vediamo che tanti pastori del popolo, tanto nella società civile come in quella religiosa, disperdono il gregge. Sono incompetenti nella missione di promuovere la pace. La profezia di Geremia provoca la speranza in un pastore, discendente di David, che regnerà come Re e sarà saggio, farà valere il diritto e la giustizia sulla terra. In quel giorno Giuda sarà salvo e Israele vivrà tranquillo (Ger. 23, 5-6). Noi possiamo realizzare questa speranza del popolo. Beati coloro che promuovono la pace perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Essere pastori in Cristo Cristo è il buon pastore. Tutti coloro che annunciano o dirigono il popolo di Dio sono pastori, ma in Cristo. Egli continua in loro il suo ministero di pastore. Quante pecore disperse nel mondo perché i pastori ingrassano a prezzo della loro lana e del loro latte. Gesù ha fatto il contrario, ha dato la vita e il suo sangue perché tutti avessero la vita. Le autorità sono chiamate a essere pastori del popolo. Ringrazieranno Dio se verrà praticata la giustizia (Gv 10,10). Senza questo, la loro autorità non ha consistenza. Ogni Eucaristia è una opportunità di rivolgerci all’unico necessario e di assumere il nostro posto nel mondo ed essere sostenuti da Lui. Essere lider del popolo di Dio è avere la sua compassione. L’abbraccio di pace dell’Eucaristia promuove la compassione, la pace e la missione del buon Pastore che conduce alle acque tranquille (S 22,2). Letture: Geremia 23,1-6; Salmo 22; Efesini 2, 13-18; Marco 6, 30-34
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