La Trinità è un mistero che non è totalmente svelato
ma il fatto di non saperlo spiegare,
non significa che non è possibile amarlo. E’ più facile amarlo che capirlo! E’ la verità
fondamentale rivelata da Gesù: con l’amore possiamo chiamare Dio col Nome di
Padre, uniti a Cristo, l’Unigenito, condotti dallo Spirito.
nº 1132
Omelia solennità della
Santissima Trinità
(03.06.12)
Pe. Luiz Carlos de
Oliveira
Redentorista
“Abbá, Padre!”
Mistero d’Amore
Ci hanno insegnato che
il Mistero della SS. Trinità è incomprensibile alla mente umana. Si cita sempre la
leggenda di Sant’Agostino che mentre cercava di risolvere questo mistero stava camminando su una spiaggia, quando incontrò un bambino che con un secchiello, prendeva acqua dal mare e
la metteva in una buca della sabbia. Allora il Santo domandò cosa stesse
facendo. Il bambino rispose che cercava di mettere tutta l’acqua del mare lì
dentro. Al che il Santo risponde: “Impossibile!”. Il bambino a sua volta rispose che era la
stessa cosa che voleva fare lui pensando
di mettere tutto il mistero della Trinità nella sua testa. Potremmo completare
la storia dicendo: non metteremo l’acqua nella buca della sabbia, ma potremmo
lanciarci interamente nell’immensità di quel mare! La profondità del mistero
non è totalmente svelata affinchè sia totalmente amata. Con l’amore possiamo,
come figli di Dio, chiamare Dio col nome di Padre, uniti a Cristo suo Figlio,
condotti dallo Spirito. Questo “mistero” della Santissima Trinità, rivelato nel
Nuovo Testamento, è la verità fondamentale della nostra fede rivelata da Gesù
al quale ci uniamo per lo Spirito d’Amore. Il fatto di non saperlo spiegare,
non significa che non è possibile amarlo.
Nel cammino della fede, la
Chiesa, ha riflettuto per secoli attraverso i Concili per definire le verità di fede. Queste si trovano in quello che chiamiamo il “Credo” della messa
nelle sue due modalità: apostolico e niceno-costantinopolitano. Nel Credo c'è tutto quello che
crediamo e la Chiesa
difende fino a costo del proprio sangue, come vediamo nei martiri. La fede
deve essere purificata anche nelle nostre interpretazioni meno coerenti. Quando facciamo il segno della Croce: nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo, testimoniamo la nostra vita di unione alla Trinità Santa.
Dio che salva
Gli ebrei conoscevano Dio
attraverso i molti gesti salvifici da Lui realizzati in loro favore, come
leggiamo nel Deuteronomio: “...O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi
una nazione in mezzo a un'altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano
potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro
Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?”(Deut. 4,34). La conoscenza di Dio non sta primariamente nei codici di
verità ma negli interventi salvifici di Dio in favore del suo popolo. Così avviene
anche con noi, ci manca, però, la coscienza di questa misericordia salvifica di Dio
in Cristo. Siamo benedetti da queste meraviglie e al tempo stesso chiamati a
comunicarle.
Insegnate e
battezzate
Gesù, nel salire al cielo
dice: “Ogni autorità mi è stata data in Cielo e sulla terra”, Gesù è il
Signore, perciò ha l’autorità che gli fu conferita dal Padre. Per questo invia.
I discepoli, inviati vanno con la stessa autorità che il Figlio ha ricevuto dal Padre. Per questo dice che battezzino nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo. Il Nome è l’essenza, l’esistenza concreta di Dio, infatti dice:
nel Nome, non nei nomi. Il Nome sacro, impronunciabile nell’Antico testamento,
è ora collocato nelle labbra dei nuovi figli. Fare discepoli è creare una
comunità che sia evangelizzata, come i dodici apostoli con Lui. Come
cristiani, dobbiamo appropriarci della nostra doppia missione: vivere in
comunione con la Trinità
e portare agli altri questa vita. Siamo chiamati dallo zelo geloso di Dio che
vuole che Lo amiamo senza dividerlo con altri dei, che sono quelli che ci costruiamo con
le nostre mani. Non più divinità di oro o d’argento, non più il dio denaro, o del potere o del
piacere che non ci danno la
Vita.
Letture:Deut. 4,32-34.39-40;Salmo
32;Romani 8,14-17;
Vangelo di Matteo 28,16-20.