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Un pozzo in mezzo al deserto - Teologia spirituale

n. 965
Articolo
p. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista

 

Un pozzo in mezzo al deserto

861. E’ bello perché c’è un pozzo

Adamo è stato il primo uomo. Come numero uno dell’ umanità, egli porta in se ogni essere umano dopo di lui. Ognuno di noi è Adamo. Leggiamo nella Genesi: “Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza e domini  sui pesci del mare....uomo e donna li creò” (Gen 1, 26). Qui non si parla di Adamo come il nome proprio di una persona, ma di tutta l’umanità. Quest’uomo, dice il secondo capitolo della Genesi, che presenta un secondo racconto della creazione, di epoca differente, è stato messo nel Giardino dell’Eden. Ed era solo (Gen 2,15). In mezzo agli animali ai quali ha dato un nome nel senso di proprietà. Ma per l’uomo non c’era un ausilio che gli corrispondesse (Gen 2, 19). Nell’universo la solitudine della persona è totale. Questo elemento rimane in ognuno di noi. C’è un deserto dentro di noi. Nel processo della crescita spirituale, questa solitudine è elemento costitutivo della relazione con Dio. Il primo tentativo di soluzione risiede nell’unione dell’uomo e della donna. In quanto i due formano una sola carne (Gen 2,24) ritornano al primo momento della creazione. Anche questo rimane nel profondo mistero della persona. Nel Paradiso terrestre, l’uomo e la donna sono uno per l’altro come un pozzo nel mezzo del deserto, nel quale saziano la sete di comunicazione e di vita. Dio stava con loro nel giardino (Gen 3,8). Quando ne fu espulso, l’uomo portò con se la solitudine aumentata dal peso del peccato, ma anche l’esperienza dell’incontro con Dio che lo saziò per sempre. Per il fatto che ognuno è unico sarà sempre solitario. La spiritualità deve tener conto di questa realtà nella crescita spirituale e strutturarsi per aprirsi sempre più all’altro nella comunicazione spirituale.

862. Solitudine in Dio

Conosciamo la solitudine di Giacobbe che fugge da suo fratello e incontra, nel sogno, una scala che lo apre alla comunicazione con Dio (Gen 28,10). Il popolo di Dio, nel suo cammino nel deserto, incontra sorgenti che saziavano la sua sete. La solitudine del deserto è stata per esso l’esperienza di incontrare il pozzo  che estingue ogni sete, come disse Gesù: “Chiunque berrà dell’acqua che io darò non avrà più sete” (Gv 4,14). L’avventura terribile del deserto è stato il momento della solitudine in cui ha realizzato però l’incontro con Dio. Si dice che nel deserto, o si crede in Dio, o si diventa pazzi. Il popolo ha creduto e si è sorretto su Dio per secoli, fino a che non è venuta la nuova roccia da cui è scaturita l’acqua viva: Gesù. Gesù, all’inizio del suo ministero sperimenta sia il deserto che la solitudine. Questa è la terra fertile per il nostro cuore venire alla luce e mostrare tutta la fragilità che il peccato ha lasciato in noi. Il peccato ci isola sempre più. Gesù rompe la solitudine nella fedeltà al Padre. Ha aperto per noi un pozzo nel deserto.

863. Da solitari a solidali

Gesù, con la sua incarnazione, rompe  la solitudine, vivendo in se stesso il paradiso  dove c’è l’unione di Dio con l’Umanità, nella sua Persona. C’è un cammino per vincere il vuoto che sta dentro di noi. E, affinché la sua  comunicazione con Dio arrivasse fino a noi, apre il cammino dell’amore. Noi saremo sempre solitari. Per il comandamento dell’amore possiamo realizzare quello che Gesù chiede al Padre per noi: “Che tutti siano uno. Come , tu o Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17,21). Questo è il cammino della spiritualità che supera l’egoismo che possiamo incontrare nella solitudine. In questo modo potremo dare una testimonianza  della soluzione presentata da Gesù: “Affinché il mondo creda che tu mi hai inviato” (Gv 17,21). La traiettoria e la maturità spirituale passano dal deserto.

 
 
 
 
 
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