Omelia 15^ Dom. T.O. 16.7.2017


La terra buona è quella dell’accoglienza. Il buon seme produce frutto per la forza della Parola!

nº 1666

Omelia 15^ Dom. T.O.

(16.07.17) – Madonna del Carmine

Pe. Luiz Carlos de Oliveira

Redentorista

Seminando la Parola

Che terra siamo?

Conosciamo bene questa parabola del seminatore. La terra ha lavorato il seme gettato, aspettando la pioggia. Il seme gettato che cade in differenti tipi di terreno come: la strada, che è dura; il terreno pietroso, che non ha umidità; tra le spine, della boscaglia, che soffoca il seme, e la semente che cade nel buon terreno, ed è solo questa che produce in abbondanza. E Gesù dice una parola pesante: “chi ha orecchi, ascolti” (Mt 13,9). Si tratta della comprensione di tutta la persona di Gesù, non solo dell’ascolto. Affinché si possa approfittare di tutta la sapienza delle sue parole: Gesù  ripete le parole di Isaia 48,6 e del Deuteronomio 29,4. Dire ascolto, sguardo e cuore indica tutta la persona. Gesù dice che la chiusura è totale. C’è sempre la possibilità di chiudersi. Questo fu proprio il problema che ha accompagnato la storia del popolo di Dio e continua ad accadere. Senza conversione i mali possono solo aumentare. La terra incolta non produce frutto. Questa Parola di Dio ci interroga molto domandandoci qual è l’impedimento che mettiamo  alla germinazione di questa parola in noi. Mancanza di comprensione, non lascia crescere la pianta, mancanza di persistenza, eccesso di preoccupazioni e l’illusione della ricchezza … tutte cose che impediscono. Impediscono perché non siamo aperti a Dio. Ma, il poco che possiamo fare produce sempre frutto. Anche se non sia totale, il poco che possiamo fare è il tutto che Dio accoglie. La preghiera della messa ci stimola a “imparare a rigettare quello che non conviene al cristiano e ad abbracciare tutto quello che è degno di questo nome”.

La Gloria che ci attende

Il seme piantato produce frutto. Coloro che risusciteranno con Cristo producono frutto nel mondo e si destinano a una gloria della quale non abbiamo ancora nozione di come sarà grande. Scrive San Paolo: “Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi” (Rm 8,18). Citando i Corinti (2,9),  ripete le stesse parole di Isaia che usa per il rifiuto della Parola nel senso di incapacità di poter vedere o quello che ci aspetta nella Gloria: “Occhi non videro, ne orecchi udirono e il cuore dell’uomo non percepì, quello che Dio ha  preparato per coloro che lo amano”.  Aggiunge anche la meravigliosa riflessione sulla natura  che aspetta di “essere liberata dalla corruzione e partecipare alla libertà dei figli di Dio” (Rm 8,21). È una riflessione sul futuro del mondo, dell’uomo e della natura. Cosa c’è nella natura che la fa soffrire? È il peccato umano nel cattivo uso dei beni creati. La nostra risurrezione irradierà la sua gloria anche nel mondo. Come abbiamo partecipato della natura, essa pure parteciperà della glorificazione come ha partecipato della glorificazione di Cristo. I sacramenti hanno il loro aspetto cosmico in quanto contengono sempre un carattere della natura  attraverso il quale viene concessa la grazia, e allo stesso modo arriverà la gloria, Paolo stesso dice che l’universo sarà ricapitolato in Cristo (Ef 1,10).

La forza della Parola

In questo panorama un po’ ombroso di mancanza di religiosità da parte del popolo e del disinteresse, abbiamo la parola di Isaia che dimostra la forza stessa della Parola. Pensiamo che tutto dipende da noi, ma possiamo essere altrettanto certi che tutto dipende invece da Dio! La nostra collaborazione è necessaria (come con la grazia!). Dio rispetta la nostra libertà. E’ sufficiente un piccolo semino della Parola, esso è già un grande albero. È come la pioggia che produce il suo effetto. Dio non prescinde da noi.  Dio offre sempre la sua Parola come alimento che fortifica, cura e stimola. Quanto più ci apriamo ad essa , essa sarà feconda. Guardiamo piuttosto a che terra siamo! In ogni celebrazione ascoltiamo la Parola.  Sentiamola!

 

letture: Is.55,10-11; Salmo 64; Rom. 8,18-23; Matteo 13,1-23




 
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