Gesù istruisce i suoi
"lavoratori" su come annunciare il Regno di Dio. Essere “pescatori†per
lanciare le reti nel mondo . Ma queste reti devono essere lanciate nel nome di
Dio!
nº 1204
Omelia 5^ Domenica
T.O.
(10.02.13)
Pe. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista
Pescatore di uomini
La chiamata fondamentale
Dopo il
rifiuto di Nazareth, nel proclamare la Sua persona e missione, Gesù inizia la
predicazione e i miracoli. È sulla unione di questi due eventi, che i discepoli
devono basare la loro scelta sull’identità di Gesù. Intanto Gesù sta predicando dal litorale. Il contesto
della chiamata del discepolo è la predicazione e la pesca. Questa è un simbolo
importante per la predicazione stessa. Si pesca nel lago profondo, cioè nel
mondo. La barca simboleggia la Chiesa. La rete simboleggia l’annuncio della
parola. I pesci sono le persone che sono chiamate alla salvezza. E Gesù stava
predicando dalla barca di Pietro. Chiese intanto che prendessero il largo verso le acque più profonde e lanciassero le
reti per la pesca. Pietro disse: “ Maestro, abbiamo lavorato tutta la notte e non abbiamo pescato niente. Ma sulla
tua parola getterò le reti†(Lc 5,5). E avviene una pesca abbondante. Essere chiamato
a essere discepolo è annunciare la Parola con la forza di Gesù per salvare le
persone. Pietro ha lanciato le reti con lo stesso gesto di sempre. Ha fatto il
lavoro umano, con la forza della Parola di Gesù. Pietro si giudicò indegno e
peccatore. Questo non ha impedito che diventasse annunciatore del Regno, poichè
Gesù gli disse: “Non temere, da oggi in poi sarai pescatore di uomini†(10).
Gesù non ha guardato al fatto di “essere peccatore†lo ha accettato con piena condizione che continuasse la sua
missione, annunciando il Regno dalla Barca che è la Chiesa. Il secondo aspetto
della scelta del discepolo è la sua capacità di lasciate tutto e seguire Gesù: “Essi
lasciarono la barca e lo seguirono†(11). Il cambiamento di vita è l’esigenza
fondamentale per seguire Gesù, soprattutto quando si tratta di annunciare. L’esperienza
della forza trasformatrice di Gesù penetra la vita dell’apostolo. Per questo la
vita di Gesù si realizza nella povertà . Isaia, chiamato a essere profeta, ha avuto
paura per la sua fragilità davanti alla grandezza di Dio. Un serafino ha
toccato la sua bocca con una brace dell’altare perdonandogli ogni peccato. L’esperienza
di Dio gli ha dato forza per accogliere la chiamata per la missione profetica,
dicendo “eccomi†(Is 6, 3-8).
Predicare Gesù risorto
Dobbiamo
predicare al mondo che è davanti ai nostri occhi e non voltarsi verso un mondo
che non esiste, non rivolgersi né al passato né immaginare un futuro ancora
inesistente. Gesù ha salvato tutti i tempi e non ha privilegiato nessuna epoca.
Il mondo è il mare profondo. Dobbiamo predicare Cristo Crocifisso e Risorto
alle persone di Oggi. L’esperienza di Gesù che gli apostoli hanno fatto ha dato
loro tutta la forza. Predicare Gesù morto e risorto, ancora vivo e non un fatto
storico. Questo è il vangelo che deve essere predicato. Il fatto di avere vinto
la morte è ciò che dà certezza che la predicazione è viva e ha il potere di
Dio.
Esperienza che dà vita
Ogni vocazione
nasce dalla esperienza che si ha di Gesù. La fede proporziona la stessa
esperienza a livelli differenti. L’esperienza di Isaia, pur essendo magnifica,
non lascia a lato la persona umana con la sua realtà , come anche fa Gesù. Senza
questo incontro personale e definitivo con Gesù diventa molto difficile fare
della predicazione l’annuncio di una persona e non il racconto di un fatto. In ogni
celebrazione facciamo l’incontro con Cristo, all’altare, dal quale prendiamo il
fuoco del Corpo di Cristo che purifica per l’annuncio del Vangelo. In attenzione
alla Parola di Gesù la annunciamo con forza. Se l’annuncio della Parola si
rinnova nell’esperienza continua che facciamo di Gesù, sarà superata la
situazione attuale della Chiesa
Letture: Isaia 6, 1-2^.3-8; S.
137; 1 Cor 15,3-8.11; Luca 5, 1-11