Quarta domenica di Pasqua

 

n. 810

3 maggio 2009

 "Il buon Pastore dona la vita"

 

Dò la mia vita

 Nel capitolo decimo del Vangelo di Giovanni  leggiamo la meravigliosa espressione che Gesù applica a se stesso: "Io sono il buon pastore" (Gv 10,11). Nell'Antico Testamento Dio è chiamato il "Pastore di Israele" (Sl. 80,1). Egli pascola il suo popolo: (Ez. 34,1). Gesù, nel dire Io Sono il Buon Pastore, si manifesta come colui che è uguale al Padre che dà la vita e  libera. Il popolo conosceva Dio che liberò il popolo dall'Egitto, che lo condusse nel deserto e che  lo ha fatto entrare  nella terra promessa.  Sa che è un Dio che si compromette con il popolo.  Dio guida e cura il suo popolo. Essere pastore è un atto d'amore, in quanto esiste una familiarità permanente tra il pastore e le pecore. Se Gesù si pone come il Buon Pastore, è perché esistono anche i cattivi pastori che sfruttano le pecore e le conducono per strade sbagliate. Sono i mercenari che fuggono nel pericolo.  Il Buon Pastore invece dà la vita per le  pecore. Dare la vita è stare al servizio. Il Servizio di Gesù è dare la vita per le pecore. La missione redentrice di Gesù è dare la vita, proteggerla, è averne cura, difenderla dai cattivi pastori. Le politiche sociali e religiose, molte volte, sono mercenarie e  arrivano a sacrificare le pecore per il profitto personale. Gesù ha compassione del popolo , poiché "erano come  pecore senza pastore" (Mt 9,36). Invia i suoi discepoli "come pecore in mezzo ai lupi" (Mt 10,16). I mercenari sono i lupi che le divorano. Gesù, il pastore ferito, è il modello per chiunque serve il popolo di Dio. Il Vangelo mostra la scenta tra Gesù, il Buon Pastore, e i mercenari che erano i pastori del popolo. Egli aveva la certezza che la sua vita donata era garanzia per riprenderla. Questi mercenari sono gli stessi che, come leggiamo negli Atti degli Apostoli (At 4,8), interrogano Pietro e Giovanni per il bene che hanno fatto allo storpio, davanti la porta del Tempio.

 

Conosco le mie pecore

 

Nel dire "conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Gv 10,14), Gesù usa un verbo significativo nella Sacra Scrittura,  parla della conoscenza a livello nuziale, che è unione profonda. E' lo stesso verbo usato quando si parla di conoscere Dio. E' la stessa conoscenza che intercorre con la comunità: "La relazione tra il Signore e la comunità è conoscenza nuziale, di totale consegna. E' lo stesso amore che esiste tra il Padre e il Figlio, nello Spirito, fonte e causa dell'amore per gli uomini". Questa conoscenza è conoscenza d'amore. "Guardate quale grande amore ha dato a noi il Padre: siamo chiamati figli di Dio e lo siamo" (1 Gv 3,1). La filiazione divina ci colloca nella stessa relazione tra Gesù e il Padre. Perché conosce, ama, e da la vita per le pecore. Nel donare la vita, il Figlio, sà che ha il potere anche di riprenderla nella Risurrezione. L'amore va oltre, va lontano in cerca della altre pecore che sono fuori del recinto. Il  Suo amore è universale e accoglie l'amore di tutti.

 

 Saremo simili a Lui

 

Conoscendo Dio saremo divinizzati , e questa trasformazione  è opera dell'amore, di ciò che esso realizza in noi. Egli si fa simile a noi per farci simili a Lui. Somiglianza non è solo apparenza.  La meta del Pastore è: portarci a partecipare della sua vita. Saremo simili a Lui (1 Gv 3,2).  Noi vorremmo vedere l'azione di Dio in noi in modo visibile. Ma, solo quando Egli si sarà manifestato lo vedremo. La nostra missione di evangelizzazione è un'opera dell'amore, e porta a conoscere con familiarità il pastore. Per essa vale la pena di donare la vita. Partecipiamo anche alla missione del Pastore. Ogni Eucaristia, per l'intimità col Pastore, ci dona la parola che ci converte e  l'Alimento che ci sostiene e che ci trasforma in ciò che riceviamo.

 

 

 

 

 
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