Il grido di
Bartimeo è diventato una preghiera Liturgica: Kyrie eleison, Signore Abbi pietà di
me. Molti ciechi ci sono ancora lungo i
cammini della fede, Gesù chiede a noi la collaborazione
nº
1174
Omelia 30^ Dom. T.O.
(28.10.12)
Pe. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista
Gioia della fede
La tua fede ti ha salvato
Nel
suo ultimo viaggio a Gerusalemme per realizzare il suo Battesimo di sangue,
come dice il Vangelo di Marco (10,39), Gesù passa da Gerico, la più antica
città del mondo, facendo il cammino verso Gerusalemme. Sono 37 Km. Lungo il cammino c’era
un cieco chiamato Bartimeo (Figlio di Timeo), che chiedeva l’elemosina. Sapendo
che stava passando Gesù di Nazareth, cominciò a gridare: Gesù, Figlio di David,
abbi pietà di me. Questa preghiera è entrata nella liturgia e nella vita
spirituale dei contemplativi d’oriente. E si canta: Kyrie eleison – Signore,
abbi pietà di me. Il cieco chiama Gesù con il nome “Figlio di Davidâ€, che è il
Messia che farà meraviglie per i bisognosi. Amichevolmente Gesù lo accolse e
chiese: “Cosa desideri che io ti faccia†(Mc 10,51). La sua parola riflette il
desiderio di chi vuole vedere più lontano: “Signore , che io veda!â€. E usa il
termine: Rabbuni – Maestro. È la stessa parola usata dalla Maddalena nella
mattina della Risurrezione (Gv 20,16).
Aprire gli occhi è vedere il Risorto. La risposta di Gesù chiarisce il
senso del miracolo: “Vai, la tua fede ti ha salvato!†non si tratta di una fede
che lo porta a guarire, ma di una fede che lo porta a vedere in Gesù il Messia promesso. Le parole che seguono sono
l’indicazione della finalità del miracolo: “nello stesso istante egli recuperò
la vista e seguì Gesù†(51-52). Per la fede potremo continuare la guarigione delle persone usando i doni che
Dio ci ha dato. Dobbiamo essere guariti dalla cecità dell’egoismo spirituale.
Fede che trasforma
La
fede è un dono Divino trasformante. Bartimeo, dopo il miracolo seguì Gesù. Vede
la luce e la segue. La prima lettura, si riferisce al ritorno dai luoghi dove
eravamo dispersi. Trasforma la vita dei sofferenti, perchè Dio è un padre per il suo popolo (Gr. 31, 7-9).
Il salmo 135, si riferisce al ritorno dall’esilio di Babilonia e racconta le
meraviglie del ritorno. Esiste una grande trasformazione come uscire
dall’oscurità della cecità e andare verso la luce meravigliosa di Dio. La
trasformazione avviene perchè Gesù, nella sua incarnazione, ha partecipato
integralmente della natura umana, e anche della sua fragilità : “Egli è in
grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e
nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza†(Eb 5,2). Avere
compassione dei deboli è frutto della trasformazione che c’è in colui che si
sente debole e chiede la misericordia di Dio. Per questo sa compatire. Questo è
il senso fondamentale del sacerdozio di Cristo. La sua sofferenza fu
sacerdotale: dare la vita affinché altri avessero vita. Questo è il sacerdozio
che Cristo vuole per la sua Chiesa: essere misericordioso perché Dio è stato
misericordioso con Lui. C’è molta gente ai bordi del cammino di fede. Compete a
noi condurli a Gesù. Quello che più vediamo, invece, sono comandi di tacere,
oppure ci siamo fatti sordi ai loro gridi che si esprimono in maniere tanto
misteriose.
Vedere con gli occhi della fede
Noi ci domandiamo cosa vedono gli occhi della fede. Vedere con gli occhi
naturali ci apre all’immensità delle bellezze create. Vedere con la fede è vedere le ricchezze spirituali; è vedere la
dimensione spirituale che posseggono le cose naturali e attraverso di esse,
come dice Paolo ai Romani, dar gloria al
Creatore (Rm 1,21); è vedere il filo meraviglioso che unisce la nostra vita
terrena alla vita eterna; è poter vedere l’azione di Dio nelle realtà che ci
circondano; è condurre la vita, anche nelle difficoltà , nella direzione di
colui che ci ama con amore incondizionato; è lasciare che l’amore diventi una
fonte che zampilla per l’eternità ; è uscire dalla preziosa piccolezza umana per
la grandezza della Vita Divina della quale partecipiamo; è riconoscere e accogliere
in ogni sacramento l’azione di Dio che ci redime e sostenta.
Letture:
Geremia 31, 7-9; S. 125; Eb. 5, 1-6;
Vangelo di Marco 10, 46-52