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Ventinovesima Domenica Tempo Ordinario - 17.10.2010 - Anno C
 
 La preghiera è anche un’arma contro l’ingiustizia.

n. 964
Omelia Ventinovesima Domenica
Tempo Ordinario
17.10.2010
P. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista

 

 La forza della preghiera

Il Signore è il mio aiuto

 Quando si scopre Dio come fonte della vita, Egli diventa il riferimento di tutto ciò che siamo e facciamo. Per questo il salmo riflette il cuore e la vita del fedele che vede in Dio il suo soccorso. Egli è un custode, una guardia, che non dorme  ne sonnecchia in servizio. (S. 120). La più grande povertà è non sapere dove trovare aiuto. La miseria totale è non scoprire in Dio, la ricchezza della vita. Dio ci ha resi forti nella lotta contro il male. Gli abbandonati hanno in Dio l’unico soccorso. Coloro che non hanno bisogno di aiuti “materiali” diventano, quando conoscono Dio, la sua mano amorosa per soccorrere. Ci sono molti modi per aiutare le persone. Uno di questi è l’aiuto spirituale, come leggiamo nel libro dell’Esodo. In una battaglia, Mosè resta con le braccia alzate in orazione tutto il giorno. Quando perdette la forza collocarono sotto di lui una pietra ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra sostenevano le sue mani che rimasero ferme in orazione fino al tramonto del sole. La forza della preghiera sta anche nell’unione e nella comunione. L’orazione del debole o del sofferente ha una forza molto grande, poiché nasce dal cuore e va al cuore del Padre che è molto migliore del nostro e ci attende sempre. Per comprendere questa verità, Gesù racconta la parabola della vedova impertinente che  non perde la speranza ed insiste con il giudice fino a che giustizia le sia fatta. La sua prima funzione era difendere la causa dell’oppresso, dell’orfano e della vedova (Is 1,17). La forza della debolezza sta nell’insistenza in unione con Dio. Vogliamo che tutto sia automatico nella preghiera. Dio vuole noi e non ci abbandona. La preghiera è anche un’arma contro l’ingiustizia. Molti dei nostri problemi attuali, anche nella Chiesa, nascono in realtà dalla mancanza di preghiera e di ascolto della Parola. La nostra preghiera è fiacca, ma contiamo su Gesù che prega in noi unito al Padre, per noi (Eb 7, 25). Ma il Figlio dell’uomo quando tornerà troverà  ancora la fede sulla terra? E’ una chiamata a non abbandonare l’orazione, perché potremmo soccombere.

La Scrittura è ispirata

La Parola di Dio è anche preghiera. Essa passa dai più diversi livelli della persona. Ciò che fa santa la Parola è lo Spirito di Dio che la anima. E’ certo che la Parola non è lo scritto, ma è Colui che la pronuncia. Egli và oltre il Libro Santo. Essa è ispirata perché la comunità tanto dell’Antico come del Nuovo Testamento, guidate dallo Spirito, la accolgono come Parola di Dio ed hanno saputo scartare ciò che non era di Dio. Quando preghiamo abbiamo la presenza della Parola che ci fortifica e dà vigore, soprattutto quando preghiamo con la Parola. Essa è per noi come la pietra che sostenne Mosè nella sua orazione. La Parola ispirata orienta la nostra preghiera perché sia fatta nello Spirito di Gesù.

Proclamare la Parola

Colui che scopre il Signore come il soccorso permanente che fa uscire il povero  dall’immondizia e lo solleva (S. 113,7), sente la necessità di proclamare la grande presenza misericordiosa di Dio. Egli ci prende e ci porta alla comunione con Lui. Il povero comunica agli altri poveri dove ha trovato l’aiuto. Chi è stato soccorso da Dio, come hanno fatto coloro che sono stati guariti da Gesù,  vanno glorificando Dio e proclamando Gesù come il Messia Salvatore. I sofferenti e poveri imploravano insistentemente la guarigione da Gesù fino ad essere esauditi. Mantenendo la fede nella preghiera insistente, garantiamo a Gesù che la fede non scomparirà dalla terra. Ogni liturgia è il momento di chiedere, ringraziare, confidare, credere e proclamare le meraviglie di Dio che ascolta, come Padre, i suoi eletti che gridano a Lui (Lc 18,7).

              Letture: Esodo 17, 8-23; Salmo 120; 2^ Tim. 3, 14-4;
                            Vangelo: Luca 18, 1-8

 

 
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