Home Pe. Luiz Carlos - Liturgia 2015 _ TUTTI I TESTI OMELIE E ARTICOLI Omelia Domenica in Albis_Misericordia 12.4.2015
Omelia Domenica in Albis_Misericordia 12.4.2015


La misericordia è un attributo di Dio, è il progetto di Gesù, è l’edificazione della comunità, è  il fondamento del  dono pasquale della vita nuova

nº 1430

Omelia 2^ Domenica di Pasqua

Domenica della Misericordia

(12.04.15)

Pe. Luiz Carlos de Oliveira

Redentorista

Mio Signore e Mio Dio

Domenica della Misericordia

La misericordia che si ricorda in questa domenica come un attributo di Dio, non è un sentimento di doni che speriamo, ma è il progetto fondamentale di Gesù. Non è devozione e neppure frutto della pietà. È  espressione dell’essere di Dio che ci conduce alla fede in Gesù. Zaccaria riconosce che la nascita di Giovanni Battista è stata opera della misericordia di Dio che è venuto a visitare il suo popolo (Lc 1,78). E Maria proclama che la “sua misericordia si estende di generazione in generazione sopra quelli che lo temono (50).  La misericordia si manifesta nell’invio del suo Figlio per la nostra salvezza. Manifestatasi nelle sue azioni e culminata nella sua consegna alla morte. Il frutto della misericordia è la sua resurrezione. Misericordia non è dono delle sofferenze e, meno ancora è rivolta al solo perdono delle nostre mancanze, ma per la remissione totale dei peccati nel dono dello Spirito Santo: “Ricevete lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati saranno perdonati” (Gv 20,22-23). Misericordia è accettare la nostra fede fragile ed esigente come quella che manifestò Tommaso. Queste meraviglie di Dio  ci invitano a credere in Cristo per avere la vita eterna. Credere è amare. Non è conoscere la dottrina a memoria. La nostra fede è la grande vittoria che vincerà il mondo, rendendolo di Dio. Giovanni è chiaro quanto al modo di vivere la fede per amore: “chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio e chi ama colui che ha generato, ama anche colui che è stato generato da Lui. Sappiamo che amiamo i figli di Dio quando amiamo Dio e custodiamo i suoi comandamenti” (1 Gv 5,1-2).

La Pasqua crea e sviluppa la comunità

La misericordia costruisce la comunità. Il testo degli Atti degli Apostoli racconta come la Risurrezione genera una vita diversa nelle comunità cristiane primitive. Sappiamo che la perfezione non era totale, ma la comunità era viva e aperta alla misericordia:”la moltitudine dei fedeli aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). Uscire da se per andare incontro all’altro è il fondamento della vita nuova che si concretizza nella comunità. L’incontro con Cristo portava i fratelli a disappropriarsi dei beni materiali, mettendoli in comune, perchè il fratello è la ricchezza più grande. Questa è la  prova che l’Eucaristia è anche fonte di un buon equilibrio sociale. Se qualcuno è affamato o soffre di qualche altro male nella comunità è perchè l’Eucaristia non è ben celebrata. Dio offre un mondo nuovo, ma l’egoismo proietta un mondo di divisioni e di mali senza fine. La celebrazione annuale della Pasqua è un stimolo al rinnovamento del nostro mondo.  Non un mondo distante, ma quello nel quale viviamo. La misericordia che si fissa solo nella devozione e non cambia il cuore non concorda con il messaggio redentore di Gesù che ha dato la vita per darci la  vita nuova

Comprendere meglio il battesimo

La Pasqua è definitiva. Poco a poco impariamo a comprendere il senso della sua forza nella nostra vita. Per questo la preghiera eucaristica ci porta a pregare: "aumenta in noi la grazia che ci hai dato. E fa che comprendiamo meglio il battesimo che ci ha lavato, lo Spirito che ci ha dato nuova vita e il sangue che ci ha redento”. La Pasqua è un grande dono. E concludiamo la celebrazione con un desiderio: che conserviamo nella nostra vita il sacramento pasquale che abbiamo ricevuto. In tutto siamo stati trasformati per progredire in questa trasformazione. Come Tommaso possiamo ripetere sempre e in tutto:”Mio Signore e mio Dio”. Questa è la più grande professione di fede che  possiamo fara e che Tommaso ha fatto prima di noi e per noi. Per questo siamo chiamati beati perchè non abbiamo avuto bisogno di toccare per credere. (Gv 20,29)

 

Letture:At. 4,32-35; Salmo 117; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31


 
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