CONSIDERAZIONI SULLA DEVOZIONE AL SACRO CUORE
L’attenzione al Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo, e
all’amore di cui esso è simbolo, ha radici profonde nella Chiesa. Si possono
rintracciare già nell’Antico Testamento,
là dove si parla delle “viscere” misericordiose di Dio, dove si parla di cuore.
Nel significato semitico il cuore rappresenta il luogo della volontà e delle
scelte fondamentali della persona, quindi il suo “sacrario” più intimo, e non
soltanto il luogo dei sentimenti e degli affetti. Nel
Nuovo Testamento, invece, c’è tutta una serie di simboli che si riferiscono
al Cuore di Gesù, come, ad esempio: l’acqua, il sangue, ma soprattutto il cuore
trafitto: cioè il colpo di lancia che il soldato romano Longino ha sferrato a
Gesù in croce, aprendo quel cuore “che ha tanto amato gli uomini”.
La
Chiesa ci
insegna che la radice della devozione e della spiritualità al Sacro Cuore la si
trova nel Vangelo di Giovanni,
proprio nella scena della crocifissione. Inoltre una fonte di tale devozione la si incontra anche nel Magistero pontificio
e, non ultimo, nei mistici di ogni epoca: da Santa Caterina da Siena, al
misticismo renano, e a tante altre apparizioni, lungo i secoli.
La
pratica dei 9 primi venerdì del mese, deriva invece dalle apparizioni particolari del
Sacro Cuore alla monaca visitandina: Santa Margherita Maria Alacoque,
apparizioni avvenute verso la seconda metà del 1600 a Paray-le-Monial, in
Francia. Legata a queste apparizione è l’istituzione della Festa liturgica del
Sacro Cuore (solitamente in giugno). La festa insieme alla Comunione
Riparatrice, all’Ora Santa, alla Consacrazione, alla venerazione dell’immagine
del Sacro Cuore, da esporre nelle proprie case o nei propri luoghi di lavoro,
costituiscono le pratiche che Gesù stesso ha richiesto alle anime tramite
l’umile Suora come forme di amore e riparazione al suo Sacratissimo Cuore. Molte famiglie in tutto il mondo si sono
consacrate al Sacro Cuore, affiggendone l’immagine in un angolo della casa con
una celebrazione familiare guidata da un sacerdote. Con questa celebrazione si
benedice l’immagine, la casa e le persone che vi abitano.
La devozione al SC è piena di simboli, di
azioni, di cose da fare, che forse, a volte, distolgono dall’essenziale. Vorrei
attirare la vostra attenzione sul significato profondo che può avere il “dedicare
la propria casa al Signore”. E invitarvi anche a considerare il termine “casa”
con un significato più ampio. Casa è sicuramente le quattro mura entro le quali
abitiamo, ma casa è anche il nostro cuore. E casa è anche il cuore di Gesù,
dove lui vuole farci entrare e abitare, e per farlo usa “l’Eucaristia”!
Quanto è importante fare della nostra Casa,
delle nostre “case”, il luogo dove “abita Dio”, il suo “tabernacolo” ! Si può
dire che Dio (Trinità) ha inventato l’Eucaristia, quella piccola ostia di pane
che diventa Lui stesso, per raggiungerci, per venire fino a noi, fino a casa
nostra. Sì, Nostro Signore, si disturba fino a venire a casa nostra, fino a
voler essere invitato a casa nostra, a divenire nostro “ospite”. C’è veramente
da domandarci perché mai in casa nostra facciamo entrare tanti, e proprio a Gesù
nel momento in cui ci propone il suo Amore (nel simbolo Cuore), chiudiamo la
porta!
Egli desidera entrare in relazione con noi,
e con noi cambiare la storia del mondo, in meglio, facendoci diventare a nostra
volta, costruttori di relazioni liberanti, costruttori di unità, costruttori di
una civiltà basata sull’amore, sulla carità, sulla solidarietà, e soprattutto
sulla verità!
Vuole cacciare tutti i “dèmoni” dalle
nostre case, e farvi regnare il bene e la pace.
Trasformare la nostra casa, da un deserto
in un giardino, da un inferno in un paradiso. I luoghi hanno spesso bisogno di
essere “bonificati”, per poterci vivere bene.
La
pratica del 1°venerdì consiste
nel confessarsi e comunciarsi per 9 primi venerdì del mese, consecutivi (nel
senso che non devono essere interrotti, altrimenti occorre ricominciare da
capo), e nel fare un’ora di adorazione riparatrice e la consacrazione al Cuore
di Gesù. Il Signore nella seconda apparizione parla di “un’ora santa nella
notte del giovedì”. Il Papa Leone XIII nell’Anno Santo del 1900 ha consacrato il mondo
al Sacro Cuore. Il Papa Pio XI ha voluto assegnare a questa consacrazione l’indulgenza
plenaria a chi la recita pubblicamente nella solennità di Cristo Re, e tale
privilegio è rimasto fino ad oggi. – Anche qui, ricordo, sempre per far capire
la grandezza e l’importanza di ciò che dico, che “l’indulgenza plenaria”
è quella realtà che andiamo a cercare, a “lucrare”, quando vengono indetti gli
anni santi, e si fanno viaggi, anche lontano e costosi, e si fanno
pellegrinaggi. Per noi che siamo a Roma, dobbiamo recarci nelle Basiliche e
varcare la famosa, e sempre bella, Porta Santa. Ma c’è anche un modo più
frequente di usufruire del perdono dell’indulgenza, quello di utilizzare queste
possibilità che la Chiesa,
nostra Madre, ci mette a disposizione per purificare la nostra anima, il nostro
cuore (la nostra casa appunto!). Tante occasioni di purificarci, di rinnovarci,
di ritornare nuovi, di ritornare a volere e a fare il bene per noi, per gli
altri, per la società. Tante occasioni per rifiutare il male, gli inganni del
demonio, per deciderci di allontanarci dal peccato, per deciderci ad utilizzare
i mezzi che ci vengono lanciati per salvarci. Questa attenzione che la Chiesa ci lancia, ci
raggiunge fin nel nostro quotidiano. Ed è proprio e soprattutto nella devozione
al Sacro Cuore che tutto questo ci è messo quotidianamente, e mensilmente
davanti. La devozione, la spiritualità
del Sacro Cuore, è veramente alla portata di tutti, non è la spiritualità dello "straordinario" ma della "normale vita quotidiana". Non è una
spiritualità difficile, non ci chiede cose strane, ci chiede, invece, l’attenzione, alle cose vere, ci chiede una
riflessione sulle cose che la
Chiesa stessa ci propone, e una riflessione sulla nostra
vita; a noi poi stà il fare i paragoni e le scelte. Rifiutare tale devozione, rimanere
indifferenti, è come chi ha questi atteggiamenti verso una scialuppa di
salvataggio, magari l’ultima che passa, durante una inondazione….
9 Venerdì ed Eucaristia - Un
sacerdote ci fa riflettere che qui non siamo davanti ad un pragmatismo
economico, ma siamo invitati alla crescita interiore per poter arrivare alla
“statura” di Cristo (Ef, 4,13). Il Sacro Cuore ce ne indica una via
privilegiata, che è tale soprattutto perché ce la indica Lui. È Gesù stesso che
ci rivela i segreti del suo Cuore. Le apparizioni del Sacro Cuore, di qualsiasi
tipo esse siano, non aggiungono nulla alla Rivelazione, il cui deposito si è
concluso con la morte dell’ultimo degli apostoli, che fu Giovanni. Tuttavia
anche dopo tale “conclusione” Gesù non ha cessato di attirare la nostra
attenzione sul suo amore e sull’Eucaristia che lo racchiude. Non a
caso la maggior parte della apparizioni del Cuore di Gesù, e soprattutto quelle
di Paray-Le-Monial, avvengono davanti all’Eucaristia esposta.
Il magistero e il Sacro Cuore - La devozione al Sacro Cuore è avvalorata
da una enciclica papale la “Haurietis
acquas” di Pio XII, che considera questa devozione un vero e proprio culto,
sommamente idoneo a raggiungere la perfezione della vita cristiana (nn.60-62). E’ l’ultima enciclica su questo argomento e
la più completa, mostra l’aspetto teologico e specifica l’oggetto del culto e
la finalità.
Per devozione si intende, secondo San Tommaso d’Aquino: la volontà
di dedicarsi prontamente a ciò che riguarda il servizio di Dio. La devozione al
Sacro Cuore di Gesù si accorda benissimo con questa definizione ed anche con il documento conciliare sulla liturgia: Sacrosantum Concilium che al n. 13
invita ad armonizzare liturgia e devozione, culto pubblico e culto privato, in
modo che tutte le devozioni confluiscano nella liturgia e anche derivino da essa
e ad essa introducano il popolo di Dio. E proprio in questo senso la devozione al S.C. non la si può
considerare solo un pio esercizio, una prassi, i suoi elementi sono tali,
invece, da poterla considerare una spiritualità originale, spiritualità fondante le altre esistenti nella Chiesa. L’enciclica
di Pio XI: Miserentissimus Redemptor
(sempre sul Sacro Cuore), definisce questa devozione
come contenente in sintesi tutto il cristianesimo.
La devozione al
S.C. è essenzialmente eucaristica,
le stesse “apparizioni” avvengono infatti sempre davanti al Santissimo
Sacramento esposto nella cappella delle suore visitandine. E l’Eucaristia, in
effetti, è il gran dono del Cuore di Gesù, già dall’Ultima Cena.
Gesù in queste apparizioni vuole essere riconosciuto
come amante, non amato e nonostante tutto ancora amante l’umanità. L’essenza della devozione al Sacro Cuore è
l’amore misericordioso. Santa Margherita è la vittima consumata dalla
carità verso Dio e verso i fratelli. Il messaggio di Paray-le-Monial vuole
richiamare alla memoria la verità centrale del cristianesimo, e cioe che: Dio è
amore. Porre la nostra attenzione sulla constatazione che la religione
cristiana è la religione dell’amore.
Nella Haurietis
Acquas trovano risposta tutte le domande e perplessità su questa devozione.
Il Papa ci conferma che essa non trova origine solo nelle rivelazioni private
di Paray-le-Monial, ma ha il suo fondamento nelle fonti della rivelazione
pubblica e nel dogma del Verbo Incarnato (n. 51).
Questa devozione mette anche equilibrio tra azione verso
gli altri e l’unione con Dio, tra contemplazione e azione. Infatti se l’azione
cristiana è doverosa, perché la fede si dimostra con le opere, non può,
tuttavia, limitarsi ad essere solo un’azione filantropica o tendente solo alla
promozione umana, non può ridursi alla sola dimensione orizzontale, ma deve
fondarsi e concludersi in Dio, deve
avere Dio come origine e meta. Questa devozione più che attirare
l’attenzione su di se vuole attirarla sulla dottrina cristiana, invitare a
conoscerla nella sostanza profonda e a viverla con coerenza. La devozione al S.C. non si riduce a qualche preghiera o
esercizio di pietà, ma deve tendere
all’imitazione delle virtù del Cuore di Gesù, alla conformità delle nostre
azioni con le sue, in modo particolare con la sua dolcezza, umiltà e carità…
proprio come vuole il Padre Eterno che ci ha predestinati a essere conformi
all’immagine del Figlio suo.
L’oggetto del culto è stato esaurientemente trattato nella H.A.,dove è stato messo chiaramente in
evidenza che esso è il
triplice amore di Gesù Redentore: amore sensibile, spirituale e divino,
simboleggiati dal suo Cuore fisico, cuore di carne. Il card. Ciappi o.p. (1909
– 1996) così ci spiega: “Sia il cuore fisico del Salvatore che il triplice amore
da quello significato, fanno parte essenziale della devozione al S.C.: il Cuore
come simbolo; l’amore sensibile, quello spirituale e l’amore increato: come
motivo (ratio) del culto tributato al Cuore stesso. Anzi, il vero motivo del culto relativo di latria reso al Cuore di carne del Redentore, come simbolo, è
soltanto l’amore divino increato. Ma se il Cuore di Cristo e il suo Triplice
amore fanno parte dell’oggetto essenziale del culto, la Persona del Verbo Incarnato
ne è il termine ultimo, più proprio, poiché ad essa appartengono l’uno e
l’altro. È dunque Gesù Cristo stesso che
viene venerato e adorato nel suo amabilissimo cuore”
Inoltre “anche l’amore della SS. Trinità entra a far
parte dell’oggetto integrale e completo del culto prestato al S.Cuore, quale
motivo supremo o prima sorgente di tutte le opere che il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo hanno compiuto in favore dell’umanità: creazione, incarnazione,
redenzione, santificazione, glorificazione. E poiché l’amore increato è unico e
comune alle tre Divine Persone, posseduto però da ciascuna di loro in modo
conforme alle eterne processioni di cui sono principio e termine, sembra
doversi concludere che tale amore è oggetto proprio e diretto del culto, anche
se, Padre e Spirito Santo non si rivelano
amanti se non attraverso il Verbo fatto carne.” - “Il Cuore del Redentore
rappresenta tutta la sua vita interiore, in certo senso, è l’immagine naturale,
lo specchio della sua Persona, della sua duplice natura, divina e umana e di
tutte quelle perfezioni che hanno intimo nesso con la carità”. Tale devozione,
allora, non è solo cristocentrica ma tende a diventare teocentrica. Il Cuore di Gesù è la via privilegiata di
accesso al cuore della Trinità.
Il Papa Paolo VI, ci teneva a ricordare che la sua elezione
a pontefice era avvenuta il 21 giugno 1963, quell’anno festa liturgica del
Sacro Cuore e aggiungeva che: “ l’amore di Dio, di Cristo per noi, è la chiave
per capire il cristianesimo. Il culto del S. Cuore offre a chi vuol capire il
cristianesimo il suo punto focale, per farne la luce della propria vita
spirituale”
Il Sacro Cuore di Gesù è modello non solo della vita
intima del cristiano ma anche della sua vita sociale. Gesù è colui che con la
sua parola e il suo comportamento ha cambiato la dinamica e la logica della
società. Gesù con la sua mitezza è colui che ha cura del debole. Gesù ha amato
fino a dare la vita per i nemici , opponendo così alla religione-civiltà della
durezza di cuore, la religione-civiltà della mitezza di cuore: ecco la sua civiltà
dell’amore.
Alla durezza di cuore dell’uomo moderno e alla civiltà
che egli ha fabbricato, la devozione al Sacro Cuore, offre una grande
spiritualità per una grande civiltà: la
spiritualità del Cuore per la civiltà dell’amore, della vita, della giustizia,
della pace, di una cultura veramente in favore della persona umana. !
Questa devozione è dunque anche un invito a sentirsi
solidali con gli altri, ad avere sollecitudine per la comunità umana e il suo
bene, invita a “farsi carico” delle
miserie del mondo. Il mondo è affidato all’umanità e tutti lo debbono
gestire insieme, senza esclusioni, condividendone le responsabilità, ciascuno
nel suo ambito, condividendo la sollecitudine per la crescita non solo numerica
ma qualitativa dell’umanità. Saper creare le condizioni in cui tutto l’uomo e
tutti gli uomini possano portare a compimento le loro potenzialità. Per far
questo l’uomo deve innanzi tutto educare se stesso, tendere a diventare pienamente
umano (S.r.s. n. 30), che ciascuno prenda in mano il “coltivare se stesso”, che
non rimangano bloccate le potenzialità e i talenti di ognuno e allo stesso
tempo concorrere al bene di tutto l’essere umano in ogni essere umano.
Le strutture di peccato del nostro tempo si vincono
solo con l’impegno per il bene comune del prossimo, con la disponibilità, in
senso evangelico, a “perdersi” in favore dell’altro invece che sfruttarlo, e a
“servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto. Il Regno del Sacro
Cuore, il Regno dell’Amore si attueranno tra gli uomini man mano che essi
impareranno ad amarsi, perdonarsi, servirsi a vicenda.
L’impegno cristiano nel mondo, però, lo ricordiamo ancora, scaturisce dalla intimità con Dio. Sarà
dall’ardore di questo rapporto con Dio a far scaturire la fecondità dell’azione sociale. Peccato che
molti oggi disertino “l’altare del cuore”. L’animazione del social-terreno,
viene dall’Alto. Il culto a S.C. ci esorta a non lavorare nel nome di Dio senza
Dio.
Infatti l’azione temporale del cristiano non può
basarsi soltanto sul titanismo dello sforzo umano. Anche dopo il Concilio
Vaticano II si diffuse la presunzione di credere che fosse l’azione dell’uomo a
salvare il mondo. Questo concetto
evidenzia ciò che nella cultura
contemporanea si è verificato a livello profondo, lo spostamento tra verità ed efficacia, la suprema norma del secolo XX,
sembrò essere l’efficacia. Siccome sull’uomo moderno incombe il dovere
dell’azione, la spiritualità del S.C. sembrava troppo passiva per rinnovare la
spiritualità moderna, e la si è messa da parte. Questo rilievo è riportato
anche nella H.A. Il Filosofo J.
Maritain ci aiuta con le sue riflessioni
e fare il punto su questo aspetto.
“La missione temporale non costituisce tutta
l’attività del cristiano impegnato nel secolo. Il social - terreno (termine di
Maritain) non è l’unico dovere né l’unica realtà alla quale il cristiano deve
rispondere. Anzi questo dovere temporale è veramente compiuto dal cristiano
soltanto se la vita della grazia e della preghiera sopraelevano in lui le
energie naturali nel loro proprio ordine…. Si fa dei fini terreni il vero fine
supremo dell’umanità…il laico ha due vocazioni distinte, ma non separate, l’una
spirituale, l’altra temporale…il
titanismo dello sforzo umano è il grande idolo del nostro tempo. E se è
così, è chiaro che un’invisibile costellazione di persone votate alla vita contemplativa,
dico nel mondo stesso, proprio in seno al mondo, è, in definitiva, la nostra
ultima ragione di speranza… la vita di queste persone è molto utile, non
richiede altro che carità e umiltà e un raccoglimento in Dio senza grazie
apparenti. Questa via è quella della “povera gente”, è la “piccola via” che
santa Teresa di Lisieux ha avuto missione di insegnarci… è una via che esige
grande coraggio. L’abbandono a Colui che si ama s’incarica di tutto; esso farà
passare per tutte le tappe attraverso cui Gesù vorrà che si passi e condurrà la
dove Gesù vorrà, nella luce o nelle tenebre. Soltanto nel suo cuore, quegli
esseri vogliono trovare rifugio e insieme vogliono anche che il prossimo trovi
rifugio nel suo cuore. Il grande bisogno
dei nostri tempi, per quanto concerne la vita spirituale, è di mettere la
contemplazione per le strade”
La devozione al S.C. vuole mettere in evidenza proprio
questo invito alla santità, che ci viene anche dal Concilio Vaticano II. È invito a imprimere ad ogni gesto quotidiano il sigillo del cuore, a vivere
con Gesù presente nel nostro cuore, ad avere
il Paradiso dentro, anche quando camminiamo per le strade. La nostra anima
sarà occupata da questa Presenza di Gesù in noi e dal suo amore per i nostri
fratelli che sono anche i suoi fratelli. “Questo silenzio interiore in noi è
senza dubbio ciò che egli riceve di meglio dalla nostra tanto sprovveduta
carità fraterna” (dice ancora Maritain). È
di questa vita di unione a Dio che il mondo ha bisogno per non perire. È
questa unione con Dio, che illumina l’intelligenza liberandola dalle trappole
dell’errore. La devozione al S.C. aiuta a liberare
l’intelligenza fecondandola con la
luce della grazia.
Tutto questo, dunque, ci ricorda che l’impegno nel
mondo, per il cristiano, deve andare di pari passo con il mistero nascosto
della preghiera, e della preghiera più profonda, quale è l’adorazione al Sacro
Cuore Eucaristico, compendio del cristianesimo, religione dell’amore. Dio è il
fine dell’uomo, non la sua fine. Senza Dio l’uomo si disumanizza e solo
ricollocando Dio al posto che gli compete nella scala umana dei valori, l’uomo
potrà scoprire la verità essenziale di ogni cosa, solo così potrà instaurare un
vero umanesimo. La nuova rivoluzione che
i tempi moderni attendono è la liberazione della intelligenza, la devozione
del S.C. ci ricorda che uno dei compiti
attuali dell’apostolato sociale è proprio il rinnovamento della cultura. Questa devozione non è invito a
isolarsi nell’intimismo della preghiera ne a buttarsi a capofitto nell’azione,
ma è richiamo a un sano equilibrio tra le due forme. Un fondare l’azione sulla
preghiera e sull’unione con Dio. Non si tratta di un richiamo alle teorie ne
tanto meno alle utopie, ma a realizzazioni esistenziali e storiche, ma nel
cuore dei mezzi offerti dalla grazia, tramite la Chiesa, e nel cuore della
grazia stessa che è l’Amore, o meglio il rendere testimonianza all’Amore
davanti a Dio attraverso la preghiera e davanti agli uomini attraverso la vita…
nascondersi in mezzo a coloro che amiamo, senza altro scopo che di amarli e
comprenderli con amore, dividendo la loro vita, la loro povertà, le loro
sofferenze e senza la minima intenzione di convertirli … questo sarà a sua
volta opera della grazia, nostro compito è la testimonianza con la preghiera e
la vita.
giugno 2012
(La redattrice del sito)