riporto un articolo del 1937, pubblicato su una rivista di allora:
"Il SS. Sacramento - organo ufficiale dell' Arciconfraternita Madre per le confraternite del SS. Sacramento (San Carlo) - dicembre 1937 - n. 12- anno xv - porta la firma di Luisa Santandrea.
Natale
ed Eucaristia
"A
noi, che veniamo venti secoli dopo il primo Natale, quello di Betlem, a noi non
è piú possibile accostarci al Presepio con l' ingenuitá, la semplicità, il
delizioso stupore dei pastori; né con la spontanea generosità dei Magi. Davanti
a quelli stava un misterioso domani, e i richiami ricevuti dal cielo, dalla
stagione, da quel filo di vagito, avevano ancora un éco arcana di profezia. Se
noi oggi ci rechiamo alla Culla divina, i lieti pifferi e le gementi zampogne
son giá dovenuti per noi le contemplazioni dei Mistici e gli inni dei poeti
sacri. se ci rechiamo con i doni dei Magi, essi son giá divenuti per noi la
profusione di marmi e di statue delle cattedrali e delle basiliche.
Nell'aria,
con le bianche voci degli angeli, si odono i cori del Palestrina. Inferioritá e superioritá di noi venuti dopo: felicitá e mortificazione!
Giá a noi la Culla parla di croce: e il Natale di Ultima Cena. Noi conosciamo
appieno il perche del Natale: la nascita del dolce Bambino ha giá per noi sapore
dell' Eucaristia.
Perche
é nato Gesú, se non per donarsi? se non per morire? Cosí, perche Egli rinasca
in noi, abbiamo il mezzo che i suoi contemporanei non ebbero se non dopo il
Calvario: riceverlo eucaristicamente, nella Carne e nel Sangue che gli dava
Maria; riceverlo, in questa spelonca dell’ anima nostra, che noi possiamo
trasformare in reggia non piú per sfolgorio o profumo di doni orientali, ma per
connubio intimo col Re. Ecco, gia la sua Persona é pronta nella duplice specie
del Corpo e del Sangue; e moltiplicati dai secoli, dai tradimenti e dalle
dimenticanze, sono lá manifesti tutti i nostri peccati. La capanna di Betlem é
gia per noi un altare; questa notturna nascita illuminata da un astro, é gia
per noi la prima pagina del piú tenebroso e piú luminoso dei drammi. Ma se Gesú nel presepe significa Gesú nel
mondo, Gesú per gli uomini, Gesú sugli altari, l'Ostia santissima che, indifesa
come il Bimbo fra i pannolini é esposta su biancor di tovaglie, ci dice come tutte
le promesse siano state mantenute, e il sacrificio compiuto. Non dobbiamo
aspettare piú nulla; il "consumatum est"ci investe del dolce e
tremendo dovere della corrispondenza al gran dono.
Come
il prodursi d’ un fatto visibile, quale la nascita del Figlio dell’Uomo,
portava con sé lo spirituale ed intellettivo avvento della Veritá nel mondo,
cosí per noi l' atto esteriore della Comunione eucaristica rechi il
soprannaturale avvento d' una rinascita in Cristo dell’anima nostra. Il Natale
é ricordo storico, é principio degli eventi nuovi, é la promulgazione di leggi
eterne, é la stessa aurora del mondo; ma il Natale vero, il Natale pieno é
quello interiore, in ciascuno di noi. Se l' opera della Redenzione si chiuse
con l' istituzione dell’ Eucaristia, vuol dire che al di lá di questo - che
ripete l' olocausto del Calvario - non si poteva andare. E'necessario, a noi
venuti dopo venti secoli, giunger di slancio al punto piú alto, al mezzo piú efficace,
al piú prezioso frutto. La santa Culla é
il segno del primo passo verso quel culmine; e il divino Infante é il pane e il vino in attesa di
consacrazione. Nella figura del Bambino - carne e sangue indissolubili ancora,
é espressa - viva - l' indossolubilitá eucaristica del corpo e del sangue, di
cui uno non puó star senza l' altro. Nella figura di Gesú Crocifisso,
dissanguato, é espressa la separazione esteriore, visiva, delle due Specie
eucaristiche, perche il martirio é avvenuto per spargimento di Sangue. Non due
Cristo - il vivo e il morto, il bambino e l’ adulto - ma due tempi dello stesso
Cristo - due aspetti della medesima Eucaristia. Non due sostanze: il pane e il
vino, la Carne e il Sangue, ma due differenziati prodotti della stessa terra,
della stessa materia; due parti eguali dello stesso Gesú. Questo magnifico
criterio d' unitá, nei vari momenti della figura di Cristo, nella duplice offerta
del Sacramento eucaristico ch’Egli per noi istituiva, é criterio coesivo,
amoroso quant’altri mai; amore tende all' unione feconda, quanto la mente alla
sintesi intuitiva e creativa. Cosí noi, consapevoli, come non poterono essere
gli antichi, alla Capanna del Neonato, avremo due doni da offrirgli che quelli
non potevano avere: la gratitudine e l' umiltá.
Passati
i millenni , fra noi e il divino Bambino le parti si invertono: non é piú Lui
il bisognoso di tutto, e non é piú Maria, riconoscente per il Figlio, anche del
piú modesto dei doni alla sua indigenza. Gesú é per noi quegli che sempre ha
donato perché ricchissimo; siamo noi soli gli eterni poveri, che abbiamo ancora
sempre bisogno di Lui. Non istituiva Egli forse l' Eucaristia, sapendo che la
nostra indigenza sarebbe stata pietosa e continua, e che solamente Lui stesso
avrebbe potuto saziarci? E questo stato di cose, non é tale da renderci grati,
e umiliati al suo cospetto, sebbene investiti, col dono eucaristico, della piú
alta delle dignitá? rinasca Gesú nel nostro cuore anche quest' anno, ogni anno,
ma non per morirvi ancora! la nascita vi sia piuttosto un rinnovato compiacimento
di permanenza e di fede. Materni con Lui come Maria alla greppia, nulla avremo
mai di piú caro, di piú doveroso, come la madre, che la viva presenza in noi
del Figlio, in una crescenza mirabile di energie e di gioia."