867. Cristo servo sofferente
Sappiamo che molti paesi, come l’Unione Europea e anche il Brasile, tolgono i crocifissi dai luoghi pubblici per rispettare le altre religioni. L’educazione religiosa viene anche esclusa dalla scuola. E già ne possiamo constatare nefaste conseguenze. La rappresentazione del Cristo Crocifisso è l’espressione chiara della sofferenza che Egli ha portato per tutta la vita. La penitenza non è fonte di dolore, ma aiuto a vivere il dolore in unione a Cristo sofferente. Gesù dice: “Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Egli ha sofferto il massimo dolore: “Annichilì se stesso assumendo la condizione di servo... Umiliò se stesso e si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 27,8). Obbedienza è l’apertura al Padre. Andare fino all’estremo per manifestare l’amore totale e attrarre allo stesso amore. Cristo è il servo sofferente che si è caricato dei nostri dolori e ha curato le nostre piaghe (Is 53, 4-5). E’ stato lui stesso provato in ogni cosa (Eb. 4, 15). Per questo può compatire coloro che soffrono. Le sofferenze non cancelleranno dal Cristo la gioia di vivere e la partecipazione alla vita della gente. Egli sapeva condividere la sofferenza altrui : “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28). La risposta di Dio al suo impegno è stata la Risurrezione.
868. Mistero della Croce
La Croce è la forza della spiritualità. La santità è coronata di gloria e di spine perchè il fedele che si unisce a Cristo passa dalle stesse sofferenze che Egli sperimentò per arrivare alla risurrezione. Sfortunatamente la croce non fa parte della nostra spiritualità. Basta che una spina tocchi la nostra carne, come dice Giobbe e cambiamo molte nostre abitudini spirituali. Satana dice a Dio, nel libro di Giobbe: “stendi ancora la mano e toccalo nell’osso e nella carne e vedrai come ti benedirà !” (Giobbe 2,5). Il dolore e la sofferenza coronano la vita dei santi, essi passano da difficoltà indicibili, ed in esse mostrano il compimento della volontà di Dio. Non sono solo i santi degli altari, ma anche i nostri santi di ogni giorno che si caricano di grandi sofferenze con serenità. Noi non vogliamo la sofferenza, ma piuttosto la volontà con cui Cristo si è donato totalmente al Padre per il mondo: “Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia” (Eb12,2). Le persone soffrono molto. Molti cristiani “devoti” perdono tutto il potere di redenzione che possiede la sofferenza. Essere uniti a Cristo nel suo dolore è il migliore lenitivo che si possa avere. La santità non è cercare la sofferenza, ma incontrare Dio durante la sofferenza e unirsi a Cristo che si offre al Padre per il mondo.
869. Cirenei di ogni giorno
Unirsi a coloro che soffrono e dedicarsi a essi come al Cristo, fa parte della spiritualità vissuta nella sofferenza. Con ragione Gesù ha detto nel discorso escatologico (Mt 25, 31-46): “Ero infermo e siete venuti a visitarmi” (36). Gesù, nel cammino del Calvario, riceve l’aiuto di Simone il Cireneo che fu obbligato a caricarsi della croce affinchè Gesù arrivasse vivo al massimo della sofferenza. Egli è l’esempio chiaro della spiritualità della sofferenza: aiutare a portare la croce. Questo aiuto potrebbe rendere più umane le sofferenze dei malati che, a volte, restano completamente isolati nel loro dolore. Un infermiere può semplicemente lavorare o può essere la mano di Gesù che accarezza e cura chi soffre. Ci sono molte varietà di mali, mancanze, miserie, sofferenze spirituali e psicologiche che richiedono un aiuto. Tutti cerchiamo i mezzi per mantenere la salute, e accettiamo il male per completare nel nostro corpo ciò che manca alla redenzione del Cristo nel suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24). La sofferenza è la più grande scuola di spiritualità e di sapienza umana.
Pe. Luiz Carlos - Liturgia 
