La Sapienza di Gesù è il distacco.
Gesù è il modello del distacco.

 

n. 950
Omelia Ventitreesima Domenica
Tempo Ordinario - Anno C
5.9.2010
P. Luiz Carlos de Oliveira
Redentorista

 

Perdere per guadagnare

 

Il distacco

 Quando ascoltiamo la parola distacco, sentiamo subito qualcosa contro natura. Ma è proprio il distacco che ci dà il coraggio per un migliore discernimento e la capacità di fare cose grandi  che sembrano superare la nostra natura. Le scelte esigono rinunce. Gesù è il modello del distacco. Primo Egli si distacca dalla manifestazione della sua divinità e si fa uomo, incarnandosi. La sua incarnazione lo colloca in una condizione di fragilità. Oltre ad essere uomo, nel suo ministero, si distacca da ogni condizione facile della vita. Egli stesso dice che non aveva dove posare il capo (Lc.9,58), né tempo per mangiare (Mc. 6,31). Si distacca dalla famiglia e affronta il grande distacco dalla cultura religiosa dominante del tempo nella quale fu educato da sua madre Maria e da suo padre Giuseppe.  La sua famiglia lo va a cercare, perché lo consideravano fuori di se (Mc 3,21). Il distacco giunge all’estremo di perdere la propria vita sulla croce, in una disposizione di consegna totale al Padre. Non si preoccupa delle conseguenze che la missione di Messia gli può arrecate. Egli si carica della croce e invita ad andare dietro a Lui, perché altrimenti non saremo suoi discepoli. Questa è la “pazzia” della sapienza della croce (1 Cor 1, 23.25). Solo essa fa comprendere come vivere la fragilità e il peso dell’anima nella tenda di argilla del corpo (sap. 9, 15). La nostra conoscenza è limitata. La Sapienza di Cristo è il Distacco. Svuotarsi di ciò che è secondario è il miglior mezzo per riempirsi di ciò che è prezioso. Se Gesù usa il termine odiare, è perché usa la terminologia ebraica che parla per opposti. Se mi distacco dai familiari per seguire Gesù, è perché lo voglio amare di più nella verità della fede. Dio non vuole la sofferenza, meno ancora che soffriamo per i beni passeggeri. Desidera che li viviamo con maggiore intensità, cioè in Lui.

 

Formarsi una coscienza

Gesù fa due paragoni per spiegare la forza che ci vuole per seguirlo in totalità, quando dice: “Chi non rinuncia a tutto quello che ha non potrà essere mio discepolo” (Lc 14,33). Solamente nel totale distacco ci saremo veramente consegnati a Lui. Fa la comparazione con l’uomo che costruisce la torre e non fa il calcolo se riuscirà a completare l’opera. Non riesce! O del re che sta per partire per la guerra e non calcola  se ha un esercito sufficiente per affrontare il nemico. Perderà la guerra! Per questo, chi desidera essere discepolo deve sapere se vorrà farlo con totalità. Altrimenti fallisce. Non ci possono essere mezze misure. La fragilità della Chiesa viene da quella dei suoi membri che non hanno assunto quella totalità. Dio tiene conto della nostra fragilità, perché sa che siamo polvere (Gn. 3,19).

 

Il caso di uno schiavo

 Paolo ci insegna il distacco dalle pratiche culturali e sociali per creare la fraternità. Non si giustifica la schiavitù, la discriminazione, la dominazione di classe, qualsiasi ne sia il motivo. Essere cristiano è partecipare a una cultura, ma è necessario anche evangelizzarla, altrimenti si commettono crimini contro il vangelo e li giustifichiamo. Onesimo era uno schiavo che fuggiva, conobbe Paolo e si convertì. Filemone anche era amico di Paolo e a quegli Palo rimandò lo schiavo Onesimo, chiedendo di riceverlo ora non più come schiavo ma come fratello nel Signore. E’ un modello di mutamento nel sistema sociale. La scusa che stiamo compiendo ordini superiori, è stata causa di molti crimini nella storia. La Parola di Dio, nell’Eucaristia, ci illumina sul compimento del nostro dovere civile e spirituale

 

Letture: Sapienza 9, 13-18; Salmo 89; Filemone 9, 10.12-17; Vangelo:Luca 14, 23-33