Omelia Domenica delle Palme 2021






La sofferenza non è mai senza senso. Gesù dona senso all’inesplicabile: la vita donata.

nº 2052

Domenica delle palme (28.03.21)

Pe. Luiz Carlos de Oliveira

Redentorista

Benedetto colui che viene

In questa sesta domenica di quaresima celebriamo la Domenica delle Palme che è una memoria di questo momento della vita di Cristo. I fatti della sua vita non si devono considerare solo come un avvenimento chiuso in se stessi, ma si dirigono alla realizzazione del disegno salvifico del Padre attraverso la morte e risurrezione di Cristo. Nella preghiera del dopo-comunione della Messa si dice: “O Padre, che ci hai nutriti con i tuoi santi doni, e con la morte del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui crediamo, fa' che per la sua risurrezione possiamo giungere alla meta della nostra speranza”. Siamo coinvolti nel Mistero della Redenzione, e per esso facciamo la nostra Pasqua. La celebrazione di oggi ha due momenti: la festosa entrata di Gesù da Betfage fino a Gerusalemme. È una celebrazione nella quale rifacciamo spiritualmente quel cammino. Il secondo è  il clima di Passione della liturgia. Per cui leggiamo il racconto della Passione di Gesù secondo il Vangelo di Marco. Possiamo dire anche che cominciamo gioiosi, per arrivare poi al dolore della Passione, verso la gioia della Pasqua. Riprendiamo la tensione della settimana che Gesù ha vissuto a Gerusalemme. È curioso notare che l’entrata di Gesù è diretta verso la città, non solo nel senso fisico, ma spirituale, quando egli piane su essa dicendo: “Ah! Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace” (Lc 19,41). Il senso spirituale della processione che facciamo è fare con Gesù il cammino della sofferenza per la risurrezione. Questo è già partecipare al Mistero Pasquale di Gesù. Non mettiamo rami  o mantelli sulla strada, ma mettiamo i nostri cuori affinchè Gesù possa entrare nella nostra Gerusalemme.

Umiliò se stesso fino alla morte

La prima lettura e la lettera di Paolo ai Filippesi scoprono per noi la figura del Servo sofferente al quale Gesù si è identificato. Isaia lo descrive come un sofferente che non rifiuta la sofferenza. La figura profetica del Servo ricorda la sofferenza di Gesù. Perchè Gesù soffre? L’inno ai Filippesi, usato dalle prime comunità, riflette la sofferenza di Gesù che assume la forma di schiavo-servo. L’annichilimento di Gesù (Kenosi, nella lingua della teologia) descrive la sua persona nel massimo della sua umanità sofferente. In Gesù, la virtù che lo rende redentore è l’umiltà. Umano, uguale a noi, ha umiliato se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Morte di croce non è solo la morte data allo schiavo, ma è anche un segnale di maledizione: “Colui che è appeso (all’albero) è una maledizione di Dio” (Dt 21,23). Quando i capi dissero: “CrocifiggiLo” (Mc 15,34) questa è stata la più grande umiliazione per Gesù, peggio del dolore. Il salmo 21, che Gesù recita in croce, descrive le sofferenze della Passione

Annuncerò il tuo nome

Il salmo fa una bella lettura di questo momento doloroso di umiliazione per il quale è passato Gesù. In Lui, ed anche in noi, la sofferenza non è la fine di tutto.  Il Dio ferito, guarisce le ferite (Gv 5,18). Il salmo recita: “Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea” (S 21). Il Mistero Pasquale di Cristo continua nell’annuncio che verrà fatto dopo la Risurrezione come Gesù stesso dice: “Andate a dire ai miei fratelli” (Gv 20,17). È un annuncio di Vita. La Risurrezione spiega tutta la sofferenza che Gesù dovette passare. Diventa così la garanzia di tutto ciò che anche noi attraversiamo per seguire Gesù. La sofferenza non è mai senza senso. Gesù ha dato il senso anche all’inesplicabile: la vita donata. Il risultato dipende da Dio. “Il chicco di grano ... se muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).

Letture:(processione dei rami:Mc11,1-10);

Is. 50,4-7;S21; Fil.2,6-11;Mc 14,1-15,47



 
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