Omelia 5^ Dom. T.O. - 5.2.2012 |
La cura dei mali fisici è simbolo della cura del male peggiore che è il peccato. Questa è la missione di Gesù. Giobbe ci mostra la realtà sofferente dell’umanità, Gesù è venuto per curarla, e va alla radice del male. La fede in Gesù è la fonte della guarigione
n. 1098 Omelia 5^ Dom. T.O. 5.2.2012 P. Luiz Carlos de Oliveira Redentorista
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Gesù, vangelo di vita
La vita è una battaglia
Marco, nella
composizione del suo vangelo prende dai primi cristiani o dalle predicazioni di
Pietro gli insegnamenti di Gesù. Marco non vuole fare una relazione sui
miracoli, ma vuole mostrare che il Regno di Dio è stato impiantato nel mondo
(Mc 1, 15-16). I miracoli sono espressioni e annuncio. Non si tratta di un
nuovo medico, ma di un Salvatore. Se non fosse così ci sarebbe ingiustizia in
Gesù che non ha curato tutti. La liturgia di questa domenica proclama la grande
fragilità del popolo, soggetto a tanti mali, e la forza salvifica di Gesù.
Nella prima lettura ascoltiamo il lamento doloroso di Giobbe. Più che un
personaggio storico, rappresenta l’umanità che domanda perchè il giusto soffre.
Il testo scelto mostra a quale stato di sofferenza può arrivare la persona
umana. Giobbe, dopo tanta sofferenza, eleva il suo lamento : “non è una lotta
la vita dell’uomo sulla terra? I suoi giorni non sono come quelli di un
mercenario?” (Gb 7,1) “La vita è un soffio” (7). A partire dalla sofferenza di
Giobbe entriamo nel testo del vangelo di Marco. In un giorno di sabato, giorno
santo, Gesù esce dalla sinagoga e va in casa di Simone. Gli parlano della
suocera di Pietro che era a letto con la febbre. Egli la prese per la mano, e
l’aiutò ad alzarsi, e la febbre la lasciò (Mc 1,30). Verso sera gli portavano
tutti i malati e gli indemoniati (32), ed Egli li curava. Vediamo
qui un esempio della processione di dolore dell’umanità. La società ha
una grande piaga di dolore, che in tanti modi, corrode il corpo e la mente
delle persone.
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Egli guarisce i cuori
Davanti a tutta
la sofferenza, Gesù annuncia il Regno che cura i mali alla loro radice, per
questo il testo ci dice: “Cacciò molti demòni” (34). La cura del male e la
purificazione dei sofferenti ha un senso in vista del Regno. È ciò che vediamo
nella guarigione della suocera di Pietro. Lei fu curata e dopo si mise a
servirli. La guarigione non è per se stessi, ma per il servizio del Regno. Le
forze del male riconoscono la signoria di Gesù. La nostra relazione con Gesù,
nelle sofferenze, è una ricerca di vita, di guarigione e di supeamento dei
nostri mali. Ma se ci limitiamo solo a questo e non diventiamo produttivi e
servizievoli per il Regno, non saremo rinnovati. Se usiamo il Regno
egoisticamente, non otterremo salvezza. Il comportamento di Gesù di guarire le
persone è per integrarle nella sua opera redentrice. Per questo Egli
invita ad andare anche altrove ad annunciare. Cercare solo i miracoli ci
impedisce di capire chi è veramente Gesù. Egli non è venuto per questo,
ma per cambiare l’uomo dal di dentro.
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Gioia di evangelizzare
Nella lettera di
Paolo ai Corinti comprendiamo ciò che succede a chi viene guarito nelle proprie
fragilità da Gesù: evangelizzare per me è una necessità, dice Paolo. La sua
pedagogia è pratica, è farsi schiavo di tutti (1 Cor 9,22). Dalla Pentecoste
fino ad oggi, contempliamo il gioioso vigore apostolico dei discepoli di Gesù
guariti dalla fede. Come per Gesù stesso, anche i discepoli incontrano il
vigore apostolico nel dialogo intimo con il Padre (Mc 1,35). Nelle comunità
oggi vediamo molto vigore apostolico, ma non seguiamo Gesù nella sua ricerca
del Padre. Questo dialogo era l’alimento del suo apostolato. Abbiamo bisogno di
fare una grande revisione delle nostre Eucaristie che restano alla superficie e
non gli permettiamo di raggiungerci nel profondo di noi stessi, per guarire dal
male che ci isola dal Regno. Ne sempre sono fonte di orazione.
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Letture: Gb 7, 1-4.6-7; S. 146; 1 Cor. 9, 16-19.22-23; Vangelo di Marco 1, 29-39
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