Cuore ferito dalla lancia


nº1135
Articolo
Pe. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista

Dolcezza indescrivibile d’Amore

 1119. Cuore ferito dalla lancia

 

Nella festa del Sacro Cuore di Gesù ricordiamo l’amore di Dio manifestatosi in Cristo. Così  come diciamo che il cuore è la sede dell’amore, diciamo lo diciamo per il Sacro Cuore di Gesù. Non si tratta di un organo fisico, ma della sua Persona nel suo mistero di amore e nella sua consegna al Padre per la vita del mondo. Non dividiamo Cristo per celebrare i suoi misteri, ma identifichiamo il dono della Redenzione che ci ha acquistato con il suo Corpo, Sangua, Anima e divinità. La devozione ha i suoi simboli. Il cuore ferito dalla lancia (Gv 19,34), dal quale uscirono sangue e acqua, è anche simbolo dell’apertura che abbiamo a disposizione per entrare nel “segreto di Dio”. In Dio non c’è niente di nascosto per noi. Gesù ci dice: “Tutto quello che ho udito dal Padre, io ve l’ho fatto conoscere” (Gv 15,15). Per questa conoscenza ascoltiamo S. Paolo esclamare: “riuscite ad afferrare, con tutti i santi, la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, cioè a conoscere l’amore del Cristo che trascende ogni conoscenza e così vi riempiate della totale pienezza di Dio” (Ef. 3,18-19). Entrare nel Cuore di Gesù  attraverso l’immensità dell’apertura che è stata fatta per tutti, è accogliere l’acqua che sgorga per il Battesimo e il sangue dell’Eucaristia. Gesù disse ai discepoli che, da coloro che crederanno sgorgheranno fiumi di Acqua Viva. Egli parlava dello Spirito Santo che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in lui (Gv. 7, 38-39). L’Acqua Viva è proprio Gesù (Gv 4,10). Santa Caterina da Siena fonda la sua spiritualità in questo cammino aperto dalla lancia. È per l’amore che facciamo questa entrada e penetriamo in questo amore che è il modo d’essere di Dio. Stando nella sala del banchetto, come leggiamo nel Cantico dei cantici (Ct. 2,4), possiamo assaporare la dolcezza dell’amore. Ciò che più manca nella nostra spiritualità è l’esperienza dell’inenarrabile dolcezza dell’amore di Dio. Nella devozione al Sacro Cuore, incontriamo tanta ricchezza per noi, ma ciò che è fondamentale è il dialogo amoroso con colui che ci ha amato per primo. Questo dialogo è l’alimento di coloro che cercano Dio.

 

1120. La fede ha un cuore

La fede non ci fu trasmessa come una virtù sterile, lastricata di verità pesanti e difficili. Essa è il dolce miele che scorre dai favi del Cuore di Dio e apre in noi la dimora di Dio. “Se qualcuno mi ama...il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” (Gv 14,23). La fede è un possesso, ma ancora non ci è dato di vedere tutto quello che saremo. Intanto vediamo come in uno specchio, in enigma, ma poi vedremo faccia a faccia (1 Cor 13,12). C’è bisogno di usare tutto ciò che siamo: corpo, anima e potenze intellettive per vivere la fede. È la coerenza integrale. Credere la Verità significa amare e vivere la verità. La fede ha un cuore. La fede senza amore è un libro senza lettere.

 

1121. una devozione sempre nuova

La devozione al Sacro Cuore ci porta infinite ricchezze.  Erano belli i primi nove venerdì del mese con la Comunione riparatrice, con le 12 promesse. Non si tratta di togliere la loro importanza. Ma di creare qualcosa di nuovo nato da questo tesoro antico che ridiventa nuovo e viverlo come novità di vita cristiana. Non basta amare il Cuore di Gesù, ma di avere in noi il suo cuore. Amare con il Cuore di Gesù. Egli è mite e umile di cuore (Mt 11,29). Per questo preghiamo: “Gesù, mite e umile di cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo!”. La novità è trasformare le attività pastorali in una fornace di amore per tutti i bisognosi. Senza questo fuoco d’amore, non porteremo Gesù al mondo. Le nostre comunità possono ricevere quell’elogio dei pagani: guardate come si amano?

 

 

 


 
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