Gesù insiste sulla vigilanza, perché Lui può arrivare in qualsiasi momento. Non si tratta di spaventarci ma di stimolarci a vivere bene e ad essere fedeli amministratori dei beni della casa di Dio

nº 1568

Omelia 19^ Dom. T.O.

(07.08.16)

Pe. Luiz Carlos de Oliveira

Redentorista

Non abbiate paura

Il piccolo gregge

Nel cammino verso Gerusalemme, per compiere la missione del Padre, Gesù istruisce i suoi discepoli. Ha intorno a lui un piccolo gruppo di discepoli che Lo segue. Ad essi Gesù dirige questa parola:”non aver paura piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di dare a voi il Regno” (Lc 12,32). Dunque anche in una situazione di debolezza, essi sono la presenza del Regno nel mondo. Sono  chiamati allo spoliamento di se per vivere il Regno. Il tesoro che gli viene proposto è custodito nel cielo dove il ladro non arriva e il tarlo non corrode. Lì starà anche il cuore che è la sede di tutti gli affetti e speranze. (Lc 12,33). Il piccolo gregge deve essere vigilante. È necessario stare sempre pronti per poter andare all’incontro del Signore quando verrà. Questo è necessario poiché il Signore può venire in qualsiasi momento. La vita del piccolo gregge deve essere organizzata in vista di questa venuta. I discepoli mantengono la vigilanza nella speranza della sua venuta che è prossima. E lo fanno vivendo i valori del regno. Non restano disoccupati. Paolo richiama l’attenzione dicendo: “Chi non vuole lavorare neppure mangi” (2 Ts. 3,4). È una vigilanza attiva.  Il Signore verrà come un ladro. “Pregate perché il Figlio dell’Uomo verrà  nell’ora che meno lo aspettate” (Lc 12,40). Il discepolo è chiamato, dunque, ad assumere la sua condizione e a corrispondervi con la fede che gli è stata data. Questa corrispondenza non riguarda solo gli incarichi, ma dona responsabilità nei confronti del Regno. Questo è il molto che ci è stato dato. E’ necessario corrispondervi.

Pasqua e vigilanza

Il libro della Sapienza ci fornisce un bel testo sulla Pasqua che celebra la speranza e la vittoria. Riflettendo sulla vigilanza, ricordiamo che essa è stata celebrata durante una notte in una situazione difficile. Era il momento in cui i primogeniti degli egiziani stavano morendo a differenza dei figli dei santi, perché santo era il popolo prescelto. “La notte della liberazione fu persa … essa fu attesa come salvezza per i giusti e perdizione per i nemici” (Sap. 18, 6). La celebrazione della Pasqua nell’uscita dall’Egitto ha una caratteristica di attesa della liberazione e della vittoria sul nemico oppressore. Ci insegna che essa libera e distrugge il male che infetta i figli di Dio con il peccato, questo è poi il rifiuto del regno. La Pasqua celebrata attraverso il rituale del battesimo è purificazione dal male, infusione della Vita Divina e introduzione nella comunità dei giusti. È sempre la venuta del Signore.

Fede come attesa

I padri della nostra fede attendevano, confidavano e videro i prodigi di Dio. Gesù dice che “Abramo ha visto il mio giorno e se ne rallegrò” (Gv 8,56). La lettera agli ebrei fa una bella riflessione sulla sua fede. Insegna che i patriarchi ebbero la fede, vissero di fede, non ne videro la realizzazione, ma nonostante questo non si sconfidarono. La loro fede è garanzia e  certezza nella realizzazione delle promesse di Dio. Per questo la definizione della fede è unita alla speranza : “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11,1). Così leggiamo su Abramo: “Per fede Abramo obbedì all’ordine di partire per una terra che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava” (id 2). Vivendo di fede possiamo sperare che il Signore venga. La fede ci fa vivere questa presenza attraverso la nostra vita rinnovata. La celebrazione dell’Eucaristia è sempre un annuncio di questa venuta quando diciamo, dopo la consacrazione: “Vieni Signore Gesù”. Dobbiamo recuperare la nozione di speranza che si conferma nella vigilanza.

Letture: Sap. 18,6-9; Salmo 32;Eb.11,1-2.8-19; Luca 12,32-48